Passeggiando per le vie di Pretoria, non è raro vedere operai, impiegati, casalinghe intenti a parlare al cellulare. Nelle aule dell’università di Nairobi, molti studenti utilizzano rudimentali tablet durante le lezioni. In alcune zone dell’Egitto non mancano Pc portatili di prima generazione e chiavette economiche.
I tempi cambiano in fretta, e anche l’Africa sta andando a passi da gigante verso la rivoluzione dei dispositivi mobili. Secondo gli esperti, nel prossimo futuro la parte del leone la faranno gli smartphone, nel 2015 destinati ad aumentare del 15 per cento nel continente africano. In proposito, gli android cinesi a basso costo stanno facendo da apripista, mentre società come Ibm, Nokia, Microsoft, Google stanno sempre più investendo sul territorio, aprendo anche numerosi uffici locali.
Luci e ombre
Ma non è tutto oro ciò che luccica. Se proprio grazie alle tecnologie mobili il continente è in grado di superare in parte gli ostacoli tradizionali, correlati soprattutto alla mancanza di infrastrutture, è pur vero che la diffusione di internet in Africa rimane molto limitata (secondo i dati di “Social, digital & mobile around the world”, aggiornati a gennaio 2014, la penetrazione della rete è del 18 per cento).
Oltre alle carenze infrastrutturali, altri ostacoli ne rallentano l’espansione: elevato costo delle connessioni, basse competenze informatiche, mancanza di pagine web negli idiomi locali. In particolare, il numero di host (ovvero i terminali collegati a internet), il traffico dati, la larghezza di banda sono ampiamente inferiori rispetto a quelli degli altri continenti.
Valutando questi e altri parametri, emerge in Africa un quadro a più velocità. In testa c’è il Sudafrica, unico Paese a possedere standard quasi assimilabili a quelli del mondo occidentale. Al secondo posto, l’area del Nordafrica, dove spiccano Egitto e Marocco. All’ultimo posto, l’Africa sub-sahariana, dove la penetrazione di internet è ai livelli minimi.
Afro ottimisti e afro pessimisti
Un fenomeno, questo, su cui gli studiosi esprimono pareri non sempre concordi: ci sono gli ottimisti, che sostengono che l’intera Africa si risolleverà anche grazie alle nuove tecnologie, e i critici, che dicono invece che non sarà certo un Pc a cambiare le condizioni di chi vive in capanne di fango e non ha neppure l’energia elettrica.
«In ambito tecnologico c’è effervescenza», conferma Efrem Tresoldi, direttore di Nigrizia, mensile dei missionari comboniani, «basti pensare, tanto per fare un esempio, al progetto M-Pesa attivo in Kenya, con la emme che sta per “mobile” e pesa per “denaro” in lingua swahili, un sistema di bonifici tramite sms, inizialmente messo a punto per abbattere i costi delle mediazioni bancarie per i clienti del microcredito, che pagavano commissioni percentualmente altissime su importi modesti. La penetrazione delle tecnologie ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni, magari la gente non ha da mangiare ma ha il telefonino».
Tresoldi mette in guardia da un rischio in agguato: «L’accentuarsi del divario tra chi ha e chi non ha». Per questo è necessario investire, fin da subito, in «progetti che favoriscano la democratizzazione delle telecomunicazioni».