È sicuramente troppo presto per poter esprimere una valutazione definitiva sulla cosiddetta flat tax (che letteralmente significherebbe “tassa piatta”, cioè ad aliquota unica, anche se qui le aliquote sarebbero due: misteri dell’uso disinvolto dell’inglese!) contenuta nel programma del governo appena insediatosi.
Sono però già emerse alcune criticità, messe in luce da vari organi di stampa, e che si riferiscono soprattutto all’ammontare complessivo delle minori entrate (intorno ai 50 miliardi di euro) che comporterebbe la sua entrata in vigore, nonché al forte squilibrio a favore dei ceti più ricchi del risparmio fiscale ottenuto. Massimo Baldini e Leonzio Rizzo sul sito lavoce.info hanno dimostrato che – in base ai dettagli emersi finora – con un reddito familiare complessivo attorno ai 50.000 euro (situazione in cui si trova circa l’80% delle famiglie italiane) il risparmio sulle imposte sarebbe di circa 470 euro, mentre se il reddito complessivo fosse di 80.000 euro il risparmio salirebbe a 8.700 euro. Uno squilibrio evidentissimo, che fa sì che – sempre secondo lavoce.info – la metà del complessivo vantaggio fiscale ottenuto con questa riforma vada in mano solo al 10% delle famiglie più ricche.
Qui vorremmo sottolineare un ulteriore profilo problematico dell’operazione proposta: il passaggio da un soggetto d’imposta individuale (il reddito del singolo lavoratore) ad un soggetto collettivo (i redditi dell’intera famiglia). Anche a prescindere dal fatto che la Corte Costituzionale con la famosa sentenza 179/1976 ha dichiarato illegittimo il cumulo familiare dei redditi, resta il problema di come evitare che – a parità di reddito – le coppie regolarmente sposate siano penalizzate rispetto a quelle conviventi. Un problema già emerso nel 2015 in sede di riforma dell’ISEE, perché era noto che le coppie semplicemente conviventi (o quelle in cui i coniugi, pur sposati, non costituivano un nucleo anagrafico) riuscissero ad ottenere agevolazioni e tariffe più favorevoli proprio perché nel calcolo ISEE entrava un solo reddito dei due in realtà a disposizione della famiglia così costituita. Proprio per questo la legge di riforma dell’ISEE, all’articolo 7, ha previsto che per le prestazioni agevolate per i minorenni il reddito del genitore non coniugato e/o non convivente contribuisca al calcolo dell’ISEE.
Mettendoci una toppa, diciamo così, ma che per una riforma ben più importante e carica di conseguenze come quella dell’imposta sul reddito sarebbe insufficiente a garantire che le coppie regolarmente sposate non risultino penalizzate. Con il rischio che la cosiddetta flat tax si traduca in un disincentivo al lavoro femminile e dei giovani, e in definitiva al matrimonio.