«Oggi non bisogna fare prove di forza ma dobbiamo dare prova di saper
mantenere i nervi calmi». Sono le parole con cui il leader del movimento
No Tav, Alberto Perino nel pomeriggio di sabato 28 luglio ha dato il
via all'ennesima marcia contro la Torino-Lione.
Circa 2500 i
manifestanti che hanno percorso a piedi la strada che porta da Giaglione
a Chiomonte. Numeri ben lontani dalle marce “storiche” del 2005, capaci
di radunare decine di milgliaia di persone.
Alla manifestazione erano presenti alcuni sindaci e amministratori
locali eletti nelle liste civiche No Tav, In coda al corteo ha sfilato
un gruppo di circa 250 giovani dell'area antagonista, provenienti da
varie zone d'Italia e d'Europa.
Ad accompagnare il lungo corteo c'era anche Luca Abbà. L’attivista che
lo scorso febbraio era caduto da un traliccio dell’alta tensione in Val
Susa, ha accompagnato per un breve tratto la marcia.
Archiviata l'ennesima a manifestazione contro la nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino-.Lione, ora a far discutere è il
campeggio No Tav a Chiomonte, base logistica delle ripetute spedizioni
contro il cantiere di Chiomonte. Gli ultimi gravi episodi risalgono alla
notte tra sabato 21 e domenica 22 luglio quando 11 poliziotti, tra cui
il dirigente della Digos Giuseppe Petronzi, sono rimasti feriti dal
lancio di bombecarta, sassi e oggetti contundenti. Che le intenzioni di
queste “passeggiate intorno alle reti del cantiere”, come le definiscono
i siti No Tav, non siano puramente di natura escursionista lo dimostra
l'inventario del materiale sequestrato la settimana scorsa dalle forze
dell'ordine: caschi, maschere antigas, bulloni,catene, cesoie, bottiglie
con liquido infiammabile, chiodi a tre punte, catene, corde e cubetti di
porfido.
Mercoledì 25 luglio, nella Prefettura di Torino, si è riunito il Comitato per la
sicurezza e l’ordine pubblico, per decidere se (ed eventualmente quando)
sgomberare il campeggio No Tav. Secondo alcune fonti l’operazione
potrebbe avvenire negli ultimi giorni di luglio o nei primi di agosto, mentre
altri sostengono che, per il momento, lo sgombero non sarebbe previsto
proprio per non alimentare il clima di tensione e riportare la valle al clima drammatico dello scorso febbraio, quando un militante No Tav, Luca
Abbà, salì su un traliccio, rimase folgorato e cadde procurandosi gravi
ferite (fortunatamente s'è salvato ed è stato dimesso dall'ospedale il 18 giugno, dopo 109 giorni di ricovero).
Ma il presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, é perentorio: «Quel campeggio è un campo militare e in quanto tale va sgomberato. Bisogna dare un segnale forte di legalità». Mentre, in Valsusa è il sindaco di S.Antonino e consigliere provinciale Antonio Ferrentino a dire che “le condanne non bastano più. Bisogna staccarsi da chi sta facendo della valle una palestra di guerriglia. I valsusini, istituzioni in testa devono isolare questi violenti". Il campeggio “No Tav”, da qualche anno, è diventato una tradizione che richiama in valle gruppi di giovani oppositori dell'alta velocità, valsusini ma non solo. Dal 2010, poi, è diventato il punto di riferimento per le azioni “di disturbo” nei confronti delle attività del cantiere per il cunicolo esplorativo di Chiomonte e delle forze dell'ordine che, coadiuvate dagli Alpini della Brigata Taurinense, assicurano la sicurezza di operai e mezzi.
Le iniziative dei No Tav accampati a poca distanza dalle recinzioni dei lavori richiamano giovani “antagonisti” provenienti dall'Italia e dall'Europa. Due giorni prima la manifestazione di sabato, i Carabinieri hanno fermato cinque stranieri, di cui due francesi, un belga, un greco e uno svizzero diretti al campeggio. Sulla loro auto c'erano caschi protettivi, maschere antigas, coltelli e bulloni. Gli stranieri sono stati fermati e denunciati . E martedì sempre i Carabinieri hanno accompagnato alla frontiera e rimpatriato nove francesi, fermati a Gravere, in Valsusa, diretti a Chiomonte. Sul loro pulmino i militari hanno trovato e sequestrato maschere antigas, caschi, cacciaviti, taglierini, passamontagna e un manuale su come resistere alle forze dell'ordine.
Sono proprio i leader del movimento No Tav, Alberto Perino in testa, ad annunciare che nei prossimi giorni le azioni contro il cantiere “aumenteranno e saranno più dure”.Insomma, l’idea di tagliare le reti e di riprendersi l'area della Maddalena dove prima dello sgombero, avvenuto a fine giugno 2011, i No Tav avevano installato un presidio con una baita e perfino un pilone votivo, è tutt’altro che tramontata. Tanto che qualche giorno fa il deputato Pd Stefano Esposito ha depositato presso la Procura di Torino un esposto denuncia nei confronti di Alberto Perino e Francesco Richetto, per alcune dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi: «Si tratta – spiega Esposito – di istigazione a delinquere e di apologia di reato. Sostenere che il danneggiamento delle opere poste a difesa del cantiere Tav è legittimo e annunciare future azioni di danneggiamento nonché il blocco di camion e persone non può certo essere etichettata come una libera manifestazione del pensiero da parte di eccentrici montanari, ma è un chiaro ed evidente invito agli aderenti al movimento No Tav a proseguire nelle azioni illegali nei confronti del cantiere».
I Tir fanno bene alla salute mentre i treni sono nocivi? Un buco nella
montagna per far passare due binari è devastante mentre un tunnel
autostradale è ecocompatibile? La terra estratta dagli scavi per la
galleria della Torino-Lione è dannosa per la salute dei valsusini perchè
contiene amianto ed è radioattiva mentre quella tirata fuori dal
cantiere per la seconda cannadel Frejus stradale é utile per realizzare
opere pubbliche?
In valle di Susa sembra proprio così.
A Chiomonte tra qualche settimana è in programma l'inizio degli scavi
per il tunnel geognostico della Maddalena (dal nome della località che
ospita il cantiere): 7541 metri di lunghezza per un un diametro di
6,30. In Valle, da più di un anno, s'è scatenato il finimondo:
supportato, sponsorizzato e organizzato spesso da frange autonome,
anarchiche e antagoniste che con gli abitanti valsusini poco hanno a che
fare. Ma appoggiate, e in qualche caso benedette, da qualche politico
locale e dai leader della protesta No Tav.
Per non parlare di quello che ci si può attendere con l'inizio,
previsto per il 2013, dei lavori del tunnel di 57 chilometri (12 in Italia, 47
in Francia) tra Susa e Saint Jean del Maurienne.
Essere contrari alla Torino-Lione è lecito, per alcuni in valle
addirittura doveroso, così come protestare pacificamente: altra cosa è
il ricorso all'illegalità, alla violenza, alle sassaiole e alla
guerriglia.
Ma il lato kafkiano della vicenda lo si scopre salendo più il alto, a
quota 1400 metri sul livello del mare, dove l'aria è più rarefatta.
Siamo a Bardonecchia, la perla delle alpi. Appena sopra la rinomata
località turistica, dal 1980, c'è un traforo autostradale
internazionale che sbuca a Modane, nell'alta Maurienne.
Il tunnel, unico, è a doppio senso di circolazione. Dopo l'incidente avvenuto
nel traforo gemello del Monte Bianco in Valle d'Aosta il 24 marzo
1999, quando un incendio di un tir in galleria provocò la morte di 39
persone, le misure di sicurezza sono state potenziate. E Francia e
Italia hanno deciso di realizzare una canna di sicurezza parallela al primo tunnel, dedicata solo al passaggio dei mezzi di soccorso in caso di
incidente.
Fin dai primi momenti, però, la Sitaf e la consorella
francese che gestiscono autostrada e traforo hanno insistito perchè la
nuova galleria fosse aperta anche al traffico veicolare. Tra i primi a
sostenere questa ipotesi fu proprio l'allora amministratore delegato
della Sitaf Mario Virano, oggi presidente dell'Osservatorio sulla
Torino-Lione, recentemente nominato dal Governo Italiano presidente
della Conferenza Intergovernativa per la realizzazione dell'alta
velocità ferroviaria.
Così oggi l'orientamento prevalentemente, sembra essere quello di
un traforo autostradale a due canne; certamente più sicuro per
automobilisti e camionisti ma anche più capace di riversare lungo le
vallate maggiori quantità di traffico pesante. Insomma, aumenteranno i
tir sulle strade della Valle di Susa.
Che è esattamente ciò che la realizzazione della Torino-Lione ferroviaria vorrebbe scongiurare, trasferendo da gomma a rotaia quantità sempre crescenti di merci trasportate. Ebbene, qui a Bardonecchia il cantiere è installato da alcuni mesi. Il via ai lavori è stato festeggiato con un memorabile spettacolo dei Fichi d'India. Mentre a sorvegliare i lavori bastano poche unità di carabinieri e poliziotti costrette (dicono alcuni testimoni) ad ammazzare il tempo giocando a carte. Poche le protesta ecologiste, se si eccettuano alcune prese di posizione di Legambiente, di Pro Natura e una serie di delibere da parte di alcuni comuni valsusini.
E che dire dello “smarino”, cioè del materiale estratto dalle gallerie? Per il cunicolo esplorativo e per il tunnel internazionale della nuova linea ferroviaria Torino-Lione si è dovuto cambiare il progetto: lo smarino verrà “inscatolato” nei vagoni del treno e trasportato il più lontano possibile dalla valle. Per la seconda canna del Frejus, invece, il Comune di Bardonecchia ha siglato un'intesa con la Sitaf per acquisire circa 600 mila metri cubi di terra estratti dalla montagna da usare per mettere in sicurezza la viabilità del paese e delle frazioni. E anche il piccolo comune di Salbertrand ha preteso la sua parte, ottenendo che una quota del materiale di scavo sia utilizzato per rendere definitivamente inerte una vecchia cava bonificando un'area compromessa su cui, poi, realizzare un impianto di energia fotovoltaica.
Così a Bardonecchia si scava nel più fragoroso silenzio. Eppure la montagna è la stessa che ospita le altre gallerie, quelle della ferrovia ritenuta costosa, dannosa e devastante; così come sono gli stessi l'amianto, l'uranio e il radon. E lo smarino, in bassa valle osteggiato, in alta valle viene ricercato come se fosse oro. Diversa è la quantità e la qualità della protesta. E mentre a Bardonecchia si fa festa con i Fichi, a Chiomonte volano bombecarta, biglie, sassi e si respirano poco salubri gas lacrimogeni. Questa è la Valle di Susa. Questo è l'estremo lembo Nordoccidentale di una strana Italia.