Quello che non ti aspetti. Dopo l’Oscar
per La grande bellezza di Paolo Sorrentino,
Toni Servillo sceglie di non
restare nel solco del facile successo.
Smessi i panni del disincantato viveur
che affettava con ironia tagliente le
notti del potere romano, veste ora il saio di un
monaco certosino. È Salus in Le confessioni di
Roberto Andò.
«Scegliere è il privilegio che dà la popolarità
», sorride Servillo, 57 anni di cui una quarantina
vissuti sulle tavole del teatro, dopo
le prime recite nell’oratorio salesiano di Caserta.
«Con Andò, avevamo già affrontato il tema
del rapporto con il potere politico in Viva la libertà, film su un segretario di partito in crisi. Ci
piaceva l’idea di andare oltre. Passeggiavamo a
Parigi e il personaggio di Salus è nato come per
scommessa. Anche se ci tengo a dire che il film
è di Andò».
La storia raccontata nel film è provocatoria fin dalle prime sequenze. Un monaco dal candido
saio esce dall’aeroporto e resta esterrefatto
nel vedere un finto buddhista che si esibisce
per strada. Poi un autista chiama il religioso, lo
carica in auto e lo accompagna in un resort extra
lusso sulle rive del Mare del Nord.
Siamo a Heilingedamm, in Germania, dove
si sta per svolgere una riunione del G8 in cui i
ministri delle economie più potenti del mondo
prenderanno, si dice, decisioni dolorose. Troupe
televisive e giornalisti sono tenuti a bada
dalla sicurezza.
Il monaco Roberto Salus, invece, viene accolto
con ogni riguardo come invitato di Daniel Roché, direttore del Fondo monetario internazionale.
Salus non è l’unico ospite fuori dal
coro. Ci sono anche una celebre scrittrice per
bambini (tipo la J.K. Rowling di Harry Potter)
e una star del rock (strizzatina d’occhio a Bono
degli U2). Le istituzioni internazionali stanno
perdendo popolarità e urge un lifting.
Salus è a disagio, parla poco. Non solo per il
voto del silenzio dei Certosini. In piena notte
Roché lo convoca e tra i due comincia un dialogo
alto, fitto, amaro. Roché sa come vanno
le cose («Il mondo è ingiusto. La democrazia
è una menzogna. Nei Parlamenti ci sono solo
anime morte. I politici di oggi sono illusionisti,
uomini d’affari») e la sua è una strana confessione.
Ma Salus non assolve se non c’è vero
pentimento: per ciò che è stato fatto e per ciò
che si farà. A proposito, cosa si farà? Al mattino
dopo si troverà al centro di un thriller. Gli otto
ministri temono che il monaco sappia troppo.
Inizia un duello fatto di allusioni, minacce, crisi
di coscienza.
Le confessioni è un thriller dell’anima che
ruota attorno alla bella prova di Servillo, esaltata dalle interpretazioni di un gran cast: Daniel
Auteuil (Roché), Pierfrancesco Favino (il
ministro del nostro Paese), Connie Nielsen
(Lucilla ne Il gladiatore), Lambert Wilson, Marie-
Josée Croze.
«Spero che il pubblico voglia mettersi in
gioco», dice Servillo. «Che riesca a farsi guidare
in luoghi che sono normalmente preclusi.
Questi famosi summit in cui si deciderebbero
le sorti del mondo».
Come definirebbe Salus?
«Dire solo che è un uomo di fede è riduttivo.
Certo, ha un credo robusto: si presenta nel luogo
in cui uomini potenti si sentono padroni del
mondo, dicendo che lui invece non è neanche
padrone della sua vita. Salus mostrerà soprattutto
di essere una persona credibile».
Per un attore, interpretare un prete, anzi
un monaco, è una sfida?
«Specie Salus, con la sua dignitosa renitenza.
Parla poco per non dire mai ciò che non
pensa. Rispetto ai politici di oggi, abituati a fare
proclami a vuoto, il contrasto è totale. Lui e Roché
rappresentano gli opposti, i due poli possibili
dello stare al mondo».
Chiave del film è il proverbio napoletano
che Salus dice all’inizio?
«In realtà, si tratta di una poesia di Ferdinando
Russo che io recito a teatro. Se l’angiulillo
in questione è Roché, il monaco chi sarà?».
Salus sussurra con disincanto verità
spiazzanti, come Gambardella ne La grande
bellezza. Uno laico e l’altro religioso, esprimono
la stessa visione?
«Per carità, sono in totale disaccordo. Uno
dei danni peggiori che si può fare oggi è mischiare
tutto, così il pubblico non ci capisce più
niente. Specie i ventenni».
Guardando il film, lo spettatore si chiede
se in questi famosi G8 il livello dei discorsi
voli davvero così alto...
«Un film non si limita a fotografare la realtà,
offre una visione. Immagino che il direttore
del Fondo monetario internazionale sia una persona con qualità intellettuali. Gli altri politici
sono grigi. Eccezion fatta per le due donne,
nelle cui parole c’è un barlume di umanità».
Per il tormentato mondo di oggi, la speranza
sono le donne?
«Concordo pienamente. Se le donne avessero
più potere decisionale...».
Le capita di scegliere un ruolo pensando
al giudizio dei suoi figli, Eduardo e Tommaso?
«Non mescolo il sentimento paterno con il
mestiere di attore. Certo, mi capita di scegliere
responsabilmente pensando che nel mio pubblico
ci sono anche giovani, come i miei figli».
Lei dice di aver fatto il camorrista senza
essere delinquente, di aver impersonato Jepp
Gambardella senza aver mai frequentato il jet
set. Non ama perciò parlare del suo rapporto
con la fede. Crede, comunque, che oggi vadano
ricuperati certi valori?
«Amo astenermi dalla perniciosa abitudine
di farsi i fatti degli altri. Penso che oggi si
debbano ricuperare i valori di una moralità legata
alla credibilità, soprattutto nella dimensione
pubblica».