Lione
Lilian, oggi come ti troveresti nell’Italia di Salvini? Lilian Thuram, l’ex grande campione del calcio francese, oggi in prima linea contro il razzismo e le discriminazioni, resta qualche istante in silenzio, raccoglie i pensieri. Poi arriva la risposta: “Ascolta, io nel 2002 giocavo in Italia quando Jean Marie Le Pen arrivò al ballottaggio contro Chirac nelle elezioni presidenziali francesi. Io allora mi vergognai di essere francese. Mi dissi: come si può arrivare a questo? Oggi, se fossi italiano, proverei lo stesso sentimento. Troverei vergognoso vedere il mio paese rappresentato da un tale personaggio”. Dopo la stoccata Thuram aggiunge: “Però non ci si deve fermare al sentimento della vergogna. Bisogna riflettere e impegnarsi per far cambiare le cose in maniera positiva”.
Incontriamo Lilian Thuram a Lione, in occasione del “Défilé pour la paix”, la grande sfilata dedicata al tema della pace che si è svolta nel centro della città francese domenica 16 settembre, in occasione della 18a edizione della Biennale della Danza. Thuram è stato testimonial dell’evento insieme a Latifa Ibn Ziaten, madre di un poliziotto francese di origine marocchina ucciso a Tolosa nel 2012 dal terrorista Mohammed Merah.
“Il Défilé della Biennale de la Danse”, dice Thuram, “è una magnifica occasione per ricordare i valori di eguaglianza e tolleranza che difendo con la mia Fondazione”. Thuram, 46 anni, originario della Guadalupa, è stato uno dei più popolari calciatori francesi degli ultimi anni, straordinario difensore ammirato e rispettato su tutti i campi dove ha giocato. Fra il 1991 e il 2008 Thuram ha indossato le maglie del Monaco, del Parma, della Juventus e del Barcellona. Ha indossato 142 volte la maglia della Nazionale francese, con la quale ha vinto i Campionati del mondo del 1998 e gli Europei del 2000. Dopo aver smesso di giocare, Thuram ha creato una Fondazione per educare contro il razzismo.
Lilian, come procede il lavoro della Fondazione?
“Purtroppo mi invitano in tutte le parti del mondo. Dico purtroppo perché questo significa che ci sono tanti episodi di razzismo, perciò tante persone di buona volontà mi invitano a parlare contro le discriminazioni. Fra pochi giorni parto per il Perù, perché evidentemente questi problemi non riguardano soltanto l’Europa, poi andrò in Svezia. I motivi di preoccupazione sono tanti”.
Che cosa ti preoccupa in questo momento?
“Sono preoccupato prima di tutto perché, come è evidente, io sono un nero e so che il razzismo non è uno scherzo. Sono preoccupato perché il razzismo è sempre una violenza e tante persone di pelle bianca non si stanno rendendo conto quanto può essere pericolosa l’ascesa dell’estrema destra in Europa. Il primo atto del razzismo è dire che la presenza di certe persone non è legittima. È quello che oggi si dice nei confronti di tanti stranieri e il colore della pelle subito ti identifica come straniero”.
Che cosa pensi dell’Europa che vuole chiudere le sue frontiere?
“È la tentazione di dire: il mondo è nostro, soltanto di noi europei. È una tentazione pericolosa, come un mondo in cui i maschi dovessero comandare sulle donne e su tutti gli altri, decidendo anche per conto degli altri. Il razzismo nasce anche da queste chiusure, dalla volontà di non condividere le ricchezze del mondo. Molti ritengono giusto e danno per scontato che ci siano Paesi poveri. Chi oggi dice che in Europa si sta male non ha una vera visione del mondo. sembra che l’immigrazione sia il problema maggiore dell’Europa, ma forse c’è tutto un sistema economico mondiale che va messo in discussione”.
Perciò è importante lavorare nell’educazione dei bambini?
“Sì, è importante, però quelli che vanno a votare non sono bambini. Serve un impegno di tutti, anche di voi giornalisti che fate informazione. Bisogna agire perché la situazione può peggiorare. Diffondere la mentalità che una vita non vale un’altra vita è estremamente pericoloso e può portare alla violenza”.
Nel mondo del calcio c’è ancora tanto razzismo?
“Il calcio non è fuori dal mondo. Se c’è razzismo nella società lo trovi anche dentro gli stadi di calcio. Purtroppo il razzismo è una visione del mondo”.
Perché hai accettato con entusiasmo di essere testimonial di un evento di danza?
“Perché la danza è fatta di persone che si mettono in movimento e se vogliamo davvero combattere i razzismo e far cambiare le cose, dobbiamo muoverci tutti. Non basta dire di dire di voler cambiare le cose, bisogna agire”.