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domenica 28 maggio 2023
 
La lettera
 

Torino, la Chiesa dà i compiti al nuovo sindaco

23/06/2016  Famiglie, giovani e poveri: in vista della festa di san Giovanni, il santo patrono, l'arcivescovo monsignor Cesare Nosiglia elenca priorità, indica strade, sollecita soluzioni. "Tu sei mio fratello": un messaggio super partes a tutta la città, rivolto non solo ai credenti, ma a ogni persona di buona volontà.

In alto, da sinistra: il nuovo sindaco di Torino, Chiara Appendino, e l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia. Qui sopra: l'arcivescovo il 29 dicembre 2015, durante la quinta edizione dell'iniziativa benefica "Cena a Mille" che ha visto chef stellati preparare un pasto per persone in difficoltà accolti e serviti presso il Lingotto. Fotografie dell'agenzia Ansa.
In alto, da sinistra: il nuovo sindaco di Torino, Chiara Appendino, e l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia. Qui sopra: l'arcivescovo il 29 dicembre 2015, durante la quinta edizione dell'iniziativa benefica "Cena a Mille" che ha visto chef stellati preparare un pasto per persone in difficoltà accolti e serviti presso il Lingotto. Fotografie dell'agenzia Ansa.

Non è una lettera come le altre. I contenuti che affronta, ma soprattutto il momento storico nel quale viene presentata le danno un peso che va ben al di là della dimensione ecclesiale. Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ha reso noto il suo messaggio alla città per la festa del patrono, san Giovanni Battista, che si celebra il 24 giugno. Ma il testo, quest'anno più articolato del solito, arriva anche all'indomani di un ballottaggio elettorale destinato a sovvertire gli equilibri politici consolidati. In maniera eclatante quanto inattesa, con il 54% dei voti, la giovane esponente del Movimento 5 Stelle, Chiara Appendino, ha conquistato la carica di sindaco, ponendo fine a un governo di Centrosinistra che sotto la Mole persisteva da 23 anni, dall'avvento cioè del cattolico Valentino Castellani.

Inizia una nuova era, fra incertezze, speranze e timori. Nel suo messaggio, monsignor Nosiglia affronta temi sociali, come quello delle periferie, che sono stati determinanti in campagna elettorale. Nel presentare il testo si dice «pronto a un dialogo costruttivo con la nuova amministrazione», attento però a non farsi tirare per la giacca da chi vorrebbe ricondurre le sue affermazioni a un preciso schieramento. «Non sta a me dare giudizi o pagelle» precisa «e le mie parole sono rivolte a tutti, non certo solo alla classe politica».

Che la lettera avesse una natura particolare lo si poteva intuire dal luogo scelto per la presentazione: non il Seminario Metropolitano o la Curia, come accade di solito, ma il Circolo della Stampa, una cornice “laica” per sottolineare la destinazione globale del messaggio, non limitato al mondo cattolico. La lettera è intitolata “Mio fratello abita qui” ed è un'appassionata esortazione alla coesione sociale. E' imperniata su tre cardini fondamentali: famiglia, giovani, povertà.

«Basterebbe viaggiare su alcuni tram che attraversano la città dal centro fino ai suoi confini» si legge nel testo, per constatare «di quante realtà diverse sia fatta Torino. La posta in gioco è molto più alta del semplicistico decentramento (per altro ancora necessario soprattutto quando viene superato per sole ragioni economiche). In gioco c’è un umanesimo rinnovato, che non si appoggia sui doveri dello Stato contrapposti ai doveri dei singoli, ma lavora ad un pieno coinvolgimento paritario delle persone e dei corpi sociali del territorio». Al delicato rapporto centro-periferie il presule dedica un capitolo del suo messaggio. E la scelta fa riflettere, poiché “ricucire le due Torino” è stato finora il mantra programmatico della neo-sindaca pentastellata, certamente uno degli elementi che più hanno pesato nel determinarne il trionfo. Ma in realtà di questo tema la Chiesa torinese si occupa da anni, facendo suo l'impegno a non abbandonare le periferie esistenziali così presente nell'insegnamento di papa Francesco.

Alla famiglia l'Arcivescovo, in linea con la tradizione della Chiesa, affida un ruolo guida: «è il punto di riferimento naturale di ogni società e di ogni cultura nel nostro territorio; è l’ambito in cui si sviluppa, nella dimensione del gratuito, l’educazione alla fraternità». Eppure la famiglia non fa notizia: «si preferisce guardare a certe situazioni eccezionali piuttosto che aiutarci reciprocamente a riflettere sull’ordinario, sulla vita quotidiana di tantissime famiglie che è fatta, nella nostra Torino di oggi, anche di difficoltà economiche ed educative».

Il tutto è reso più difficile dalla precarietà del lavoro, una nota dolente. Dati Istat relativi al capoluogo piemontese raccontano un tasso di disoccupazione generale quasi triplicato nell'ultimo decennio, dal 4,2% del 2006 all'11,9% del 2015, anche se l'anno passato è stato leggermente migliore del precedente, segnando, dopo anni di costante aumento, una piccola inversione di tendenza. Ma i dati si fanno quanto mai drammatici se si prende in esame la disoccupazione giovanile, attestata, negli ultimi anni, al di sopra del 40%. Una particolare attenzione spetta, nelle esortazioni del Pastore, ai cosiddetti neet, i giovani che non studiano né lavorano, prigionieri di «un loro mondo sostenuto e incoraggiato da chi trae vantaggi economici e ne sfrutta le tendenze al disimpegno e allo sballo».

Anche il crescente impoverimento di singoli e famiglie rappresenta un'indubbia emergenza. Secondo stime recenti delle Caritas diocesane, in Piemonte il 17% della popolazione vive in situazione di fragilità economica. 2.000 sono i senza fissa dimora. Nella sola area metropolitana di Torino, sempre secondo la Caritas, abitano 200.000 poveri, la metà dei quali in condizioni di disagio grave. Monsignor Nosiglia invita a includere tra i poveri non solo le persone soggette a privazioni economiche, ma anche tutti coloro che sperimentano la marginalità e potenzialmente l'abbandono: gli immigrati, i rifugiati, gli anziani, i disabili.

 La lettera, però, è tutt'altro che un bollettino di guerra sui mali della città. E' invece un accorato invito alla fratellanza, da vivere a tutti i livelli. «Non importa se nel condominio o a scuola, sul lavoro o per strada ti trovi accanto Abdul o Giovanni, una famiglia o una persona, senegalese o afgana. È pur sempre un fratello o sorella che chiede di avere una vita dignitosa, qui nella nostra città. E impiegherà le sue risorse ed energie perché rimanga tanto bella e accogliente da giustificare il suo viaggio». In vari passaggi l'Arcivescovo fa esplicito riferimento alle parole e ai gesti del Pontefice. Non è certo un caso. Il messaggio viene reso noto a un anno esatto dalla visita di Francesco a Torino. Il 21 e 22 giugno 2015, durante il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco e l'ostensione della Sindone, il Santo Padre ha riabbracciato la sua terra d'origine. «Due giorni indimenticabili» ricorda monsignor Nosiglia, che nella sua attuale lettera per San Giovanni ha voluto «raccogliere il cuore vivo del messaggio del Papa, il centro del suo invito: cercare di essere, davvero, fratelli. Non solo concittadini, non solo persone impegnate in un progetto comune, ma fratelli».

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