Un "cattle camp" sud sudanese. In copertina Mario e Cristina Pasini, volontari per la Fondazione Cesar in Sud Sudan, nella cittadina di Cuibet.
Un obiettivo è stato raggiunto. È soddisfatta Mariangela Rossini, presidente della Fondazione Cesar, mentre racconta quanto fatto in Sud Sudan della Fondazione Mons. Cesare Mazzolari onlus (Cesar), che da 15 anni sostiene la diocesi di Rumbek. L'obiettivo raggiunto è la costruzione di una scuola di formazione per insegnanti, che sarà gestita dai gesuiti.
Una vittoria per un Paese dove attualmente ci sono in tutto 14 insegnanti diplomati. Una carenza che dipende anche dalla differenza tra lo stipendio di un insegnante, che è di 270 sterline sudanesi (circa 45 euro) e quella di un soldato, che viene pagato 1.000 sterline sudanesi (160 euro), e questo fa sì che molti insegnanti abbandonino le scuole e si arruolino nell'esercito.
L'educazione, in quanto «chiave dello sviluppo» era una della “visioni” di padre Cesare Mazzolari, ha precisato la sorella Marianna. Lui, originario di Concesio (Brescia), e veronese d'adozione, missionario comboniano, ha speso 30 anni a fianco della popolazione sud sudanese, di cui 12 come vescovo della diocesi di Rumbek. «Solo dalle nuove generazioni può venire il cambiamento della società, della mentalità. Con una buona educazione, i giovani possono tornare a capire che il valore della vita è più importante della guerra», spiega padre John Mathiang Machol, incaricato di coordinare la diocesi di Rumbek, ancora orfana di vescovo dopo la morte di mons. Cesare Mazzolari, avvenuta a luglio 2011, accasciatosi mentre celebrava la messa.
L'attività del Cesar ‒ nata come associazione e poi trasformatasi in Fondazione (www.cesarsudan.org) per tutelare la memoria, le opere e l'alta figura di mons. Mazzolari ‒ tesa a risollevare le sorti di un Paese ricaduto nella guerra civile, è articolata. «Stiamo sostenendo il lavoro pastorale della parrocchia», continua la presidente, «attraverso il progetto “Giustizia e pace”, perché c'è necessità di riconciliazione, di perdono reciproco».
Oggi il Paese dipende dal petrolio, che rappresenta il 98 per cento delle entrate governative
Mario e Cristina Pasini, volontari della Fondazione, sono appena rientrati dal Sud Sudan, dove sono andati per monitorare la situazione e capire quali sono i bisogni. Perché sostenibilità dei progetti significa innanzitutto partire da ciò che chiede la popolazione. Ancora una volta, l'Africa cammina sui piedi delle donne, che qui devono faticare di più, visto che a loro è negata ogni opportunità di crescita formativa; sono analfabete, prive di educazione igienico-sanitarie e abbandonate a sé stesse.
Non solo: da tradizione, esse vengono date in moglie in cambio di un numero stabilito di capi di bestiame, simbolo di ricchezza all'interno delle comunità locali. «Le mucche valgono molto di più delle persone, e senza le mucche non si trova una moglie», lo sa bene padre John, che è cresciuto nei “cattle camp” di Rumbek, ovvero i campi-bestiame, dove gli allevatori vivono in simbiosi con i propri bovini, che rappresentano le vere “banche”. Dove i bambini non vengono mandati a scuola, perché è sempre “troppo lontana” e perché servono braccia. E dove la proprietà contesa delle mucche è spesso il vero motivo delle ostilità, prima ancora delle divisioni etniche.
«Nonostante la paura e la miseria derivanti dal conflitto, non ci fermiamo, cercheremo di migliorare le condizioni di alcuni gruppi di donne particolarmente disagiate, attraverso lo sviluppo agricolo», aggiunge padre John, «che, in prospettiva, potrà aiutare il Paese a risollevarsi economicamente e a ridurre la dipendenza dal petrolio, che oggi rappresenta il 98% delle entrate governative».
(Foto Scalettari)
"Per noi il Vangelo è sviluppo e promozione umana"
«Attraverso un programma formativo ben strutturato in ambito agricolo», sottolinea la presidente Rossini, «cercheremo di insegnare alle donne un lavoro per un minimo di auto-sostentamento. Esperti periti agrari insegneranno loro tecniche sostenibili di coltivazione biologica, facendo leva su mezzi e risorse locali, in modo da fornire, nel tempo, gli strumenti necessari per determinare un'autosufficienza economica. Queste donne ce la possono fare. In fondo, da sempre spetta a loro la cura dei figli, l'attività dei campi, insomma la sopravvivenza della comunità».
In programma ci sono anche la ristrutturazione della cattedrale di Rumbek con la realizzazione, all'esterno, di una sala polifunzionale per un migliaio di persone, e la sistemazione della tomba del vescovo Mazzolari. «Siamo andati a visitare le missioni, ad ascoltare le esigenze, ma siamo partiti anche con un atteggiamento di fede», racconta Mario Pasini. «La Parola di Dio ci porta a creare la speranza in questi luoghi, una speranza fatta di un minimo di sussistenza e di educazione. Per noi il Vangelo è sviluppo e promozione umana».
La Diocesi cattolica di Rumbek è una delle sette diocesi cattoliche della Repubblica del Sud Sudan. È situata nel cuore del Paese, e copre un'area di 65 mila chilometri quadrati: l'intero Stato dei Laghi e la parte meridionale dello Stato di Warrap. Guidata fino alla sua morte da mons. Cesare Mazzolari, la diocesi è formata da 11 missioni e parrocchie, e da una serie di parrocchie secondarie, e conta all'incirca su 150 cappelle.