Nel comune spettatore la domanda sorge spontanea: ma perché una storia su un Papa reazionario proprio oggi che la Chiesa è percorsa dal fremito liberale di un pontefice al passo coi tempi come Papa Francesco? “E’ vero, il nostro Papa Pio XIII è diametralmente opposto a quello esistente”, la spiegazione di Sorrentino. “Ma non si tratta di una figura inverosimile. Dopo un Papa così liberale potremmo avere, in un futuro non troppo lontano, un Papa conservatore come il nostro”.
Quanto al vezzo di far fumare il Pontefice come una ciminiera, la risposta è più furbetta. “Si sa che quello dell’orfanotrofio è un mondo carico di ansie. E poi”, butta là il regista, “si sa che Ratzinger fumava”.
Quanto alle probabili critiche del Vaticano quando la serie verrà messa in onda in tutto il mondo, Sorrentino ostenta volutamente sicurezza: “E’ un problema del Vaticano”, dice di getto. “Non è un problema mio”. Salvo correggersi subito dopo, dando l’idea di mettere le mani avanti: “Anzi, non è neanche un problema. Se avranno la pazienza di guardare The Young Pope fino in fondo”, questo il suo auspicio, “capiranno che il mio vuol essere un lavoro che indaga, con onestà e curiosità fin dove si può, le contraddizioni, le difficoltà e le cose affascinanti dei preti e delle suore. E di quel prete un po’ diverso dagli altri che è il Papa”.
Eccola la vera angolazione, la lente deformata attraverso la quale Sorrentino s’intrufola in un mondo che non gli appartiene, che non sente suo. Una visione volutamente troppo terra terra? Probabilmente, dopo le prime due puntate, il regista saprà riprendersi, virare più in profondità, puntare sui contenuti. Glielo auguriamo anche perché Sorrentino non è uomo banale ed è troppo bravo come cineasta. Però, potrebbe essere tardi. Il Vaticano, gli intrighi di potere, la Chiesa, la corte dei miracoli dei cardinali: lo sguardo del regista è astuto ma freddo, superficiale. Insomma, non si può certo dire che Sorrentino stavolta abbia girato col cuore.
La sensazione è quella di un bluff piuttosto che di un flop.
E buon per Toni Servillo, il suo amico e attore feticcio, che non l’abbia coinvolto in questa discutibile operazione. Anche se Jude Law, invece, sembra esserne più che felice: “Per me è stata una grande opportunità lavorare con Sorrentino”, sorride di fronte ai giornalisti di mezzo mondo. “Certo, un po’ mi preoccupava l’idea di ricoprire questo ruolo di Papa. Ma Paolo per tranquillizzarmi mi ripeteva che era pur sempre un uomo”.