Silvano Maria Tomasi, nunzio vaticano presso l'Onu.
“Un riconoscimento del servizio globale che il Santo Padre porta avanti oggi”. La proposta di una Onu delle religioni guidata da papa Francesco, secondo monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, dice innanzitutto che “la percezione di Papa Francesco non solo come leader della Chiesa cattolica, ma come simbolo della religione nel mondo moderno è una svolta nella storia significativa e interessante. Il ruolo che il Santo Padre porta avanti diventa un po’ la bandiera di tutto quello che è il bene che la religione dovrebbe attuare nel mondo contemporaneo attraverso le varie espressione di identità religiosa. In questo senso è un riconoscimento del servizio globale che il Papa porta avanti oggi. Ma c’è un’altra considerazione da fare”.
-Quale?
Bisogna considerare che oggi non sono direttamente le nazioni che fanno le guerre, ma gruppi non statali. Queste crisi di violenza, questi focolai attivi in varie parti del mondo mettono, da una parte, i governi ufficiali e, dall’altra, questi gruppi che lottano sia contro i governi ufficiali che tra di loro. Questo fenomeno è nuovo ed è un fenomeno di cui la comunità internazionale dovrà prendere atto in maniera più efficace, studiando i modi opportuni per cercare di porre rimedio. Su questo punto il Santo Padre si era espresso parlando di una guerra mondiale a pezzi, cioè ha colto questo cambiamento: i vari gruppi cercano di perseguire i propri obiettivi di interesse non tanto attraverso il negoziato e il dialogo, ma attraverso la forza.
- Utilizzando anche le religioni?
Certo. La proposta di Peres coglie questo punto fondamentale e cioè che il vocabolario religioso che viene usato per esprimere rivendicazioni sostanzialmente è diretto a conseguire un potere politico e un potere economico. Ispira comunque violenza e diventa una forma sfasata di un ideale religioso che invece dovrebbe portare a costruire qualcosa di positivo e di sostenere il bene comune, non solo di uno Stato, ma anche di tutta la famiglia umana. Certo la persona ha bisogno di un ideale, di rispettare il senso della trascendenza che è nel nostro cuore e questo senso di trascendenza, se viene incanalato attraverso strutture o attraverso ideologie che portano alla violenza, magari attira anche dei giovani, come sta succedendo con i mercenari che stanno combattendo per il cosiddetto stato islamico. Questo testimonia anche il fatto che nel nostro mondo non siamo stati capaci di far prevalere l’aspetto autentico di questa aspirazione ideale alla trascendenza, di questa ricerca a trovare qualcosa di più grande della persona, di più grande di noi che possa convogliare le aspirazioni del cuore umano. Poi però rimane un punto cruciale.
- Qual è questo punto cruciale?
Quello di tenere il giusto equilibrio nel rapporto tra religione e politica in modo che in uno Stato moderno il pluralismo esistente assicuri la libertà religiosa e i diritti umani fondamentali di tutti. Altrimenti rischiamo di fare un miscuglio che diventa più dannoso del rimedio che si vuole raggiungere. Certo l’organizzazione delle Nazioni unite ha i suoi limiti ed è importante, come da anni si sta discutendo, arrivare a una vera riforma. Una riforma che la renda uno strumento più efficace e più rispondente a questi cambiamenti che notiamo oggi sia nell’uso della violenza sia nella ricerca di formule nuove di collaborazione e di solidarietà. Detto questo, però, mescolare in una proposta globale religione e azione politica diventerebbe qualcosa che abbiamo superato nella storia e che porterebbe certamente dei danni. È importante che le varie religioni si parlino tra loro e che assieme dialoghino con totale libertà e indipendenza per lavorare insieme per creare una mentalità nel mondo di oggi che porti alla costruzione del futuro comune della famiglia umana in una maniera positiva e solidale. Ma mescolare religione, politica e azione militare mi pare non sia la strada corretta. Del resto la missione della religione è diversa da quella pur nobile del servizio politico e deve sempre rimanere un messaggio aperto, libero, volontario dove la convinzione della verità porta a comportarsi in maniera corretta sia verso se stessi che verso gli altri.
- Questa proposta è un passo in avanti rispetto allo “spirito di Assisi”?
Mi pare che c’è una volontà, da parte di tante persone che rappresentano religioni diverse, di cercare insieme la strada più efficace per andare verso il futuro senza violenza e cercando di rimanere aperti al rispetto dei desideri, delle espressioni, delle coscienze di tutti gli individui. Tale rispetto non implica certo relativismo, ma volontà di ascolto e ricerca libera della verità. La voce del Santo Padre è la voce che richiama questa esigenza di fare in modo che il desiderio innato che è nel cuore delle persone di aprirsi alla trascendenza non vada in direzione di ideologie distruttive, ma diventi una forza che porta progressivamente alla ricerca e all’abbraccio della verità. E ad agire di conseguenza.