Dal
2007, il Trentino Volley è la società più vincente di tutta la pallavolo.
Venerdì si è aggiudicata il quarto mondiale per club di fila, manifestazione in
cui ha vinto tutte e 20 le partite disputate: in finale ha superato 3-0 i brasiliani
del Sada Cruzeiro.
- Radostyn
Stoytchev, come si crea un ciclo del genere?
“Il
percorso è iniziato 6 stagioni fa", racconta il tecnico bulgaro, 43 anni, ex
palleggiatore e figlio d’arte, "noi ci siamo uniti al progetto societario, costruito
in ambiente giusto”.
- Il
libero Andrea Bari, il centrale Emanuele Birarelli e lo schiacciatore Matej
Kaziycky hanno messo in bacheca 13 trofei. Qual è stato l’inserimento chiave?
“Abbiamo
sempre cercato giovani, con tanta fame di successi. Alcuni sono andati via,
tutti però hanno contribuito. Dapprima magari i simboli erano Kaziyski e il
palleggiatore serbo Nikola Grbic, poi il suo sostituito Raphael, con l’altro
brasiliano Vissotto, adesso la stella è Osmany Juantorena, però nel torneo di
Doha gli stessi Birarelli (premiato come miglior muro, mentre Stokr è stato il
miglior schiacciatore, n.d.r) e Bari hanno dato un contributo enorme”.
- In
8 sfide olimpiche, i brasiliani hanno sempre battuto l’Italia, invece Trento ha
superato il Cruzeiro per due volte, in Qatar.
“Nazionali
e società sono realtà differenti, gli azzurri soffrono anche la Russia, non è
un paragone da fare, il nostro stile di gioco è diverso. La squadra di club si
modella, rafforzandola nei ruoli che servono, in Nazionale giochi con quanto
hai e c’è poco tempo per costruire”.
- In
Oriente vi hanno seguito 50 tifosi, al PalaTrento gli abbonati sono 2600.
“E’
quasi sempre pieno, nei suoi 4.500 posti. I sacrifici del gruppo sono
apprezzati, in questi giorni ho visto cose che non immaginavo, in campo e in
allenamento, la voglia di vincere questo mondiale ha fatto la differenza”.
- Il
momento più divertente della finale?
“Avanti
1-0 e poi di 7 punti, quindi avevamo già praticamente vinto anche il secondo. Juantorena
rincorre una palla impossibile, sale sopra il led luminoso per salvarla, cade
male sul tavolo, la caviglia si blocca in maniera molto pericolosa, accorrono
medico e fisioterapista, arriva il palleggiatore Raphael e gli dice: “Anche se
sei morto, alzati e gioca. Non mi interessa cos’hai, guai se ti infortuni”.
Dopo poco è tornato in campo e ha finito la gara, meritando il premio di miglior giocatore del match”.
- Va
beh, ma la rosa è ampia...
“Ogni
stagione abbiamo le nostre difficoltà, giocando ogni 3 giorni, nelle varie
manifestazioni. Si susseguono contrattempi e viaggi. L’anno scorso in Polonia
vincemmo il primo set, nonostante due infortunati, ne persi altri due per
problemi alle caviglie, ci aggiudicammo ugualmente la gara di Coppa, davvero
però non sapevo più chi mettere in campo”.
- In primavera vi era sfuggita proprio la quarta Champions League in sequenza, nella
semifinale contro lo Zenit Kazan.
“Per
questo i ragazzi erano motivatissimi, contro i russi, nella semifinale di Doha.
Dai primi punti sottorete sentivo urla pazzesche, in tutti i timeout neanche
serviva che parlassi perchè comunicavano bene tra di loro. Con quelle
motivazioni era impossibile perdere, difatti non abbiamo concesso set. E dopo
la finale i giocatori non smettevano di piangere, in spogliatoio, si isolavano,
quasi per nascondere le lacrime. Tutta quella pressione era uscita fuori”.
- In
Italia però avete vinto meno: due scudetti, due coppe e una supercoppa.
“In
assoluto, ci siamo aggiudicati 12 finali sulle 17 disputate. Due titoli
tricolori se ne andarono al tiebreak, per soli 2 punti di differenza, è lo
sport”.
- I
giocatori hanno contratti biennali o triennali, il suo scade nel 2014.
“Non
ho mai valutato le richieste arrivate, finchè il progetto esiste, neanche penso
a lasciare Trento, qui mi hanno sempre offerto le condizioni ideali per
lavorare”.
- Anche
grazie al direttore sportivo Beppe Cormio, che aveva portato in Italia Julio
Velasco, a Jesi, nel 19’83.
“Ora
il ds è passato al Siena calcio, come direttore, dopo 5 anni le strade si sono
divise, resta il rapporto”.
- I vostri sponsor sono grandi realtà territoriali, l’Itas assicurazioni e la Diatec, multinazionale dell'industria cartiera, di proprietà del presidente Diego Mosna, anche al vertice della Legavolley.
“Abbiamo un buon budget, molto sicuro, però i dirigenti non hanno mai fatto follie. Non siamo la società che spende di più in Italia, esistono club più munifici in Russia, Turchia, Polonia e Brasile. Sul parquet, i soldi non giocano”.
- Il vostro Presidente cos’ha di speciale, a parte i baffi ottocenteschi?
“Ne ho cambiati tanti, in molti Paesi, altri magari mettono soldi e chiedono i risultati, lui si impegna in prima persona nei piccoli particolari e questo è un merito. In una settimana magari fa 3 viaggi in Brasile, poi va in Svizzera per un giocatore e l’indomani è di nuovo con noi”.
- Mica sceglie lui gli atleti...
“Dà un tetto di spesa entro il quale stare, a quel punto indico prima, seconda e magari terza e quarta scelta”.
- Nel calcio tanti presidenti fanno il mercato...
“Il volley in questo senso è fortunato, diversamente sarebbe molto difficile programmare. Certo discutiamo di acquisti e partenze, la logica del cambiamento però non segue mai l’emozione”.
- Al mondo del pallone cosa invidia?
“Gli scudetti aggiudicati sull’intero campionato. Gli ultimi del volley sono stati attribuiti in una sola partita, il V-day era interessante quanto drammatico, per fortuna a primavera tornerà la finale su 5 gare, diversamente basta che uno non abbia dormito bene, un dolore al ginocchio o un raffreddore per mettere a rischio un anno di lavoro”.
- Il suo podio di successi?
“Il primo scudetto, davanti al nostro pubblico, poi la terza Champions consecutiva, vinta a Bolzano, al PalaOnda, a questo campionato nel mondo: era un momento decisivo, avevamo bisogno della vittoria per continuare il ciclo, perciò ha un sapore speciale”.
- Trento sino a quando può durare?
“Finchè resiste la voglia di vincere e alimentare il progetto. Soluzioni si trovano sempre”.
- Stoytchev, lei legge ancora romanzi, per “ripulire la mente”?
“Lo facevo quando lavoravo di meno. Ora non riesco più a dedicarmi alla letteratura più seria, mi limito a smaltire un po’ l’impegno del giorno”.
- Aveva il doppio incarico, era anche ct della Bulgaria, perchè ha lasciato dopo un anno e mezzo?
“Non andavo d’accordo con la Federazione. Me ne sono andato assieme proprio a Kaziycky e al palleggiatore Andrej Zhekov, in serie A1 con Piacenza. Non scendo a compromessi e lo dico sempre dall’inizio”.