Lo scorso aprile, partendo da un capannone bruciato a Corteolona e da un impianto andato in fumo a Mortara, avevamo dato voce agli abitanti della provincia di Pavia, preoccupati per i ripetuti incendi di discariche di rifiuti, dietro i quali non era difficile ipotizzare l'esistenza della criminalità organizzata. L'ipotesi della nostra inchiesta è stata confermata oggi, con la conclusione delle operazioni condotte dai Carabinieri Forestali dei Gruppi di Milano e Pavia, con il supporto dei Comandi Provinciali dei Carabinieri di Milano e Lodi, che hanno smantellato una associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, alla creazione di discariche abusive, alla frode in commercio ed al falso nelle pubbliche registrazioni. Sono stati altresì accertati nel corso delle indagini un caso di estorsione a mano armata e l’incendio colposo di un capannone di rifiuti.
L’attività, coordinata dalla DDA di Milano, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Milano nei confronti di 9 italiani incensurati (7 custodie cautelari in carcere e 2 arresti domiciliari), tutti operanti nel settore della gestione dei rifiuti, nonché alla denuncia in stato di libertà di ulteriori 12 indagati. Sono stati sequestrati in provincia di Milano 9 siti tra impianti ed aree destinate al trattamento rifiuti e 12 automezzi utilizzati per realizzare le condotte illecite. Sui conti correnti delle società è stato disposto il sequestro di 2.100.000 euro, ritenuti illecito profitto dell’attività delittuosa.
Le indagini della DDA di Milano hanno preso il via dopo che nel 2016 a Voghera (PV) erano stati sequestrati due capannoni delle ditte Recology e Gibiemme 2000 stipati di rifiuti con evidente violazione delle normative di settore ed a rischio incendio. L’Autorità Giudiziaria e i carabinieri forestali hanno quindi analizzato tutti i soggetti che, a diverso titolo (trasportatori, dipendenti, conferitori), avevano a che fare con le due ditte, sulla base dell’ormai consolidato postulato per cui il traffico di rifiuti non conosce interruzioni.
Le indagini hanno permesso di documentare la sussistenza di un articolato sodalizio, composto da ditte autorizzate compiacenti, privati “tuttofare” e trasportatori conniventi, dedito all’illecito smaltimento di diverse tipologie di rifiuti (sovente stipati in capannoni dismessi) ed in particolare nella illecita gestione del rifiuto da carta da parati.
Quest’ultimo, infatti, richiede dei costi elevati di smaltimento in virtù delle diverse componenti chimiche e plastiche che lo caratterizzano. I sodali invece, simulandone l’avvenuto smaltimento grazie a falsi documenti, lo macinavano realizzando un “falso PVC” che veniva venduto in Italia ed all’estero come materia prima nell’industria della plastica, immettendo quindi sul mercato, a prezzi altamente concorrenziali, una materia prima illegale, in realtà rifiuto e formato da componenti pericolose. Tra le aziende acquirenti della materia prima sono state individuate anche ditte che producono suole di scarpe e stivali per bambini.
Le operazioni di triturazione poi, sempre effettuate in luoghi nascosti ed abusivi, causavano inquinamento idrico, per la mancanza di idonei apparati di scarico, rischio incendio, per la mancanza di sistemi antincendio, e davano come residuo un materiale cartaceo che veniva ulteriormente smaltito occultandolo in altre tipologie di rifiuti ovvero inserendolo in balle di rifiuti di carta e cartone idonei al recupero.
A corollario di ciò, sono stati altresì documentati un episodio di estorsione nei confronti di alcuni dipendenti che reclamavano lo stipendio non corrisposto, i quali sono stato minacciato mediante l’esibizione di una pistola, nonché un caso di incendio in un capannone abusivamente riempito di rifiuti.
Numerosi poi i casi di reato di falso documentale commessi a copertura di trasporti abusivi di rifiuti e di trattamenti mai avvenuti.
I sequestri oltre alle ditte coinvolte hanno riguardato anche aree abusivamente dedicate alla gestione dei rifiuti e divenute poi vere discariche come quella presente nella zona di via Campazzino di Milano, area che rientra nel Parco Agricolo Sud Milano.
Un ulteriore capannone dedicato all’illecito trattamento dei rifiuti è stato individuato all’interno del complesso autogestito Ri-Maflow in Trezzano sul Naviglio.
Il profitto ottenuto dalle condotte illecite descritte è stato calcolato dagli investigatori in circa 2.100.000 euro quale somma delle mancate spese per lo smaltimento dei rifiuti e il profitto derivante dalla vendita del falso PVC.