Il 3 giugno è il “Giorno di
liberazione fiscale”, quello in cui smettiamo di lavorare per lo
Stato e iniziamo a lavorare per noi. Sinora abbiamo lavorato per
pagare le tasse e da ora in poi i soldi che guadagniamo ce li teniamo. Questo, più o meno, il tono di alcuni commenti usciti sulla
stampa dopo la pubblicazione dei calcoli della Cgia di Mestre,
l’associazione di artigiani e piccole imprese di Mestre il cui ufficio studi ogni anno pubblica la tabella che riportiamo qui sotto.
Si tratta di un calcolo molto semplice.
Si misura il Pil (Prodotto interno lordo), cioè il valore totale della produzione italiana, e
lo si confronta col totale delle tasse. Si ottiene cosi il valore
della pressione fiscale, cioè la percentuale di imposte e tasse
rispetto al Pil. Se il Pil si produce in un anno di lavoro, si
calcolano quanti giorni sono necessari per ottenerne la quota che
viene pagata in tasse. Se la pressione fiscale fosse del 50%, si
potrebbe immaginare che fino al 30 giugno si debba lavorare per pagare le
tasse e che dal il 1 luglio in poi il prodotto ottenuto dal nostro lavoro possa rimanere
delle nostre mani.
Molti si scandalizzano che l’Italia
abbia una pressione fiscale cosi alta (il 42,9% del Pil) quando la
Gran Bretagna o la Polonia, hanno solo il 34,8% e il 33,4%. È bene
però ricordare che la pressione fiscale non può in alcun modo
essere confrontata senza dire che quelle entrate finanziano
servizi diversi. In Italia, Francia e Germania con le tasse lo Stato
paga, oltre a Magistratura, anagrafe e Forze dell’ordine, anche
l’accesso universale alla scuola, alle cure mediche e
all’assistenza sociale. In Paesi come la Gran Bretagna o l’Irlanda
l’accesso ai servizi non è affatto universale: si pagano i
privati che li erogano. Basta viaggare per vedere con i propri occhi in altre Nazioni, anche ricche, bambini
rifiutati in ospedale perché le famiglie non avevano il denaro per
pagare il ricovero. Bambini che in diversi casi non sono mai
diventati adulti. Senza lo Stato, inoltre, chi nasce povero non può
studiare come i ricchi e difficilmente, con una formazione meno
qualificata, potrà accedere a lavori prestigiosi e ben pagati.
In Italia molte cose vanno davvero
migliorate, ma ricordiamoci che rispetto al resto del mondo la nostra
alta pressione fiscale finanzia scuole e ospedali per tutti, salva
vite umane e riduce le distanze sociali. Nei giorni in cui
festeggiamo i 70 anni di Repubblica, invece di parlare con scarso senso di responsabilità di “liberazione fiscale”, dovremmo parlare di
mezzi efficaci per la “liberazione dalla povertà e dalla
disuguaglianza” isolando culturalmente ed eticamente elusori ed
evasori. I veri squallidi nemici della dignità del lavoro e dei
cittadini.