Aprono le porte delle proprie case ai migranti. Non una metafora. Ma una realtà. A Torino famiglie e parrocchie hanno risposto all'appello dell'arcivescovo a stretto giro di posta. Il 29 agosto monsignor Cesare Nosigliache aveva chiesto a tutti un impegno concreto che aumentasse la disponibilità fin qui dimostrata (almeno 500 posti messi a disposizione). Difficile forbnire cifre precise poiché il quadro si aggiorna di ora in ora: al momento si stima che abbiano aderito una quindicina di parrocchie e circa 60 famiglie. «L'unico dato certo – spiega Sergio Durando, direttore dell'Ufficio diocesano per la Pastorale Migranti – è che la comunità cristiana, nel suo insieme, sta rispondendo all'invito con straordinaria prontezza. Abbiamo ricevuto proposte non solo da Torino, ma da tutto il Piemonte».
E' una solidarietà dai tanti volti. C'è la disponibilità delle parrocchie (alcune in pieno centro, come quella di San Carlo, altre nei comuni della cintura, come Rivoli e Rivalta), c'è l'impegno dei seminari, quello degli ordini religiosi (la famiglia salesiana, ad esempio, si sta preparando per accogliere 16 rifugiati), delle congregazioni e delle associazioni. Ma l'aspetto forse più sorprendente riguarda i privati: «Molte famiglie si stanno facendo avanti – spiega Durando – con modalità differenziate: alcune hanno degli alloggi liberi e intendono metterli a disposizione, ma c'è anche chi propone di accogliere una o due persone in casa propria». All'ufficio migranti spetta il delicato compito di abbinare le proposte con le necessità, basandosi anche sulle segnalazioni della Prefettura, della Caritas e delle altre associazioni che operano con i migranti.
E il “modello Torino” potrebbe far scuola. La lettera dell'Arcivescovo conteneva un invito molto preciso: a ogni unità pastorale veniva chiesto di organizzarsi per ospitare almeno 5 profughi. L'obiettivo è di evitare le grandi concentrazioni di migranti in un unico luogo e di optare invece per una distribuzione “capillare”, cosa che dovrebbe anche facilitare il processo di integrazione.
Tra le prime comunità che hanno aderito all'invito c'è quella di Rivoli, piccolo comune alle porte di Torino dove l'accoglienza ha messo radici da tempo. Quattro parrocchie lavorano insieme per combattere povertà e disagio: «Già due anni fa – spiega don Giovanni Isonni, uno dei parroci coinvolti - abbiamo trasformato un'ex canonica in dormitorio notturno da 10 posti e messo a disposizione 3 alloggi per famiglie con bambini. Attualmente stiamo ospitando 12 persone». Alla nuova emergenza la comunità risponde aprendo ai profughi una casa per giovani: «è una struttura confortevole ed efficiente, dotata di cucina e servizi igienici. Lì ospiteremo 10 migranti, che potrebbero arrivare già nelle prossime ore».