Tempi duri per i bulli della politica mondiale e democrazie in affanno sulle due sponde dell’Atlantico. I due leader dal ciuffo biondo più celebri e spavaldi al mondo, Donald Trump e Boris Johnson, stanno vivendo uno dei momenti già complicati della loro carriera politica.
A Washington Nancy Pelosi, speaker democratica della Camera, ha annunciato l'avvio di una inchiesta formale di impeachment per il presidente Donald Trump. L’impeachment è la messa in stato di accusa del presidente. Trump viene accusato di aver cercato di "arruolare" un governo straniero al fine di ricevere un aiuto politico utile alla sua rielezione. L’obiettivo di Trump sarebbe stato quello di screditare Joe Biden, 76 anni, ex vicepresidente di Obama, il suo più probabile avversario alle urne nelle elezioni presidenziali del 2020.
Trump è accusato di non aver voluto collaborare con il Congresso che chiedeva chiarezza sulla telefonata del 24 luglio scorso al leader ucraino Voldymyr Zelensky, quando almeno otto volte il presidente americano avrebbe chiesto di indagare per corruzione sulla società nel cui consiglio di amministrazione sedeva Hunter Biden il figlio dell'ex numero due dell'amministrazione Obama. "Il presidente deve essere ritenuto responsabile" per il "suo tradimento alla sicurezza nazionale e all'integrità delle nostre elezioni", ha detto Pelosi in una dichiarazione. Trump respinge le accuse, accusa i democratici di fare una “caccia alle streghe”, aggiungendo che sono intrisi di “odio e paura”.
La procedura dell’impeachment è molto complessa. Il primo passo è alla Camera, dove i democratici hanno 235 seggi su 435. Se la Camera approva il procedimento nei confronti di Trump la parola passa poi al Senato, dove i repubblicani hanno la maggioranza. Le probabilità di vedere Trump costretto alle dimissioni non sono molte, ma tutta la vicenda può condizionare la campagna elettorale per le presidenziali del 2020. Si voterà il 3 novembre e Trump vuole ricandidarsi.
Nelle stesse ore in cui Nancy Pelosi annunciava l’avvio dell’inchiesta su Trump, a Londra la Corte Suprema ha dichiarato illegale la sospensione del Parlamento britannico per 5 settimane, così come aveva preteso e ottenuto il primo ministro per poter arrivare a Brexit entro il 31 ottobre senza trabocchetti parlamentari. “Non siamo riusciti a trovare una giustificazione legale e non politica alla chiusura del Parlamento”, ha dichiarato Lady Hale, presidente della Corte Suprema. Boris Johnson, al contrario di Trump, al momento non rischia di essere incriminato, ma la sua credibilità è scesa molto in basso. Oggi il Daily Mirror ipotizza addirittura le prossime dimissioni del premier, che rischierebbe così di passare alla storia con uno dei governi più brevi. Johnson è in carica da 64 giorni, finora i governo britannico con la vita già breve è stato quello guidato da George Canning: 119 giorni. Intanto oggi riapre il Parlamento.
Tutta la vicenda conferma l’effetto destabilizzante di Brexit sulla politica britannica, dopo oltre tre anni dal referendum in cui la maggioranza dei votanti scelse l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Su questo tema uno studio della SWG commissionato dall’Ambasciata britannica in Italia in vista dell’annuale Convegno di Pontignano, rileva che il 57 per cento degli italiani (erano il 47 per cento l’anno scorso) considera Brexit una scelta sbagliata, in cui i votanti hanno deciso più con la “pancia” che con la “testa”. Tuttavia la grande maggioranza degli italiani afferma che il voto su Brexit non ha influenzato la loro propensione a recarsi nel Regno Unito per turismo, studio, lavoro e affari. Inoltre il 62 per cento degli italiani ritiene auspicabile il mantenimento di un legame stretto fra il Regno Unito e l’Unione Europea dopo Brexit.