Tutte le foto di questo servizio sono dei Musei Reali Torino, credits: Consorzio San Luca 2021
È come un cerchio che si chiude. Nel giorno in cui la Sindone torna a mostrarsi, seppur a distanza, agli occhi di milioni di fedeli, si svela anche, dopo un lungo restauro, lo splendido altare che era stato concepito per contenerla. Il 3 aprile, Sabato Santo, l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, celebra una speciale preghiera in cattedrale, davanti al Telo che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù dopo la deposizione dalla croce: la Sindone, appunto, una tra le più importanti, studiate e discusse reliquie della cristianità. A poche ore da quella liturgia, si concludono i lavori di restauro nella cappella della Sindone (attigua al Duomo), magnifica opera barocca voluta dai Savoia proprio per custodire il Sacro Lino.
E la memoria torna alla notte tra l’11 e il 12 aprile 1997, quando un terribile incendio divorò la cappella, capolavoro del barocco italiano, progettata alla fine del XVII secolo dall’architetto Guarino Guarini. La Sindone (che già precedentemente era stata traslata nel Duomo) venne portata in salvo, grazie all’intervento eroico di alcuni Vigili del Fuoco. Ma nulla si poté fare contro la furia delle fiamme che, nel giro di poche ore, devastarono completamente l’edificio sacro, al punto da far temere un cedimento strutturale e perfino la totale implosione. Quella notte resta nella memoria di tanti Torinesi (e non solo), come una ferita indelebile.
Il restauro è stato un percorso lungo e molto travagliato, ma oggi il capolavoro di arte e spiritualità, che pareva perduto, viene completamente restituito alla comunità e a chiunque lo voglia ammirare. Già nel settembre del 2018 la cappella, che attualmente fa parte del percorso di visita dei Musei Reali, era stata riaperta al pubblico, tra i festeggiamenti. Ma alcune parti portavano ancora i segni del rogo. Tra queste, il sontuoso altare progettato dall’ingegnere e matematico Antonio Bertola, tra il 1688 e il 1694, su commissione del duca Vittorio Amedeo II. Concepito come un enorme reliquiario, l’altare è costruito in mamo nero di Frabosa, con decorazioni e sculture in legno dorato: al suo interno è stato custodito il Santo Sudario dal 1694 al 1993. Con la restituzione di quest’opera, il restauro della cappella della Sindone si può dire, a tutti gli effetti, concluso.
I lavori - co-finanziati da Ministero della Cultura, Fondazione Compagnia di San Paolo e da una raccolta lanciata nel 1997 dalla Fondazione La Stampa-Specchio dei Tempi – hanno interessato le parti lapidee, quelle lignee e le sculture, che la notte dell’incendio erano state messe in salvo, in sacrestia. Anche gli arredi sacri sono stati ricollocati al loro posto.
«Finalmente, a 24 anni di distanza dal terribile rogo, vogliamo celebrare la rinascita di un’opera stupefacente e unica, la cui maestosa struttura era insieme un segno di rispetto per la reliquia, un punto focale per i fedeli in preghiera e una celebrazione del potere della casata regnante» sottolinea la direttrice dei Musei Reali, Enrica Pagella. «Celebriamo questa contemplazione nella nostra Cattedrale e qualche metro sopra di noi possiamo vedere, finalmente restaurata, la Cappella inventata da Guarino Guarini, che fu la prima “casa” della Sindone qui a Torino» aggiunge mons. Nosiglia, nel suo messaggio in preparazione alla preghiera del sabato santo. «Un segno importante, che ci dà coraggio sulle nostre capacità di riprenderci anche dagli eventi più gravi».
Normalmente, alla Cappella non si accede dal Duomo, ma dal vicino Palazzo Reale. In questo momento, però, le disposizioni anti-Covid sulla chiusura dei musei non rendono possibile l’ingresso di visitatori. Per questo, si è deciso di tenere aperto, fino al 7 aprile, il grande finestrone della cappella che si affaccia sulla cattedrale, per consentire a chi è nella navata di posare lo sguardo sull’altare appena restaurato. «E mi auguro» conclude l’arcivescovo «che non mancheranno, presto, occasioni per portare anche lassù la presenza di una liturgia che ricollega la nostra cultura e il nostro passato al “presente” della preghiera della Chiesa».