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domenica 13 ottobre 2024
 
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Tra le rovine di Amatrice, il paese che non esiste più

25/08/2016  Il nostro inviato tra quel che rimane di uno dei borghi più belli d'Italia. Sotto le macerie decine di morti ancora da recuperare. Si cercano i corpi alla luce delle torce. L'Hotel Roma è diventato una gigantesca tomba, sotto ci sono ancora i cadaveri, chi dice settanta, chi dice trenta.

Foto del servizio di Alessia Giuliani
Foto del servizio di Alessia Giuliani

La Torre civica resta lì appesa al cielo con quell’orologio fermo sulle 3,36, ora della orrore, ora della morte. Attorno tutto è stato distrutto dalla scudisciata del terremoto. Amatrice non esiste più, si contano i morti che nella notte, mentre scriviamo alla luce delle torce sono arrivati a 160 nell’area del sisma e ancora si scava alla disperata ricerca della vita nella città. Ma si estraggono solo cadaveri. Su Corso Umberto, spina di questo che era considerato uno dei borghi più belli d’Italia, si sono sbriciolati le case, i negozi, i bar, il palazzo comunale, la Pro Loco, i ristoranti. Non c’è più nulla, solo la Torre civica a guardia della morte e della distruzione. Il paese è diviso in due e la Torre di antica pietra arenaria guarda le rovine, solitaria.

Quanti saranno alla fine i morti di Amatrice? C’è l’orrore dell’ Hotel Roma, notissimo perché qui nel suo ristorante cucinavano con vera sapienza la migliore amatriciana che molti considerano un piatto romano e invece è nata qui. S’incrociano nomi e liste di persone. Il sindaco Sergio Picozzi è disperato: “Sotto le macerie ci sono decine di persone”. La spallata del terremoto ha polverizzato il centro di Amatrice, ma il resto delle case all’ 80 per cento è inagibile. Adesso che è notte, adesso che le luci dei soccorsi sono le uniche ad illuminare le tenebre sale la paura perché le scosse continuano e le senti nel fragore dei macerie che crollano, tenebra che mette angoscia, poche tende a fare da ricovero e tante gente che piange e si appresta a dormire nei giardini con una coperta e una bottiglia d’acqua accanto.

Davanti alla chiesa di sant’Agostino gioiello di Amatrice del 1420 con i suoi affreschi e le campane su piccolo campanili le televisioni hanno montato il set dei collegamenti. La facciata romanica è staccata dal resto, mura un po’ in piedi e le altre che sono sparse sulla strada. Non ha resistito alla scossa, dopo averne viste tante. Oltre non si va. Corso Umberto è stato chiuso, troppo pericoloso, perché le scosse continuano e le macerie in bilico formano un merletto con un traforo drammatico pronto ad afflosciarsi. Il dramma perfetto è quello dell’hotel Roma. Secondo il sindaco ci sarebbe stati 70 ospiti al momento della scossa. Il capo della Protezione civile Frabrizio Curcio nel cuore della notte ridimensiona un po’ le parole del sindaco e dice che gli ospito sarebbe stati una trentina. Alcuni sono riusciti a scappare, due sono estratti vivi e due morti.

Così si scava in silenzio, per sentire ogni più flebile lamento, i cani a fiutare le macerie. Ma purtroppo di estraggono solo morti. Tanti, troppi. Dice Francesco Rocca capo della Croce Rossa Italiana: “Ci sono sessanta frazioni colpite e sono molto difficile da raggiungere con i mezzo di soccorsi. E’ peggio dell’Aquila, perché nel capoluogo abruzzese si arrivava con l’autostrada. Qui le strade sono tortuose, strette, scavalcano valli e corrono sulle creste. E non c’è nemmeno tanto spazio per montare le tendopoli, terreno frastagliato e scosceso”. In piazza Sagniotti tre palazzine di tre piani sono un mazzo di carte alte pochi metri, schiacciate dalle travi di cemento armato. C’è gente lì sotto. Si scava con le mani, i volti dei Vigili del Fuoco disfatti dalla fatica, le mascherine per proteggere dalla polvere che non se ne va mai. Arrivano i cani. Un pastore tedesco nerissimo annusa e poi abbaia verso il suo conduttore. Segna un punto, si scava. Affiora un materasso, una striscia di sangue.

Stendono un lenzuolo, come un sudario. Li hanno trovati abbracciati nel letto. Ma ce ne sono altri. I parenti sono lì abbracciati ai poliziotti, gli occhi rossi di pianto. Le ore che passano affievoliscono la speranza, mentre altri sudari vengono portati sulle macerie a proteggere altre vite ormai sparite. Si va avanti nella notte. Anche le lacrime sono finite.

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