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martedì 22 aprile 2025
 
Modello Trento
 

«Rimuovere i bisogni? No, sostenere il benessere»

04/08/2016  Il presidente dell’Agenzia per la famiglia: «Il segreto è leggere tutte le politiche in chiave familiare»

Nel 2011 nasce l’Agenzia per la famiglia della Provincia di Trento, una struttura parallela agli assessorati che risponde direttamente al presidente della Provincia. Alla guida dal 2011 c’è Luciano Malfer, che spiega il funzionamento e i buoni risultati delle politiche familiari in questa parte della regione.

Qual è il vostro segreto?


«Non rimuoviamo un disagio, ma quello che facciamo è sostenere un benessere. Convinti che non è l’assistente sociale che si occupa di politiche familiari. E non c’è un assessore, ma un’intera giunta al lavoro. Perché la famiglia è una risorsa e non un problema e bisogna leggere tutte le politiche in maniera familiare. Questa chiave di lettura il sociologo Pierpaolo Donati la chiama family main streaming (“la famiglia al centro della corrente”)».

La vostra forza sono i distretti per la famiglia. Cosa sono?

«Sono 15 territori omogenei della Provincia che mettono in campo, volontariamente, quello che hanno per favorire la famiglia e diventare Family friendly. Hanno aderito ai vari distretti sino a ora 100 organizzazioni (70% private, 30% pubbliche). Si tratta di Comuni, Asl, imprenditori, commercianti, albergatori, aziende, cooperative sociali, associazioni. Un pullulare di offerte che lavorano anche per lo sviluppo locale. È una forma di politica a costo zero perché non si investe denaro pubblico e sono le organizzazioni che vogliono farne parte. Lo slogan è: “Lavoriamo sulle società di relazioni invece che sulle società per azioni”».

Come si diventa Family friendly?


«È un marchio che diamo a chi rispetta certi criteri. Per esempio a un ristorante si chiede di attuare attenzioni di vario tipo: una tariffa per le famiglie numerose; la bibita gratis ai più piccoli; sconti ai bambini il giorno del compleanno; l’uso del seggiolone, gli spigoli arrotondati sui tavoli per evitare incidenti; il parcheggio per i passeggini; i fasciatoi nei bagni di mamme e papà; lo spazio per l’allattamento».

Cosa intendete, invece, quando parlate di Family Audit?


«Nei distretti una delle iniziative è l’idea di aggiungere alle tante certificazioni quella sulla conciliazione famiglia-lavoro. Siamo convinti che crei flessibilità e cultura aziendale. Aumenta le opportunità per i dipendenti e migliora le performance dell’azienda. I dati confermano che le 190 aziende col marchio Family Audit hanno dei ritorni economici evidenti, come la riduzione dei permessi per la malattia dei figli e la riduzione degli straordinari».

Conta essere una Regione a statuto speciale e avere tanti soldi?


«Assolutamente no. Non contano i soldi. In queste politiche la vera carta vincente è un modello di gestione che concepisce la famiglia come risorsa della società. Lo facciamo da dieci anni con un’architettura di politiche che prescinde dall’aspetto economico. Nella logica classica si distribuiscono assegni. Nella nostra Provincia le cose non funzionano in questo modo. E il modello devo dire dà buoni risultati: abbiamo protocolli con Regioni e Comuni per verificare l’applicabilità in altri territori, come la Sardegna, la Puglia e stiamo discutendo i temi con il Dipartimento nazionale sulla famiglia».

(Foto: Beatrice Mancini)

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