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martedì 15 ottobre 2024
 
 

Tav, tutti i dubbi della Francia

14/07/2012  Adesso sembra che sia Parigi a dire che l'opera costa troppo e non è più indispensabile. Il punto sugli accordi, i lavori, gli appalti, le proteste e i processi.

Sorpresa. A fermare l'alta velocità Torino-Lione potrebbe non essere la Valle di Susa, con le proteste dei No Tav, ma la Francia. Il fulmine a ciel sereno arriva giovedì 12 luglio. Un articolo pubblicato dal quotidiano Le Figaro fa rumore tanto in Francia quanto in Italia. In questo periodo di crisi, è scritto, Parigi non ha più le risorse per realizzare tutte le infrastrutture che aveva previsto; così, il Governo si trova costretto a rinunciare a qualche linea ad alta velocità. Tra i collegamenti a rischio potrebbe esserci proprio quello tra Lione e Torino a causa dei costi elevati e della riduzione della quantità di merci trasportate lungo quella direttrice, scesa - nel 2011 - a quattro milioni di tonnellate contro gli undici milioni di circa 20 anni fa. 


«In Francia, ha detto il ministro del Bilancio francese Je'ro'me Cahuzac, lo Stato ha previsto molti progetti senza avere stabilito i finanziamenti. Entro il 2020 era programmata la costruzione di 14 linee ad alta velocità”. Logica conclusione: il Governo ora dovrà scegliere quali linee abbandonare. Torino-Lione a rischio? In realtà, nonostante i titoloni a caratteri cubitali, c'è poco di sorprendente. Non è la prima volta che Oltralpe vengono espresse perplessità sul futuro dell'alta velocità tra Francia e Italia a causa dei costi (alti) e dei benefici (incerti) di questi binari destinati a collegare Torino e Lione bucando le Alpi con un tunnel lungo 57 chilometri  tra Susa e St.Jean de Maurienne.

Correva l’anno 2003. Capo del Governo francese era appena diventato Jean Pierre Raffarin. Scartabellando tra gli impegni presi dal precedente esecutivo su autostrade, strade e ferrovie, il leader dell'esecutivo si accorse che molte opere previste non risultavano finanziate. Tra queste la Torino-Lione. Ecco quindi la richiesta di un “audit”, cioè di uno studio sulla redditività dell’opera. I cui contenuti critici preoccuparono non poco i supporter della nuova ferrovia, sui due lati delle alpi. Fu poi il Parlamento francese a dare via libera, nonostante le non poche perplessità. 


Oggi, luglio 2012, sono passati 9 anni, la costruzione dell’alta velocità tra Italia e Francia non è ancora iniziata (discenderie e gallerie geognostici a parte). Oltralpe la storia si ripete. Nuovo presidente della Repubblica, nuovo Parlamento, nuovo Governo. I dubbi e le perplessità sono gli stessi, con l’aggravante di una crisi economica che non accenna a diminuire. Anzi. Come andrà a finire? Difficile dirlo. Il giorno dopo l'uscita de Le Figaro, al di qua e al di là delle alpi, sono entrati in campo i pompieri. Con l'obiettivo di tranquillizzare gli inquieti e di sedare le polemiche. 

Così Mario Virano, Commissario governativo per la Torino-Lione che parla di «tempesta in un bicchiere d’acqua. La tratta internazionale è fuori discussione, me lo ha confermato l’ambasciatore francese Le Roy. Quella francese è una normale ricognizione dei capitoli di spesa». Così il ministro dell’Ambiente Corrado Clini: «Non mi risultano ripensamenti da parte francese». Così il ministro Corrado Passera: «Ho parlato col ministro francese, il progetto è definito, avviato, sancito da accordi internazionali; quindi è confermato e va avanti come da programma». Ed è un portavoce del ministero francese dei Tasporti a dire che «gli impegni saranno mantenuti ma servirà un nuovo trattato che tenga conto dei finanziamenti disponibili a livello europeo». Mentre il commissario europeo dei Trasporti Siim Kallas ribadisce che «la Torino-Lione è un progetto innanzitutto franco-italiano e che i fondi, quindi, devono arrivare soprattutto da Francia e Italia. Il ruolo della Commissione europea può essere veramente modesto».

Opera costosa 


Già, i costi. Negli ultimi anni l'esosità dell'opera è la vera pietra di scandalo sollevata dai No Tav, ancor più dei rischi ambientali e dei possibili pericoli per la salute dei residenti in valle. Quanto costa la Torino-Lione? Presto detto: 24,7 miliardi di euro, 9,8 per la tratta nazionale francese, 10,5 per la tratta comune (il tunnel internazionale di 57 chilometri da Susa a St.Jean de Maurienne e le due stazioni internazionali ai rispettivi imbocchi della galleria) e 4,4 per la tratta nazionale italiana. Cifre impossibili da “rastrellare” in un’unica soluzione.

Così i Governi di Italia e Francia hanno scelto di ridimensionare la parte comune, costruendola per “fasi” e tagliando un tunnel di 18 chilometri nella bassa Valle di Susa, sostituito dalla linea attuale che sarà ammodernata. Ed ecco la cosiddetta Torino-Lione low cost, a prezzi di saldo o quasi, che limita l'investimento a “soli” 8 miliardi e 200 milioni (2,849 a carico dell’Italia, 2,071 sulle spalle della Francia e 3,280 a carico dell’Europa). Cifre queste ultime, che non prendono in considerazioni le tratte nazionali (italiana e francese), cioè quei tracciati che dal tunnel internazionale vanno a Lione (sul versante transalpino) e a Torino (sul versante italiano). L'ipotesi di un “ripensamento” francese sulla Torino-Lione potrebbe quindi tradursi, come ha specificato lo stesso Mario Virano, «in una selezione degli interventi in Francia ritenuti indispensabili, distinti da quelli che sono invece differibili anche nel lungo periodo».

I tempi 

Colpisce che le perplessità sulla Torino-Lione arrivino proprio dalla Francia quando, proprio sul suo territorio, i lavori sono di fatto già cominciati con la realizzazione di tre discenderie (gallerie geognostiche che, una volta ultimate serviranno come fronti d’attacco per lo scavo del tunnel internazionale). Sul versante italiano, viceversa, stanno per essere ultimati i lavori preliminari nel cantiere della Maddalena, a Chiomonte (dove sarà scavato un tunnel geognostico di 7,5 chilometri) teatro degli scontri dell’estate 2011 e ancora oggi fronte caldo della protesta No Tav. Lo scavo vero e propro della galleria inizierà nella primavera 2013, probabilmente tra maggio e giugno. Sempre nel 2013 é previsto il via ai lavori principali della Torino-Lione con un cantiere che durerà dieci anni. I primi treni sulla nuova linea, quindi, si vedranno dopo il 2023.

Le proteste


Non accenna a diminuire il dissenso in Valle di Susa, soprattutto nella parte bassa, da Susa ad Avigliana. Certo, le manifestazioni del 2005 e dell'estate del 2011, capaci di aggregare decine di migliaia di persone (si è arrivati a 50-60 mila manifestanti) sono ormai soltanto un ricordo. Complice anche la deriva violenta di alcuni settori del movimento No Tav e l'ingombrante presenza di frange dell'universo anarchico e antagonista; un fenomeno che ha avuto il suo culmine proprio nell'estate scorsa, con gli scontri nei pressi del cantiere della Maddalena. E che ha avuto uno dei momenti di maggior tensione a febbraio 2012, quando un militante No Tav, Luca Abbà, è salito su un traliccio rimanendo gravemente ferito dopo essere stato folgorato ed essere precipitato a terra. 

Dopo giorni di manifestazioni, blocchi stradali e ferroviari e l'intervento della polizia per sgomberare l'autostrada del Frejus dai dimostranti, la situazione è tornata alla normalità e non vi sono più stati episodi particolarmente gravi. Il giovane, proprio in questi giorni, è stato dimesso dall'ospedale. Ma l'estate “calda” si sta ripetendo anche quest'anno, sia pure in forme più contenute, con la presenza, nei pressi del cantiere di Chiomonte, di un campeggio No Tav, con giovani dell'area antagonista attendati a poche centinaia di metri dalle forze dell'ordine che sorvegliano il cantiere. Numerose, durante questa strana vacanza in montagna, le “passeggiate” davanti alle recinzioni del cantiere, le scaramucce con la Polizia, il lancio di oggetti, pietre, biglie e petardi.

Dagli scontri alle aule di Tribunale

I fatti avvenuti la scorsa estate nei pressi del cantiere Tav della Maddalena, a Chiomonte, stanno avendo le prime conseguenze giudiziarie. Da una settimana, infatti, è in corso l’udienza preliminare che dovrà stabilire se rinviare a giudizio 45 persone (una ha scelto il rito abbreviato) accusate di violenze varie nei confronti delle forze dell'ordine durante le manifestazioni di giugno e luglio 2011. Il processo segue l'inchiesta coordinata dal procuratore capo della Repubblica, Gian Carlo Caselli, che ebbe il momento di maggior clamore a gennaio, con l'arresto di 26 No Tav, tra cui tre valsusini. A giorni il Tribunale si pronuncerà sul rinvio a giudizio degli accusati. Intanto  l'11 luglio c’è stata la prima sentenza legata alle manifestazioni No Tav, sempre per gli episodi di Chiomonte avvenuti però il 9 settembre 2011. Questo il verdetto: assoluzione per “Nina” Garberi e condanna a otto mesi per Marianna Valenti con il beneficio delle attenuanti generiche e l’applicazione della condizionale.

La questione lavoro. Le ditte che concorrono. Le minacce. 

Tra i motivi che hanno visto scemare le proteste popolari contro la Tav in Valle di Susa, un ruolo importante l'ha giocato, e lo gioca ancora, la questione lavoro. Anche in valle di Susa, vittima negli anni passati di un pesante processo di deindustrializzazione, si sente la crisi e c'è fame di lavoro. Una questione che fa a pugni con la protesta No Tav e che mette in contraddizione e contrapposizione le ragioni di chi vuole difendere l'ambiente con quelle di chi è in cerca di opportunità occupazionali. Così ha fatto molto discutere un manifesto, affisso a maggio sui muri dei paesi della valle, in cui viene promosso il lavoro dei campi e bocciato quello sui cantieri sotto un titolo a caratteri cubitali: “C’è lavoro e lavoro”. Segue l’elenco di alcune ditte (locali e non) che hanno accettato di lavorare per i cantieri della Torino-Lione, stigmatizzate con la frase: “Ecco le ditte che vogliono distruggere la nostra valle”. 

Il manifesto è comparso dopo che, nelle settimane precedenti, in valle di Susa sono proliferati i Consorzi che aspirano ad ottenere commesse per la nuova linea ad alta velocità. Uno di questi, il Consorzio Valsusa Piemonte presieduto da Luigi Massa, ex deputato di quello che un tempo era l’Ulivo ed ex City Manager nella Napoli amministrata da Rosa Russo Jervolino, una parte se l’è già aggiudicata, con sette ditte valsusine che hanno acquisito da Ltf (la società italo francese che progetta la linea) lavori per 6 milioni di euro. Mentre il consorzio Cmc-Cogeis, che ha l’appalto per lo scavo del contestato cunicolo esplorativo di Chiomonte, ha assegnato i primi 425 mila euro di lavori in subappalto (progettazione, lavori edili vari, sondaggi) ad imprese valsusine. A queste realtà si è poi aggiunto un nuovo Consorzio di venti piccole imprese valsusine che si è posto l’obiettivo di partecipare a tutte le gare d’appalto che si apriranno in tutto il Nord Ovest, a partire da quelle sulla Tav. 

Lavoro che fa gola a molti quindi. Ma non ai No Tav duri e puri che, anzi, con quel manifesto hanno duramente attaccato le imprese impegnate nelle fasi preliminari della Torino-Lione. Anche se non tutti gli oppositori della Tav condividono. «Quel manifesto è un atto immorale e incivile», ha detto il sindaco di Sant’Ambrogio, Dario Fracchia, espressione di una lista No Tav. Ma il leader No Tav Alberto Perino contrattacca e respinge le accuse di aver compilato scritte di proscrizione: «Facciamo solo informazione». Alcuni sindaci hanno provveduto subito a rimuovere i manifesti, che il sindaco di S.Antonino Antonio Ferrentino definisce «barbari e intolleranti. I miei colleghi farebbero bene a togliere e a coprirli con la scritta ‘manifesto coperto dall’amministrazione comunale’. Il problema è che in valle di Susa ormai c’è un clima di intolleranza».

Il tunnel buono e quello cattivo. Uno strano silenzio che assolve i Tir condannando i treni.


Tra le cose che colpiscono, nella vicenda Tav in Valle di Susa, c'è la contraddizione tra un tunnel considerato “cattivo” e un altro considerato “buono”. Quello "cattivo", oggetto di tante proteste è la galleria internazionale ferroviaria della Torino-Lione tra St.Jean de Maurienne e Susa: lungo 57 chilometri di cui 47 in Francia 12 in Italia. Tanto clamore. Proteste. Polizia a difendere i cantieri. Il tunnel considerato “buono” è, invece, la galleria di sicurezza del traforo autostradale del Frejus. Poco più di 12  chilometri, circa la metà in Italia. Qui non c'è alcuna protesta. E a difendere i cantieri solo un paio di poliziotti o carabinieri che – come ha annotato qualche osservatore – «si annoiano perché non capita nulla e per passare le ore giocano a carte». 

Eppure, vien da dire, la montagna è la stessa, così come i rischi uranio-amianto-radon. Ma nessuno dice nulla, a parte alcune timide proteste di qualche associazione ambientalista. Di più. «Nel silenzio più assordante le Società italiana e francese che gestiscono il traforo stanno pensando – spiega il consigliere provinciale Antonio Ferrentino - di non limitarsi a scavare un tunnel di sicurezza ma di aprirlo al transito. Aumentando così (e non di poco) gli incassi». E il resto del mondo? Gli ambientalisti? I difensori del territorio? Stanno zitti, non dicono nulla. «Per questo – dice Ferrentino – urge un’iniziativa politica per impedire che ciò avvenga e che, sulla valle di Susa, vengano di nuovo scaricati Tir a migliaia». Che, fino a prova contraria, inquinano. Più dei treni. 

La polemica viene ripresa dal Presidente della Provincia Antonio Saitta: «E’ significativo l’assordante silenzio degli attivisti e degli amministratori locali No Tav sul progetto di realizzare il raddoppio del traforo del Frejus non più per ragioni di sicurezza, ma come vera e propria corsia autostradale. E’ un silenzio cinicamente funzionale a confermare la bontà delle loro tesi contro la linea ferroviaria ad alta velocità». «Mi impegno a convocare a breve i soci pubblici di Sitaf - aggiunge Saitta – perché abbiamo la maggioranza del 51% e dobbiamo esprimerci chiaramente. E’ chiaro che la Sitaf, che gestisce l'autostrada e il traforo del Frejus, ha a cuore il trasporto su gomma, ma in Valle di Susa è stata fatta la scelta del trasporto su ferro e non possiamo oggi fingere di dimenticarlo». «Mi aspetto che il Governo e la Regione Piemonte non si prestino a questo gioco e mi chiedo anche – conclude Saitta - se il Governo che sostiene la realizzazione della linea ad alta velocità ferroviaria è lo stesso che ha chiesto ai progetttisti di studiare la variante per l’esame della conferenza intergovernativa. Quasi che a Roma la mano destra non sappia quello che fa la sinistra».

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