Dinanzi alle situazioni più incomprensibili della vita, c’è chi pensa che tutto abbia una spiegazione razionale e chi, invece, crede che tutto sia governato da un destino cieco e ineluttabile. In che modo la fede può gettare luce sulla realtà? - ANDREA
Dinanzi alle diverse vicende della vita, alcune delle quali ci appaiono almeno in prima battuta incomprensibili e talvolta perfino assurde o insopportabili, ci si può sforzare di cercare in tutto una motivazione razionale, una ragione lineare e quasi matematica che in qualche modo attutisca il colpo; oppure, al contrario, si può scivolare nel fatalismo rassegnato di chi semplicemente si lascia portare dal caso, arrendendosi all’idea che c’è un destino cieco rispetto al quale non possiamo far nulla. In un modo o nell’altro, la tentazione è di volere a tutti i costi “spiegare” la vita, incasellandola in qualche categoria da tenere sotto controllo.
Vale qui la pena ricordare una delle tante belle intuizioni di Luigi Pirandello: «La vita non si spiega, si vive». Non che bisogna rinunciare a cercare delle ragioni negli eventi che viviamo, ma occorre al contempo liberarsi dall’idea che possiamo giungere a una minuziosa spiegazione razionale su tutto. La vita è un mistero che rimane sempre più e, nei suoi particolari magari più scabrosi o non digeribili, la si “comprende” soltanto vivendola, attraversandola, affrontandola.
È su questo piano che si può considerare il contributo fondamentale della fede cristiana. Essa non serve come “spiegazione” del mondo o della vita ma, piuttosto, illumina dal di dentro le vicende umane, anche quelle dolorose e assurde, aiutandoci a coglierne il senso e a non soccombere sotto il peso degli eventi più difficili. La fede cristiana, infatti, ci aiuta a cogliere il significato di quanto viviamo e a interpretare la realtà che ci circonda, donandoci uno sguardo nuovo sulle cose, sulle situazioni e sugli eventi, perché in tutto ci fa intravedere la cura di Dio per noi, la sua provvidenza amorevole, la tenerezza con cui veglia sui passi del nostro cammino. Così, dalla fede riceviamo l’intima consolazione di sapere che la storia è saldamente posta nelle mani di Dio, che si fa vicino anche dentro all’esperienza del dolore o dell’assurdo e non permette che gli eventi ci travolgano in modo definitivo. Per questo san Paolo scrive: «Siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi» (2Corinzi 4,8-9).
Pur restando feriti e sconvolti, cioè, la fede ci aiuta a leggere e vivere anche gli eventi più dolorosi, facendoci cogliere in tutto – anche se non subito e non senza “lavoro interiore” – un senso nascosto, un’opportunità, un’occasione di cambiamento, talvolta una “lezione” da imparare. Dunque, dinanzi all’assurdo, all’incomprensibile, a ciò che è contrassegnato dal dolore, il cristiano, pur soffrendo come tutti, è sostenuto dalla certezza che Dio è presente, lenisce le ferite, consola il cuore, rinvigorisce le forze utili ad affrontare le vicende quotidiane, e sempre volge al bene ogni cosa, guidando la storia dell’umanità verso una definitiva liberazione dal male.