Niente partiti politici, sindacati, fondazioni bancarie, associazioni
di categorie. Con l’approvazione in via definitiva alla Camera della legge delega sul terzo settore, potranno essere considerati appartenenti a
questo mondo che è andato crescendo smisuratamente negli ultimi anni, soltanto
quegli enti che avranno finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. «Finalmente
una carta di identità chiara»; spiega Mario Marazziti, presidente della Commissione
affari sociali, che, insieme con il vicepresidente Luigi Bobba, si è molto battuto per l’approvazione. Una legge promessa
da Matteo Renzi al festival del volontariato di Lucca del 2014 e che riorganizza
gli oltre 300 mila enti del terzo settore: 63 miliardi di euro di fatturato,
sei milioni e mezzo di volontari di cui, secondo l’istat, circa 3 milioni
impiegati in modo non organizzato.
«Oltre alla definizione di questa identità», spiega
Marazziti, «l’altro punto importante è la creazione di un registro unico del
terzo settore con l’elenco in base agli statuti e alle finalità. L’attività
deve essere corrispondente alle attività dello statuto. Abbiamo, dunque, un
primo soggetto che sono le imprese sociali non a fini di lucro che facciano
attività di solidarietà, sociali, civiche, di lotta all’esclusione, e poi
abbiamo l’associazionismo di questo tipo e il volontariato che svolge la stessa
attività».
Un altro punto che Marazziti sottolinea è il 5 per mille:
«Con il decreto si interviene nella definizione dei soggetti che possono
accedervi. Speriamo ora che i decreti attuativi diano dei meccanismi più rapidi
per l’assegnazione e anche per la scelta del contribuente in modo da evitare
che si debbano investire somme ingenti per far conoscere il proprio codice
fiscale. Così come è adesso, infatti, i soggetti più piccoli, che non hanno
risorse da investire per pubblicizzare il codice che serve per la denuncia dei
redditi, rischiano di restare di fatto esclusi dal meccanismo».
Fra le novità anche la creazione della Fondazione Italia
sociale «con lo scopo di aggregare risorse aggiuntive dal mondo privato», la
vigilanza del ministero del Lavoro, un Fondo, presso lo stesso ministero, per
il terzo settore e l’istituzione del servizio civile universale, «una difesa
non armata della patria», sottolinea Marazziti, «che sostituisce l’anno di
volontariato sociale estendendolo anche agli immigrati regolarmente residenti.
Su questo punto sogno – e ho già depositato una disegno di legge in merito –
che possa diventare un anno obbligatorio che rimetta insieme il Paese, che
mescoli nord e sud e che ricrei una cultura diffusa di solidarietà».