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martedì 15 ottobre 2024
 
#LaudatoSi18
 
Credere

Tomás Insúa: «È tempo di unire le forze per salvare Madre Terra»

05/07/2018  Argentino, 31 anni, racconta a Credere cosa lo ha spinto a fondare il Movimento cattolico globale per il clima e cosa può fare ciascuno per rispettare di più la natura

Si può avere una conversione ecologica? Tomás Insúa l’ha vissuta. Argentino di Buenos Aires, 31 anni, un master in Politiche pubbliche per il clima a Harvard, è il fondatore del Movimento cattolico mondiale per il clima (The Global Catholic Climate Movement, Gccm), una coalizione internazionale che, in soli tre anni, ha aggregato quasi 700 organizzazioni cattoliche impegnate nella tutela del creato in tutti i continenti.  

Nel 2017 Tomás si è trasferito a Roma con la moglie Vicky, per lavorare a più stretto contatto con il Vaticano, in particolare con il Dicastero per lo sviluppo umano integrale, che il 5 e 6 luglio scorsi ha organizzato una Conferenza internazionale sull’ambiente a tre anni dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’.

Solo cinque anni prima, nel 2013, la vita di questo giovane argentino era molto diversa: lavorava per Google, il colosso informatico statunitense, come responsabile marketing per l’America Latina e il Sud Est asiatico, e nel frattempo aveva fondato un’organizzazione non profit di ispirazione cristiana, Potencialidades, con l’obiettivo di valorizzare le potenzialità dei ragazzi nati nei quartieri poveri di Buenos Aires. «Ho lavorato fin da molto giovane in campo sociale nella mia città, soprattutto insieme ai francescani», racconta. «A quei tempi, pensavo che l’ecologia fosse qualcosa “per ricchi”, di cui si occupavano gli ambientalisti in Europa o in Giappone, e che noi in Argentina avessimo altre priorità. Molti miei amici che si impegnavano nei quartieri poveri con i francescani la pensavano come me».

Quando cambiò idea?

«Nel novembre del 2013 mi capitò di trovarmi per lavoro nelle Filippine, subito dopo il super tifone Haiyan, uno dei più forti cicloni tropicali mai registrati. Fu terribile: c’erano 10 mila morti, 11 milioni di persone senza tetto, città sconvolte, alberi abbattuti ovunque. Le Filippine erano un Paese un ginocchio. Per la prima volta ho avvertito con intensità che c’è una “giustizia climatica” e che, se non la si rispetta, le conseguenze ricadono con maggiore intensità e violenza sui più poveri. Per la prima volta sono stato in grado di vedere la connessione fra giustizia climatica e giustizia sociale, ed è stata una vera conversione. In quel momento mi sono detto: “Devo fare qualcosa per questo”».

Cosa fece, allora?

«Un paio di mesi dopo lasciai il mio impiego a Google e decisi di iscrivermi a un master in politiche pubbliche per il clima a Harvard. Nel settembre del 2014 mi trovavo, quindi, negli Stati Uniti quando si tenne la prima marcia per la giustizia climatica. Fu un’altra esperienza molto forte  vedere 400 mila persone che camminavano insieme per chiedere l’impegno dei governi, in vista della Conferenza sul clima di Parigi del 2015. Mi accorsi però che delle 1.500 realtà che avevano organizzato l’evento solo tre erano cattoliche, mentre c’era una forte presenza delle Chiese protestanti e di associazioni secolari. In quei mesi si sapeva già che sarebbe uscita la Laudato si’. Mi accorsi che, mentre il Papa stava scrivendo un’enciclica sull’ambiente, il resto della Chiesa rimaneva totalmente passivo su questo tema».

Cosa la colpì della Laudato si’, una volta pubblicata?

«L’appello ad ascoltare il grido della terra e dei poveri, l’affermazione che si tratta di un solo grido, una sola e complessa crisi, ambientale e sociale».

Come le venne l’idea di creare una movimento mondiale cattolico per il clima?

«Alla fine del 2014 organizzai una riunione via Skype (cioè in teleconferenza, ndr) con pochi leader di organizzazioni cattoliche sparsi nel mondo, che sapevo impegnati sul fronte ambientale. Feci loro una proposta molto semplice: “Lavoriamo insieme, il nostro impatto sarà maggiore”. Con quindici organizzazioni creammo, alla fine del 2014, il Movimento cattolico globale per il clima. Fra loro c’erano i francescani degli Stati Uniti, l’arcidiocesi di Manila nelle Filippine, la Caritas, la Rete giovanile per la sostenibilità ambientale in Africa (Catholic Youth Network for Environmental Sustainability in Africa). Il cardinale di Manila, Luis Antonio Tagle, è stato con noi fin dall’inizio. È stato lui a consegnare nelle mani del Papa il nostro documento costitutivo, durante la visita di Francesco nelle Filippine a gennaio del 2015».

Cosa ha unito organizzazioni così lontane geograficamente?

«La necessità – l’urgenza, a dire il vero – di vivere una spiritualità ecologica. Il nostro patrono, non a caso, è stato fin da subito san Francesco. Dopo la pubblicazione dell’enciclica l’obiettivo è diventato aiutare tutta la famiglia cattolica a mettere in pratica la Laudato si’».

Ha parlato di spiritualità ecologica. Di cosa si tratta?

«È qualcosa che dobbiamo recuperare. Abbiamo perso la capacità di contemplare la bellezza della creazione e il messaggio d’amore che Dio ci manda attraverso di essa. Cosa significa per noi cristiani sapere che la natura è un dono di Dio, un libro aperto attraverso il quale ci parla? Coltivare la spiritualità del creato significa anche cambiare modo di pregare, unendoci alle altre creature nel dare lode a Dio, come ci insegnano la Bibbia e il Cantico delle creature di san Francesco. Significa sentire il canto di lode della creazione, ma anche il suo grido. La terra oggi sta gridando perché la stiamo maltrattando. Essere in comunione con tutto il creato comporta anche rendere nostra la sofferenza della terra e delle sue creature, essere consapevoli che se una specie si estingue a causa dell’uomo si tratta di un peccato ecologico».

Come possiamo cambiare i nostri stili di vita in modo che siano più sostenibili?

«Viviamo all’interno di un sistema consumista, bombardati da una macchina pubblicitaria che ci spinge ad avere sempre di più, a comprare quello che non ci serve, o a dismetterlo poco dopo averlo acquistato. Non è facile quindi cambiare stile di vita. Perché il messaggio che ci arriva continuamente è: “Sarai felice se comprerai cose”. Dobbiamo diventare capaci di cambiare il nostro cuore per resistere a questo paradigma consumista. Da soli è difficile, è molto meglio provarci insieme. Per questo stiamo supportando la nascita di gruppi Laudato si’, abbiamo scritto una guida per aiutare le parrocchie a diventare più ecologiche (pubblicata in italiano da Focsiv, ndr) e abbiamo creato un corso online per chi vuole diventare animatore Laudato si’».

Avete lanciato una campagna per il disinvestimento dai combustibili fossili. Perché?

«Chiediamo alle istituzioni, ma anche alle diocesi e agli enti religiosi, di liberarsi di quelle azioni, obbligazioni o fondi di investimento legati a imprese che operano nel settore dell’estrazione e della commercializzazione delle fonti fossili (petrolio e gas, ndr), il cui utilizzo rappresenta una delle cause principali dei cambiamenti climatici provocati dall’attività umana. Hanno già aderito 95 istituzioni, fra cui diverse diocesi e tre banche cattoliche tedesche. Siamo consapevoli di essere in una fase di transizione, in cui c’è ancora bisogno del petrolio, ma riteniamo che queste scelte indichino una direzione».

Da dove possiamo iniziare, come singoli?

«Prestando attenzione a come ci spostiamo, a cosa mangiamo, a come consumiamo l’energia. Possiamo privilegiare i mezzi di trasporto meno inquinanti limitando il più possibile i voli aerei, scegliere i prodotti alimentari locali il più possibile “a chilometro zero”, assicurarci che nelle nostre case i device e gli elettrodomestici siano i più efficienti possibile. Ci sono tanti cambiamenti semplici e quotidiani che possiamo scegliere di mettere in atto».

E a livello comunitario, come “celebrare” il creato?

«Nel 2015, subito dopo la Laudato si’, il Papa ha instituito per il primo settembre la Giornata di preghiera per il Creato, in comunione con la Chiesa ortodossa che già la celebrava in quella data. Il Papa ha anche indicato il periodo dall’1 settembre al 4 ottobre, memoria di san Francesco, come tempo dedicato a pregare e agire per il creato. Sarebbe bello se il “tempo del creato” fosse vissuto da tutta la Chiesa e diventasse visibile nel mondo».

Come unire spiritualità e azione?

«Un passo per cominciare può essere quello di creare nella propria parrocchia un gruppo Laudato si’, composto da persone che si prendono cura del risparmio energetico e di tutte quelle misure da mettere in campo per la “conversione ecologica” della comunità. La Chiesa cattolica nel mondo ha 220 mila parrocchie: se tutte lo facessero, l’impatto sarebbe rilevante, diventerebbe un segno per tutti».

Foto di Stefano Dal Pozzolo/Contrasto

 
 
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