Torino e il Piemonte si mobilitano per
dar seguito all'appello di papa Francesco e dell'arcivescovo Cesare
Nosiglia sull'accoglienza dei migranti. L'invito ad aprire case e
istituti religiosi per aiutare chi fugge dalla guerra e dalla
disperazione trova risposta in tanti gesti concreti. Dall'inizio di
settembre più di 120 famiglie e una settantina di parrocchie (ma i
numeri si aggiornano di continuo) hanno dato la loro disponibilità.
Per i responsabili delle comunità religiose, in particolare,
l'ufficio di Pastorale Migranti ha organizzato un incontro durante il
quale sono stati esaminati aspetti tecnici, giuridici e organizzativi legati
all'ospitalità. Tanti i sacerdoti presenti.
Per qualcuno di loro
l'accoglienza dei migranti non è una novità.
A Rivalta, paese alle porte di Torino,
il parroco della comunità dell'Immacolata Concezione, don Paolo
Alesso, ha già ospitato cinque giovani africani provenienti dalla
Libia. «Il 29 febbraio del 2013,
con la fine della cosiddetta Emergenza Nord-Africa hanno dovuto
lasciare la struttura che fino a quel momento li accoglieva e si sono
ritrovarti in strada», racconta il sacerdote, che ha alle spalle
anche un'esperienza missionaria in Algeria. «Inizialmente
hanno abitato nella casa parrocchiale, poi in alcune stanze
dell'oratorio e negli ultimi mesi in un alloggio che abbiamo preso
in affitto. Oggi tutti hanno un impiego: sono benzinai, calzolai e
magazzinieri».
Secondo il sacerdote, la vera sfida sta soprattutto
nei percorsi di accompagnamento e nella capacità di rendere gli
ospiti progressivamente autonomi: «Per chi è cresciuto in un
ambiente molto diverso, inserirsi nel nostro quotidiano, far fronte
alla burocrazia e alle scadenze (dalle rate dell'affitto alle spese
condominiali) è complicato». Le fatiche della convivenza e della
condivisione di spazi comuni non sono mancate, «ma l'esperienza è
stata positiva, grazie anche all'impegno dei laici». All'appello
dell'arcivescovo don Paolo Alesso ha risposto quasi subito: «Da
inizio novembre possiamo mettere a disposizione quattro posti».
Nelle
comunità più piccole, per far fronte all'emergenza ci si mette
insieme. Ad esempio gli abitanti di Piossasco, Bruino e Volvera
(tutti comuni del Torinese) hanno iniziato un cammino comune, con un
incontro cui hanno partecipato 200 persone, 40 delle quali hanno dato
immediata disponibilità. «Nella nostra parrocchia non abbiamo gli
spazi per accogliere» spiega don Giacomo Garbero, parroco a
Piossasco «ma stiamo pensando di prendere in affitto un appartamento
nel quale accogliere alcuni migranti».
L'impegno
di famiglie, parrocchie e comunità religiose rappresenta una risorsa
straordinaria. Che però non può sostituirsi alla politica. Sergio
Durando, direttore dell'Ufficio Pastorale Migranti della Diocesi di
Torino spiega che «in Italia appena 450 Comuni (circa il 5% del
totale) hanno dato la disponibilità ad attivare lo Sprar (Sistema di
Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). In Piemonte ci sono
quattro province nella quali nessun Comune ha aderito. Questo crea
enormi problemi di gestione dell'emergenza, che potrebbe essere
affrontata molto meglio con una ripartizione capillare dei migranti
sul territorio nazionale».
Torino è tra le città virtuose: ha
attivato progetti Sprar per 450 persone, prevedendo anche un sistema
di accoglienza nelle famiglie che oggi funge da modello per gestire i
nuovi inserimenti.