Con L’Abisso Davide Enia ha vinto il premio Maschere 2019 come migliore interprete di monologo. Chi vede lo spettacolo, breve e intensissimo, non fa fatica a capire il perché. E infatti viaggia dal 2018 in tutta Italia, il 23 ottobre 2020 sarà al Teatro Sanzio di Urbino e, alla fine, succede ancora di trovare tutti in piedi ad applaudire con gli occhi lucidi.
Se esiste una cosa che si chiama teatro civile è questa cosa. Dentro c’è tutto lo stile di Enia: la sua lingua evocativa intrisa di sicilianità conosciuta fin dai tempi di Rembò, piccolo capolavoro che parlava di calcio e di sogni. In Enia, scrittore e drammaturgo, non c’è cesura tra parola scritta e detta in scena, tra dimensione personale e collettiva, perché è, lì nell’osmosi tra l’io, il noi, il loro, che la sua parola diventa potente e collettiva. Con l’abisso ci porta nell’Abisso, marino, civile, morale, fisico, che sperimenta chi vive e lavora attorno al molo Favaloro di Lampedusa, dove a chi pesca pesci può accadere di pescare quel che resta degli uomini e dove a chi pesca bambini capita di rischiare di pescare ogni giorno la propria morte. L’abisso è una storia, non inventata e sbagliata: una storia di sommersi e salvati che ci riguarda anche quando facciamo finta di no e in cui Enia ha la forza di trascinarci come in un abisso vincendo, con onde di parole, tutte le nostre resistenze anche grazie al continuo passare tra personale e di tutti, tra il mondo interiore di Enia e il nostro che non riusciamo a capire come conosca così bene. Alla fine in realtà lo capiamo, con l’ultima immagine, che proprio per questo sarebbe un tradimento svelare.