La violenza negli stadi probabilmente non è il primo problema della Grecia in questo momento, ma è un problema e il Governo greco l’ha preso di petto con una decisione drastica: campionati fermi a data da destinarsi (il rischio è di non cominciare neppure la prossima stagione). Troppa violenza non ci sono le condizioni per continuare, finché non torneranno chiusa bottega.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono gli scontri verificatisi attorno al derby di Atene e durante la partita. Bilancio: un giocatore in ospedale per una miocardia da spavento, un altro colpito senza gravi conseguenze da un petardo, l’allenatore del Panathinaikos colpito da un bicchiere.Gli 11 arresti a seguire, evidentemente, non sono bastati a riprendere il controllo della situazione. A questo punto il Governo ha risposto con un rimedio estremo: la chiusura. La sospensione c’era già stata due volte in questa stagione. La situazione del controllo sui tifosi in Grecia fa acqua, mancano i biglietti elettronici e le telecamere di sicurezza negli stadi, si sta studiando ora l’introduzione della tessera del tifoso che già da noi non ha risolto il problema alla radice.
Un atto di coraggio, da parte del Governo, in un momento in cui – tra tanta esasperazione – toccare il pallone vuol dire rosicchiare il consenso. Un atto impegnativo anche perché il pallone è un’attività economica e la chiusura avrà ricadute su un’economia già disastrata. Non solo, in base alle norme attuali, la Fifa e l’Uefa potrebbero sanzionare la Federazione e la Nazionale greca a seguito di questa decisione unilaterale. Resta il fatto che la violenza negli stadi ma anche attorno agli stadi ha bisogno di una voce forte chiara, di un "basta" deciso.
Il Governo greco, guidato da Tsipras, ha scelto di farla sentire. Qualcosa di simile aveva fatto Luca Pancalli, all’epoca commissario straordinario della Figc, quando negli scontri di Catania perse la vita il Commissario Raciti. Fu una sola giornata, ma l’impatto fu percepito perché nessuno fin lì in Italia aveva osato tanto. La Grecia, dopo aver sospeso per la morte di un tifoso lo scorso novembre, ora osa di più. Blocca tutto, a tempo indefinito. Occorrerà monitorare gli sviluppi per valutare nel concreto l’efficacia della decisione e le sue ricadute.
La vicenda di Roma, in cui abbiamo visto all’opera una tifoseria dottor Jackyll e Mr Hyde, educatissima dentro lo stadio devastante contro i monumenti - dove la Uefa e la Fifa non hanno giurisdizione-, ci ha dimostrato che tenere i violenti lontani dallo stadio può sortire l’effetto di spostare semplicemente il problema e passarne la palla alle città.
Chiudere un campionato, di certo, è una mossa che “spaventa” con effetto sorpresa. Sarà il tempo a dire se sortirà il redde rationem tra calcio e violenti di cui sentiemo il bisogno o se tutto ripartirà come prima quando qualche palliativo (un tornello, una telecameera di sicurezza) illuderà che si sia tamponato il peggio.
Al di là dell’applauso ai greci che dopo Roma viene spontaneo, la sensazione è che nessun gesto di rottura sarà davvero efficace a lungo termine, finché non sarà il calcio tutto dall’ultimo giocatore al Presidente della Fifa a prendere – non solo a parole anche a fatti - una posizione non ambigua contro le devastazioni che accompagnano le partite. Si tratta di fare fronte comune (leghe, federazioni, tesserati, sponsor), di decidere senza ipocrisie da che parte stare. Il silenzio del pallone dopo i fatti romani, purtroppo, su questo fronte non lascia ben sperare.