Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 11 settembre 2024
 
 

Triani: La fatica dell'educare

11/02/2014  Le difficoltà ci sono sempre state, ma oggi, gli adulti, possono contare meno sull'appoggio del contesto sociale. Educare è sempre di più una scelta

Parla soprattutto di fiducia, Pierpaolo Triani, pedagogista, uno dei curatori del Rapporto Giovani, dell'Istituto Toniolo, presentato al convegno di Genova. «Una fiducia radicale che bisogna nutrire nei giovani. Perché disperare di un ragazzo è renderlo disperato. Questo non significa che siamo fiduciosi in senso superficiale, ma che ci poniamo in modo da non dare nessuno per perso, ci mettiamo in gioco per far emergere da ciascuno le sue potenzialità».

Nel presentare la ricerca del Toniolo ha usato, oltre a fiducia, anche i termini desiderio, precarietà, partecipazione. Cosa ci dicono queste parole?
«Sono i temi generatori della condizione giovanile e in parte anche della condizione adulta, temi sui quali occorre davvero lavorare per aiutare i ragazzi e i giovani a camminare nella loro umanità. La precarietà oggi, ad esempio, è un aspetto che si tende a vivere perché la vediamo tutti i giorni, dall’altro a negarla perché la vediamo come un fatto esterno. Mi pare invece che fare i conti con la fragilità – ci sono tanti autori che scrivono sull’umanesimo che faccia i conti con la fragilità – sia un aspetto indispensabile per poterci sentire in cammino, senza disperarci».

C’è una fragilità anche del mondo adulto?
«Certamente, c’è una fragilità di tutti gli uomini. E credo che quella del mondo adulto sia anche il non saper riconoscere la propria fragilità. Di volerla semplicemente esorcizzare. A me pare che uno dei modi che gli uomini hanno da sempre si esorcizzare la propria fragilità sia quella di costruire, di generare, di consegnare. Questi sono aspetti che il mondo adulto deve recuperare».  

È soprattutto la classe di quaranta/cinquantenni che ha difficoltà? Prima troppo giovane, ora troppo vecchia, non trova più una collocazione?
«Credo che la fatica che noi quarantenni e cinquantenni facciamo nell’educazione sia un po’ normale. Nel senso che va riconosciuto che c’è una difficoltà educativa permanente. Anche le generazioni precedenti si lamentavano delle nuove generazioni. C’è una difficoltà educativa che sta nei fatti , da sempre. Credo che la generazione degli adulti di oggi sconti di più la fatica di una diminuzione dei dispositivi regolativi esterni«.  

Cioè non c’è più il contesto sociale che ci dà una mano?
«Esattamente. L’adulto prima doveva replicare i dispositivi che la società metteva a disposizione. Oggi, invece, anche l’educazione è sempre di più una questione di scelta. E scegliere di educare è più faticoso che semplicemente fare come fanno gli altri»

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo