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domenica 15 settembre 2024
 
 

Trump alla prova del coronavirus

11/03/2020  Negli Stati Uniti aumentano i casi di contagio (oltre un migliaio), mentre i morti sono 38. Le conseguenze possono essere disastrose in un paese dove la sanità è gestita soprattutto dai privati. Decisa la cancellazione dei voli da e per gli USA di 26 Paesi europei. Positivo al test un funzionario brasiliano che ha visto Trump e il suo vice Pence nei giorni scorsi.

Massimo Faggioli
Massimo Faggioli

“Coronavirus: gli USA sono in grado di fare ciò che h fatto l’Italia?”, se lo chiede la BBC  in un articolo in cui si interroga su quali misure gli Stati Uniti sono disposti ad adottare per arginare l’epidemia.  Gli esperti, scrive la BBC, ritengono improbabile una soluzione italiana. “Sarebbe l’equivalente di una legge marziale, l’antitesi  delle libertà che in teoria abbiamo”, spiega alla BBC  Irwin Redlner, Direttore del Centro Nazionale per la risposta ai disastri della Columbia University. “In situazioni di emergenza come queste non c’è niente di peggio di un classe politica e intellettuale di libertari al governo”, ci dice Massimo Faggioli, professore di Teologia e Storia della Chiesa alla Villanova University di Philadephia.  “Qui in America”, aggiunge Faggioli, “la libertà individuale è sacra anche a costo del bene comune  e questo rende difficile immaginare uno scenario come quello cinese o italiano. A meno che non si metta in campo l’esercito, che in un anno elettorale come questo mi fa venire i brividi”.

Negli Stati Uniti i i casi di contagio hanno superato il migliaio e toccano 37 Stati oltre alla capitale Washington. I morti finora sono 38.

Gli Stati con più contagi sono la California,  Washington, New York e il Massachusetts (70 dei 92 contagi in questo stato sono avvenuti durante un convegno di un’azienda di biotecnologia a Boston). Mentre vari governatori dichiarano lo stato di emergenza (è accaduto fra gli altri in Massachusetts, Colorado, Michigan e North Carolina) tutti guardano a come Donald Trump, in campagna elettorale per la rielezione, saprà gestire questa emergenza. 

Finorara Trump, come suo solito, minimizza e qualche giorno fa il settimanale New Yorker ha messo il suo volto in copertina con la mascherina che, invece di bocca e naso, gli copriva gli occhi. “Il virus scomparirà, bisogna restare calmi”, ha assicurato Trump il 10 marzo felicitandosi per “l’eccellente lavoro” che sta facendo il suo vice Mike Pence, nominato responsabile per la gestione dell’emergenza. A fine febbraio Trump aveva previsto che si sarebbe ammalata poca gente, poi aveva detto, non si sa su quali basi, che presto sarebbe arrivato un vaccino, poi ha promesso un grande piano per sostenere l’economia in caso di crisi economica a causa dell’epidemia. Di fatto Trump promette tagli fiscali alla classe media e ai lavoratori dipendenti (arma sempre utile in campagna elettorale) per favorire i consumi in caso di recessione. Ma il piano avrà bisogno dell’approvazione del partito democratico, che controlla la Camera dei rappresentanti, quindi si prepara una complessa trattativa con l’opposizione.

Intanto Trump, in un discorso televisivo, ha annunciato la sospensione per 30 giorni di tutti i viaggi aerei e navali da e per l'Europa. Il blocco riguarda i 26 Paesi dell'area Schenghen, non il Regno Unito e l'Irlanda. La decisione di TRump è staat contestata dall'Unione europea. Trump finge di non vedere che il coronavirus è già negli Stati Uniti  e contro i virus i suoi aodrati muri non servono. Tra l'latro nelle ultime ore l'allarme COVID19 riguarda anche la Casa Bianca. INfatti è risultato contagiato Fabo Wajngarten, responsabile della comunicazione del presidente brasiliano Bolsonaro. L'uomo ha trascorso l'ultimo weekend ospite di Trump in Florida e ha partecipato a una cena con Trump e il vicepresidente Pence. A questo punto diventa inevitabile un tampone anche per Trump.

Trump è stato imbarazzante nella visita di qualche giorno fa ai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie di Atlanta. Trump aveva annunciato la sua visita, quindi l’aveva cancellata, poi si è presentato in giubbotto e berretto rosso (con su scritto lo slogan della sua  campagna elettorale) pronunciando una serie di banalità, del tipo “test is beautiful” e compiacendosi per la sua competenza scientifica che gli sarebbe stata riconosciuta dagli scienziati di Atlanta.

Ci si chiede anche se il suo vice Mike Pence sarà all’altezza del compito di coordinare la risposta del governo all’avanzare dell’epidemia. Molti rimproverano a Pence di aver gestito malissimo una emergenza sanitaria quando egli  era governatore dell’Indiana, fra il 2013 e il 2017. Allora si trattava di un picco di casi di infezioni da HIV ed epatite C.

Quando alla metà degli anni Ottanta negli Stati Uniti si diffuse l’infezione provocata dal virus HIV e la gente comincio a morire di AIDS  la reazione del Governo federale fu lenta e maldestra. La nuova malattia veniva liquidata come "la peste dei gay". Quel periodo è stato ben raccontato nel libro del giornalista David France “How to survive a plague:  the inside story of how citizens and science tamed AIDS (Come sopravvivere a un’epidemia: la storia segreta di come i cittadini e la scienza domarono l’AIDS).   France ricorda che alla fine di giugno del 1987 Reagan creò una Commissione nazionale per la gestione dell’epidemia di AIDS, ma la Commissione funzionò così’ male che tre mesi dopo Reagan dovette nominare un nuovo responsabile. Reagan scelse i’ammiraglio James David Watkins, un militare. Chiamato alla Casa Bianca,  Watkins disse al presidente: “Sono un marinaio e un sommergibilista,  non capisco nulla di medicina”. Risposta di Reagan: “Bene, lei è proprio la persona che sto cercando”. Watkins rivoltò la Commissione come un calzino. Cattolico praticante e padre di  sei figli, Watkins mise da parte qualunque pregiudizio ideologico  o religioso sulla malattia (allora erano molto diffusi) e riuscì a far funzionare le cose. Quando morì, nel 2012, il New York Times lo ricordò come un “pragmatico compassionevole”.

“Il problema”, osserva Massimo Faggioli, “è che Reagan era diverso da Trump, ma sopratutto quello era un partito repubblicano diverso da quello di oggi. È una catastrofe culturale, gente che letteralmente crede agli stregoni o ai preti e ai pastori prima che agli scienziati”.

Che cosa può significare un’epidemia in un paese dove oltre 27 milioni di persone sono senza assicurazione sanitaria e fare un tampone può costare fino 3.270 dollari (poco più di un migliaio se hai un’assicurazione)? Dove in alcuni settori lavorativi, come la ristorazione, meno del 60 per cento dei lavoratori ha i congedi di malattia pagati?

“Il problema di un paese in cui moltissimi non si curano per mancanza di un sistema sanitario pubblico”, risponde Faggioli, “diventa catastrofico in caso di un’epidemia del genere. Il governo propone tagli alle tasse, la risposta automatica dei repubblicani, ma non solo, a qualsiasi problema. L’America non è una democrazia come quelle europee, è una democrazia in mano al denaro, in cui la politica non riesce a decidere più niente. L’ultima sola e vera legislazione importante è stata l’Obamacare di Barack Obama e forse quella salverà molte vite. Poi c’è il problema più profondo di un paese in cui i legami sociali sono già debolissimi e questo rischia di spezzarli. Anche qui si porrà il problema di andare gli studneti a casa dalle scuole e dalla università, ma cerri studenti non sanno dove andare a vivere, come mangiare senza nessuna rete di sicurezza familiare e sociale”.

 
 
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