In un’Italia sempre più divisa, cristallizzata in fazioni contrapposte, destra e sinistra s’incontrano al supermercato. È infatti a Giuseppe Tornatore (Oscar per Nuovo cinema Paradiso e regista di successi come Baarìa, Stanno tutti bene, La leggenda del pianista sull’oceano, La sconosciuta) che Bernardo Caprotti, padre padrone della maggiore catena di grande distribuzione alimentare del nord Italia (nonché principale concorrente della Coop), ha affidato la realizzazione del cortometraggio Il mago di Esselunga. «Lo si può definire un commercial ma io preferisco considerarlo un film di formazione», sottolinea Caprotti, 85 anni pieni di energia, a capo di un impero che l’anno scorso nei suoi 140 negozi ha fatturato oltre 6 miliardi di euro. «L’idea era quella di spiegare ai nostri clienti, che oggi sono più di 4 milioni e 300 mila, quanto impegno ci sia dietro ciò che loro trovano sui nostri banchi vendita. In particolare, l’importanza dei tre enormi centri di distribuzione che riforniscono quotidianamente i nostri supermercati. Che tipo di lavoro facciamo? Mi piace pensare che noi distribuiamo qualità».
Tornatore ha subito scartato il formato del documentario («Nessuno lo avrebbe visto») preferendo puntare su una storia, una breve fiction a metà tra avventura e fiaba di cui è protagonista una tipica famiglia italiana: papà, mamma e ragazzino persi, o meglio immersi, dentro un supermercato. «Tra un film e l’altro, mi capita di accettare di girare qualche pubblicità», spiega Tornatore, 55 anni, radici sicule ma romano di adozione, presto sul set di The best offer prima di dedicarsi a Leningrad, il kolossal da oltre 100 milioni di dollari sull’assedio nazista di San Pietroburgo, che Sergio Leone avrebbe voluto girare. «Quando qualcuno me lo chiede, non rapporto quel progetto ai massimi sistemi o alla mia filmografia. Cerco semplicemente di lavorare bene, magari incuriosito da uno spunto o invogliato dalla possibilità di utilizzare qualche nuovo strumento tecnico poi utile per il cinema. Questa volta, però, a catturarmi è stata tutt’altra faccenda».
A che cosa si riferisce?
Caprotti è bravissimo a raccontare, un affabulatore. Mi ha incuriosito. Volevo saperne di più. Ho potuto girare in piena libertà dietro le quinte dei supermercati e del mega centro di distribuzione di Pioltello. Sono rimasto sorpreso dai livelli qualitativi, dalla tecnologia, dall’orgoglio delle 20 mila persone che lavorano per Esselunga. Non mi si chiedeva di dare il belletto a una realtà commerciale dalle brutture nascoste. E poi c’era un ossimoro.
Addirittura…
Quando ti commissionano una pubblicità, pensi al massimo a uno spot da 60 secondi, che sia però riducibile a 30, che poi è il taglio più utilizzato in televisione. Caprotti voleva invece un mini film da 15 minuti. Un controsenso. Allora, gli ho domandato quale utilizzo ne volesse fare.
Cosa le ha risposto?
Che avrebbe confezionato un dvd da regalare ai clienti fidelizzati negli anni da Esselunga per spiegare, farsi conoscere, rafforzare la motivazione della loro fiducia. Restava giusto da fissare il numero di copie del dvd.
E lui?
Cinque milioni di copie, da distribuire a partire dal 10 ottobre alle casse di tutti i suoi supermercati. Pazzesco. Io, al cinema, 5 milioni di spettatori me li sogno! Un mio film li raggiunge solo quando passa in Tv. Questa folle idea mi ha molto intrigato. Così ho cominciato a scrivere una storia.
Come mai ha scelto un taglio fiabesco?
Era il migliore per coniugare la moderna tecnologia del supermercato con ciò che c’è dietro. Grazie a effetti speciali, con salti spazio-temporali ho potuto trasformare in immagini la filosofia racchiusa in una frase che Caprotti ama ripetere: ‘Ci impegniamo per far sì che la campagna, il mare, la natura siano più vicini al carrello della spesa della mamma.
Lei, Tornatore, come artista e uomo di cultura si è apertamente schierato con il Pd. In passato, ha pure girato spot per la Coop. Mentre Caprotti, il fondatore di Esselunga, non ha mai fatto mistero di essere stato da ragazzo “un balilla di Mussolini”…
Sinceramente, non credo di aver tradito nessuno facendo questo film. Se qualcuno, a sinistra, la pensa diversamente, mi dispiace per lui. Io, quando lavoro, non chiedo mai a chi ho di fronte la tessera di partito. La cosa bella che mi ha insegnato il cinema è l’apertura verso gli altri. Ci possono essere spazi di collaborazione fattiva anche tra persone che la pensano in maniera differente. Anzi, devono esserci. Inorridisco all’idea di un’Italia ghettizzata in fazioni. Mi piace pensare invece che, lavorando assieme, qualcuno possa conquistarmi con la sua visione. O, magari, appassionarsi alla mia.