«Un giovane brillante e intelligente, un cristiano coerente dalla fede limpida, la cui testimonianza rimane, a oltre 70 anni dalla morte, attualissima e profetica. Teresio Olivelli viene proclamato beato dalla Chiesa e indicato come modello di fedeltà al Vangelo». Matteo Truffelli, presidente dell’Azione Cattolica Italiana, parla così del giovane di Vigevano che il 3 febbraio viene canonizzato nella sua diocesi. Aderente alla grande associazione laicale cattolica poi alla Fuci, attivissimo nella San Vincenzo, quindi alpino e infine anche figura di spicco della resistenza milanese, Olivelli trova la morte a 29 anni, nel campo di concentramento di Hersbruck.
La sua fine è la tragica conseguenza di una passione che lo caratterizza fin da quando siede sui banchi di scuola: nessuna ingiustizia, nessuna violenza gratuita su un debole, nessuna povertà lo lasciano indifferente. E lui, pur di mettervi fine, si butta a capofitto in ogni genere di situazione; si mette nel mezzo, per “salvare” tutti quelli che può. Lo fa in classe da piccolo, coinvolgendo la maestra quando è necessario, e ritrovandosi per questo un voto in meno in condotta per troppo “interventismo”; continua a farlo negli anni universitari girando per le vie di Pavia, dove studia Legge, o passando di casa in casa per portare cibo raccolto alla mensa tra i compagni.
NELLA RITIRATA DALLA RUSSIA
Quando sui campi di battaglia si trascina, alla guida del suo battaglione, sulla drammatica strada della ritirata dalla Russia, non esita a fermarsi, a tornare indietro per non perdere chi ha rallentato il passo. La stessa cosa fa nei giorni della detenzione nel carcere di San Vittore (Milano) e in campo di concentramento: recita il rosario, visita e conforta i malati, incoraggia, e aiuta tutti quelli che può. Alla fine, sono le percosse dei kapo, come punizione per i suoi ripetuti gesti di carità verso i compagni, a provocarne la morte, tanto da farlo additare da moltissimi testimoni come un martire.
Nessun gesto eclatante lungo i pochi anni di vita, ma un’intensità quasi incredibile di traguardi raggiunti e una costante e inflessibile dedizione alle opere di carità. Con qualche ingenuità ed errore di valutazione storica, anche, come quando nel suo slancio culturale immagina di poter “riformare” dall’interno e piegare alla verità cristiana la nascente ideologia fascista. Ma quando tocca con mano gli orrori della dittatura, tutte le sue energie si rivolgono a combatterla, a parole (fondando il giornale clandestino Il Ribelle) e nei fatti, partecipando alla Resistenza.
LE PAROLE DEL VESCOVO
Dice di lui il vescovo di Vigevano Maurizio Gervasoni: «Olivelli viene proposto come esempio di autentico cristiano, che ha anteposto il Vangelo a ogni ideologia, che è stato discepolo innamorato di Cristo e apostolo appassionato della Chiesa. Un fedele laico, socio di Azione Cattolica e della Fuci, la cui fede rigetta qualsiasi forma di male e di violenza. La sua eroica testimonianza cristiana è scomoda e ci scomoda, perché richiama il banco di prova della nostra sequela professata: l’amore incondizionato al prossimo».
Quella di Teresio Olivelli è la beatificazione di un giovane che porta un messaggio di grande forza e attualità, per le nuove generazioni e per la vita della Chiesa. Lo sottolinea ancora Truffelli, che firma la prefazione della biografia di Luisa Bove Teresio Olivelli. Il coraggio della fede (edizioni In dialogo): «Teresio Olivelli ha messo in gioco tutto se stesso per la missione evangelizzatrice della Chiesa in un contesto – l’Italia del regime fascista e un’Europa segnata dalla tragedia della Seconda guerra mondiale – certamente difficile per la stessa fede cristiana, perché attraversata da tanta disumanità. Riletta in questo senso, la sua breve vicenda terrena colpisce per la generosa coerenza tra principi e azioni».