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venerdì 31 marzo 2023
 
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Se la flat tax penalizza le coppie sposate

07/06/2018  L'entrata in vigore della "tassa piatta", così come è stata presentata, avvantaggerà solo il 10 per cento dei nuclei famigliari più ricchi. Circa l'80 per cento degli italiani non avrà un reale beneficio. Inoltre c'è il rischio che venga avvantaggiato chi convive.

È sicuramente troppo presto per poter esprimere una valutazione definitiva sulla cosiddetta flat tax (che letteralmente significherebbe “tassa piatta”, cioè ad aliquota unica, anche se qui le aliquote sarebbero due: misteri dell’uso disinvolto dell’inglese!) contenuta nel programma del governo appena insediatosi.

Sono però già emerse alcune criticità, messe in luce da vari organi di stampa, e che si riferiscono soprattutto all’ammontare complessivo delle minori entrate (intorno ai 50 miliardi di euro) che comporterebbe la sua entrata in vigore, nonché al forte squilibrio a favore dei ceti più ricchi del risparmio fiscale ottenuto. Massimo Baldini e Leonzio Rizzo sul sito lavoce.info hanno dimostrato che – in base ai dettagli emersi finora – con un reddito familiare complessivo attorno ai 50.000 euro (situazione in cui si trova circa l’80% delle famiglie italiane) il risparmio sulle imposte sarebbe di circa 470 euro, mentre se il reddito complessivo fosse di 80.000 euro il risparmio salirebbe a 8.700 euro. Uno squilibrio evidentissimo, che fa sì che – sempre secondo lavoce.info – la metà del complessivo vantaggio fiscale ottenuto con questa riforma vada in mano solo al 10% delle famiglie più ricche.

Qui vorremmo sottolineare un ulteriore profilo problematico dell’operazione proposta: il passaggio da un soggetto d’imposta individuale (il reddito del singolo lavoratore) ad un soggetto collettivo (i redditi dell’intera famiglia). Anche a prescindere dal fatto che la  Corte Costituzionale con la famosa sentenza 179/1976 ha  dichiarato illegittimo il cumulo familiare dei redditi, resta il problema di come evitare che – a parità di reddito – le coppie regolarmente sposate siano penalizzate rispetto a quelle conviventi. Un problema già emerso nel 2015 in sede di riforma dell’ISEE, perché era noto che le coppie semplicemente conviventi (o quelle in cui i coniugi, pur sposati, non costituivano un nucleo anagrafico) riuscissero ad ottenere agevolazioni e tariffe più favorevoli proprio perché nel calcolo ISEE entrava un solo reddito dei due in realtà a disposizione della famiglia così costituita. Proprio per questo la legge di riforma dell’ISEE, all’articolo 7, ha previsto che  per le prestazioni agevolate per i minorenni il reddito del genitore non coniugato e/o non convivente contribuisca al calcolo dell’ISEE.

Mettendoci una toppa, diciamo così, ma che per una riforma ben più importante e carica di conseguenze come quella dell’imposta sul reddito sarebbe insufficiente a garantire che le coppie regolarmente sposate non risultino penalizzate. Con il rischio che la cosiddetta flat tax si traduca in un disincentivo al lavoro femminile e dei giovani, e in definitiva al matrimonio.

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