Lo hanno definito in tanti modi: “ribelle per amore”. Sicuramente Teresio Olivelli fu un difensore dei deboli capace di giungere fino al martirio, per restare fedele al Vangelo e alla sequela di Gesù. Papa Francesco venerdì ha autorizzato la promulgazione del decreto che porterà alla beatificazione del giovane laico lombardo vittima nel lager nazista di Hersbruck delle percosse di un carceriere dopo aver tentato di difendere un compagno. Martire «in odium fidei» in odio alla fede, una condizione che porta agli onori degli altari senza bisogno del riconoscimento di un miracolo. Oltre a Teresio Olivelli, Bergoglio ha autorizzato il decreto che riconosce le virtù eroiche di sei "servi di Dio" che dunque vengono dichiarati venerabili. Tra loro tre italiani: Agostino Ernesto Castrillo, Maria Degli Angeli e Giacomo da Balduina.
DALLA FUCI ALL MARTIRIO NEL LAGER NAZISTA
Nato a Bellagio, in provincia di Como, il 7 gennaio 1916 Teresio Olivelli - di cui erano state riconosciute le virtù eroiche, cioè la venerabilità il 14 dicembre 2015 -, si trasferisce con la famiglia in Lomellina, prima Zeme e poi Mortara (Pavia), terra di origine dei genitori. Sin da studente partecipa intensamente alle attività di Azione cattolica e della Fuci (la Federazione degli universitari cattolici) e della San Vincenzo, poiché avverte l’impellente richiamo di portare i valori evangelici nei diversi ambienti sociali, specialmente del mondo universitario, non temendo di affiancarsi all’unica espressione politica all’epoca consentita, il fascismo. Olivelli, forte di una fede intensamente vissuta, opera altresì là dove il bisogno dei più poveri lo chiama per lenire sofferenze materiali e spirituali.
Realizza così nell’Azione cattolica una esperienza spirituale e formativa, prefigurante alcuni significativi tratti del suo futuro cammino. Laureatosi nel novembre 1938, si trasferisce all’Università di Torino come assistente della cattedra di diritto amministrativo. Inizia una stagione di intenso impegno socio-culturale, caratterizzato dallo sforzo incessante di inserirsi criticamente all’interno del fascismo, con il proposito di influirne la dottrina e la prassi, mediante la forza delle proprie idee ispirate al cristianesimo.
Questo tentativo di “plasmare” il fascismo è finalizzato unicamente ad affrontare un’emergenza: la costruzione di una società migliore. E sarà anche la stessa caratteristica che porterà, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, nella sua esperienza nel campo partigiano contro le forze nazifasciste, dopo la sua partecipazione al secondo conflitto mondiale come ufficiale degli alpini impegnato nella disastrosa campagna di Russia, da cui tornerà nel 1943. Sarebbe, però «riduttivo – avverte monsignor Paolo Rizzi, postulatore della causa di beatificazione – e scorretto rinchiudere Olivelli e la sua santità dentro queste due militanze: in campo fascista e in quello della resistenza. La Chiesa, proclamandolo beato, non intende approvare o dare giudizi su questi due periodi storici entrambi non privi di contraddizioni e di elementi discutibili dal punto di vista cristiano». Al contrario vuole evidenziare l’azione del futuro beato che «in ogni ambito in cui ha agito ha sempre protetto e amato i deboli, gli indifesi e gli ultimi in ogni stagione della sua vita, fino a immolare volontariamente la propria vita per amore di Cristo e dei fratelli».
E proprio per questo suo agire, anche nella terribile esperienza del lager nazista, Teresio Olivelli, che viene arrestato nell’aprile 1944 e inizia una peregrinazione in ben quattro lager (Fossoli, Bolzano-Gries, Flossenburg, Hersbruck), viene ucciso. Lui, che interviene sempre in difesa dei compagni percossi, rinuncia alla razione di cibo in favore dei più deboli e malati. Resiste con fede, fortezza e carità alla repressione nazista, difendendo la dignità e la libertà di tanti fratelli. Muore a Hersbruck il 17 gennaio 1945 dopo l’ennesimo pestaggio per aver fatto scudo con il proprio corpo a un giovane prigioniero ucraino. Teresio è un giovane di soli 29 anni quando muore, modello di carità eroica, che ha consumato volontariamente la sua via nella continua e straordinaria dedizione ai più deboli e sofferenti» commenta monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano, diocesi che trent’anni avviò la causa di beatificazione di Olivelli, con l’allora vescovo Mario Rossi. «Un fedele discepolo di Cristo che antepone la fedeltà al Vangelo ad ogni logica umana» conclude il vescovo Gervasoni, esprimendo gratitudine per il decreto del Papa e l’auspicio di fissare presto la data della beatificazione stessa.