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venerdì 11 ottobre 2024
 
 

Il biotestamento e il tribunale

13/01/2011  Una sentenza, a Firenze, riapre e infuoca il dibattito sul testamento biologico, ammettendone la legittimità e prevedendo un "tutore" che rappresenti il malato in caso di incoscienza.

La riunione dei capigruppo della Camera non aveva ancora fatto in tempo a calendarizzare per febbraio 2011 l'esame della legge sul testamento biologico (già licenziato dal Senato ancora nel 2009), che dal Tribunale di Firenze giunge la notizia dell'emissione di un decreto che considera legittimo il testamento biologico e la nomina di un cosiddetto "amministratore di sostegno" per chi si trovi in situazione di impossibilità a decidere sulle sue cure a causa di uno stato di incoscienza. Una sorta di tutore ad hoc, in altre parole, che si prenda la responsabilità davanti ai medici di decidere sulle cure da applicare (o rifiutare) alla persona da lui rappresentata.

Il procedimento giudiziario era partito da un uomo di 70 anni, un farmacista in pensione, che chiedeva di poter compilare un testamento biologico e di nominare una persona di sua fiducia (nella fattispecie la moglie) che potesse decidere, in caso di sua incoscienza, sul "se" e sul "a quali cure ricorrere". Il Comune di Firenze, come è noto, aveva deliberato nell'ottobre del 2009 l'istituzione di un registro per i testamenti biologici, pur in assenza di una legge nazionale che ne prevedesse l'esistenza e ne regolasse il valore. Una circolare congiunta indirizzata a tutti i Comuni dei ministri della Salute Fazio, del Welfare Sacconi e dell'Interno Maroni nel novembre scorso aveva ricordato l'inefficacia giuridica dei suddetti registri, nel frattempo sorti qua e là in Italia (tra l'altro a Bologna, Pisa, Genova, La Spezia, Lecco, Gorizia, Massa, Firenze, Torino ma anche in piccoli comuni come Fiesole, Ciampino, Cerveteri, Alba...). Ora il provvedimento del Tribunale sembra dare ragione al Comune toscano.

Con questo decreto si entra in un altro ginepraio giuridico. Il precedente, molto noto, è stato quello della sentenza del 9 luglio 2008 della Corte d'Appello Civile di Milano, che aveva aperto la strada all'abbandono terapeutico di Eluana Englaro (morta poi a Udine il 9 febbraio 2009). Accade, insomma, che in assenza di norme i giudici riempiono il vuoto legislativo in materie delicatissime attraverso sentenze che fanno stato solo nel singolo caso ma creano pericolosi precedenti. Quanto conta l'ideologia? Molto, probabilmente. Proprio per questo il sottosegretario Eugenia Roccella ha parlato dell'urgenza di creare una legge nazionale che garantisca, con alcuni precisi paletti a tutela della vita, norme certe e di applicazione universale.

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