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martedì 17 settembre 2024
 
 

Cantanti, le due tentazioni

17/11/2012  Dove sta andando la musica italiana? Da un lato tende alla spettacolarizzazione, con programmi come X Factor e Sanremo, dall'altro allo snobismo autoreferenziale.

La recente assegnazione delle Targhe Tenco sottintende una domanda: dove sta andando la musica italiana? Ci riferiamo ovviamente a quel gran calderone che compone la galassia della musica popolare: suoni e rime che spaziano dal pop al rock, dalle infinite nuance dell’etno-folk alla canzone d’autore fino alle variegate contaminazioni stilistiche della cultura hip-hop.

Da molte parti simultaneamente, verrebbe da rispondere. E non è facile identificarne percorsi e obiettivi, codici e prospettive. Tanto più in un’epoca di radicali mutazioni (basti dire della progressiva scomparsa dei supporti, perfino quelli virtuali), e di una crisi, valoriale prima ancora che di consumi, come quella odierna. Di certo c’è che, comunque la si guardi, questa fondamentale forma di comunicazione emotiva è da sempre frutto del clima socio-culturale che la circonda, e nel contempo, linfa dell’albero che la genera. Ma se in passato era privilegiato il cosa si cantava, e nei decenni seguenti il come, le derive odierne tendono troppo spesso a privilegiare solo il chi.

Fuor di metafora possiamo suddividere il panorama in due grandi comparti: ciò che si produce prioritariamente per essere venduto, e ciò che si produce per veicolare idee. Il primo, quello che per capirsi trova oggi le sue massime esposizioni in fenomeni mediatici come X Factor e Sanremo, ha il suo imperativo nel dover piacere a tanti, e dunque ricorre ad ogni mezzo pur di rispondere alle continue mutazioni di gusto delle masse cui si rivolge.

L’altro tende piuttosto a risalire le correnti rischiando talvolta lo snobbismo autoghettizzante. A scanso d’equivoci dico subito che non credo che l’uno sia preferibile all’altro, e tantomeno che gli artisti più dotati appartengano solo a questo o a quello, tanto più che le rispettive frontiere sono oggi assai labili e brulicanti di migranti in ambo i sensi. E tuttavia non c’è dubbio che mentre il primo ha sempre trovato nelle sue stesse regole la forza per sopravvivere, l’altro necessiti di continue tutele.

Non voglio qui sbrodolare il solito peana contro l’insensibilità delle istituzioni, ma piuttosto spendere un elogio verso chi, a prescindere da esse, riesce ancora a trovare strumenti e occasioni per garantire la sopravvivenza di questo fragile ecosistema culturale, per altro sempre gravido di belle sorprese. Quelle del Club Tenco sono fortunatamente solo la punta di diamante di molte iniziative di sostegno e promozione. E tra le segnalazioni di quest’anno abbondano, accanto ai soliti personaggi di culto più o meno emarginati, anche molti nuovi talenti che il prestigio di questa vetrina potrebbe contribuire a far uscire dalle nicchie. Il ligure Zibba o il siciliano Mario Incudine, la friulana Elsa Martin o gruppi come i Lautari, i Colapesce o la Daunia Orchestra (tanto per far qualche nome) meritano di sopravvivere in questo mare in perenne burrasca che definiamo music-business.

E lo meritano, come molti altri precari, non perché abbiano saputo conquistarsi una chance, ma per darla a tutti noi, e a quanti ancora credono che una buona canzone possa aiutarci a vivere meglio.

 
 
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