Veglie, celebrazioni, momenti di riflessione, di preghiera per la pace scandiscono in Ucraina la giornata del 24 febbraio, anniversario dell’invasione russa e dello scoppio della guerra. Il Santuario mariano di Berdychiv, nell’oblast (provincia) di Zhytomyr, a est di Leopoli, ogni anni è meta di un pellegrinaggio che raduna fedeli cattolici di tutta l’Ucraina e anche da altri Paesi. Oggi, qui sono raccolti tutti i vescovi romano-cattolici delle diocesi ucraine insieme all’arcivescovo di Leopoli, monsignor Mieczysław Mokrzycki, presidente della Conferenza episcopale ucraina, e al nunzio apostolico, monsignor Visvaldas Kulbokas.
«L’incontro è cominciato alle 9 del mattino con la preghiera del rosario.», racconta don Mariusz Krawiec, sacerdote paolino polacco e giornalista, che da anni opera nella sede della Società San Paolo di Leopoli. «Ciascuno dei vescovi ha preparato la sua meditazione sui misteri. Alle 12,30 è stata celebrata la messa, presieduta dal nunzio apostolico. Un’omelia molto semplice, la sua, focalizzata sulla figura della Madonna: dobbiamo avere sempre fiducia – ha detto il nunzio – che Maria partecipa sempre al nostro dolore, alla sofferenza del popolo ucraino. E così le meditazioni del rosario: nelle parole dei vescovi è stata sempre presente la guerra con la sua sofferenza, ma anche la fiducia, la speranza della vittoria, nella certezza della Resurrezione». Alla preghiera, spiega don Mariusz, hanno preso parte tanti fedeli, sacerdoti e religiosi rappresentanti di tutte le diocesi latine dell’Ucraina. «Infine, abbiamo fatto visita al cimitero militare di Berdychiv e abbiamo pregato anche per i defunti di questa guerra».
Un anno fa, in questi giorni, Leopoli aveva spalancato le porte all’accoglienza di un enorme flusso di sfollati dalle zone bombardate: la maggior parte di loro da qui ha poi proseguito verso la Polonia e gli altri Paesi europei. «Leopoli è diventata un grande hub per l’organizzazione degli aiuti umanitari», spiega Krawiec, «che vengono poi mandati verso l’Est. Il flusso degli aiuti dall’estero passa da questa città. Oggi qui c’è tanta stanchezza, paura e tensione continua. I giovani, le donne, i bambini arrivati qui, dopo aver abbandonato le loro case, sono andati all’estero. A Leopoli sono rimasti gli sfollati più anziani, i disabili: tante di queste persone hanno perso la voglia di vivere, pensando di non poter essere più in grado di tornare a casa loro e ricostruire. Gli ospedali di Leopoli sono pieni di pazienti arrivati dalle zone di guerra, tanti rimasti disabili a causa del conflitto: bisogna pensare a come queste persone potranno rifarsi una vita e reintegrarsi attivamente nella società. Anche se adesso, in questa situazione, progettare il futuro è ancora prematuro. L’ospedale pediatrico dall’inizio della guerra ha accolto i bambini malati evacuati da zone come Kharkiv e Zaporizhzhia. Molti di questi piccoli pazienti sono stati poi trasferiti in altri Paesi. Ma tanti sono rimasti qui da noi. E i nostri ospedali continuano a funzionare grazie agli aiuti umanitari internazionali, che sono stati essenziali anche per mandare avanti l’economia devastata del nostro Paese. Secondo molti esperti, senza gli aiuti dall’estero l’Ucraina forse sarebbe morta di fame».