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martedì 22 aprile 2025
 
Primi Vespri
 

Perché ringraziare in un anno segnato dalla pandemia

31/12/2020  Il cardinale Re legge le parole di papa Francesco. Anche quest'anno c'è da ringraziare, soprattutto per tutte le persone che sacrificano se stesse per gli altri in questi tempi difficili. Anche se non lo sanno, sono spinte dall'amore di Dio che è più forte dei nostri egoismi.

È stato il decano del collegio cardinalizio a leggere l’omelia preparata da papa Francesco per la celebrazione dei primi Vespri. Impossibilitato a celebrare e a guidare la preghiera del Te Deum per una dolorosa sciatalgia, Bergoglio ha affidato al cardinale Giovanni Battista Re le sue parole.

Potrebbe sembrare forzato «quasi stridente ringraziare Dio al termine di un anno come questo segnato dalla pandemia», aveva scritto papa Francesco. «Pensiamo alle famiglie che hanno perso uno o più membri, a coloro che sono stati malati, a quanti hanno patito la solitudine, a chi ha perso il lavoro… A volte qualcuno domanda: qual è il senso di un dramma come questo? Non dobbiamo avere fretta di dare risposta a tale interrogativo. Ai nostri “perché” più angosciosi nemmeno Dio risponde facendo ricorso a “ragioni superiori”. La risposta di Dio percorre la strada dell’incarnazione, come canterà tra poco l’Antifona al Magnificat: “Per il grande amore con il quale ci ha amati, Dio mandò il suo Figlio in una carne di peccato”».

Il Papa sottolinea che «un Dio che sacrificasse gli esseri umani per un grande disegno, fosse pure il migliore possibile, non è certo il Dio che ci ha rivelato Gesù Cristo. Dio è padre», Dio «è pastore, e quale pastore darebbe per persa anche una sola pecora, pensando che intanto gliene restano molte altre? No, questo dio cinico e spietato non esiste. Non è questo il Dio che noi “lodiamo” e “proclamiamo Signore”».

Ricorda il buon samaritano che, soccorrendo il viandante ferito non si mette a spiegare che quanto accaduto, in fondo poteva essere per il suo bene. «Il samaritano, mosso da compassione, si chinò su quell’estraneo trattandolo come un fratello e si prese cura di lui facendo tutto quanto era nelle sue possibilità. Qui, sì, forse possiamo trovare un “senso” di questo dramma che è la pandemia, come di altri flagelli che colpiscono l’umanità: quello di suscitare in noi la compassione e provocare atteggiamenti e gesti di vicinanza, di cura, di solidarietà. È ciò che è successo e succede anche a Roma, in questi mesi; e soprattutto di questo, stasera, rendiamo grazie a Dio: per le cose buone accadute nella nostra città durante il lockdown e, in generale, nel tempo della pandemia, che purtroppo non è ancora finito. Sono tante le persone che, senza fare rumore, hanno cercato di fare in modo che il peso della prova risultasse più sopportabile. Con il loro impegno quotidiano, animato da amore per il prossimo, hanno realizzato quelle parole dell’inno Te Deum: “Ogni giorno ti benediciamo, lodiamo il tuo nome per sempre”». Perché, ricordano le parole di Francesco, «la benedizione e la lode che Dio più gradisce è l’amore fraterno. Gli operatori sanitari – medici, infermiere, infermieri, volontari – si trovano in prima linea, e per questo sono sempre nelle nostre preghiere e meritano la nostra riconoscenza; come pure tanti sacerdoti, religiose e religiosi. Ma stasera il nostro grazie si estende a tutti coloro che si sforzano ogni giorno di mandare avanti nel modo migliore la propria famiglia e il proprio servizio al bene comune. Pensiamo in particolare ai dirigenti scolastici e agli insegnanti, che ricoprono un ruolo essenziale nella vita sociale e che devono affrontare una situazione molto complessa. Pensiamo anche con gratitudine ai pubblici amministratori che sanno valorizzare tutte le buone risorse presenti nella città e nel territorio, che sono distaccati dagli interessi privati e anche da quelli del loro partito, che cercano davvero il bene di tutti a partire dai più svantaggiati. Tutto questo non può avvenire senza la grazia, senza la misericordia di Dio». Nei momenti difficili siamo portati a guardare i nostri interessi, ma ci sono tante persone che invece sacrificano la propria vita per gli altri. «Che cosa le spinge a rinunciare a qualcosa di sé, della propria comodità, del proprio tempo, dei propri beni, per darlo agli altri? In fondo in fondo, anche se loro stesse non ci pensano, le spinge la forza di Dio, che è più potente dei nostri egoismi. Per questo diamo lode a Lui, perché crediamo e sappiamo che tutto il bene che giorno per giorno si compie sulla terra viene, alla fine, da Lui. E guardando al futuro che ci attende, nuovamente imploriamo: “Sia sempre con noi la tua misericordia, in te abbiamo sperato”».

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