Al termine di una campagna elettorale brutta, sporca e cattiva, condizionata dalla pandemia (oltre 231 mila morti), gli Stati Uniti sono arrivati al giorno della scelta: altri quattro anni con Donald Trump oppure una svolta, con il ritorno alla Casa Bianca di un presidente del partito democratico, Joe Biden. Biden non è un volto nuovo, ha 77 anni, fa politica d quando ne aveva 30 e per 8 anni è stato il vice di Barack Obama. Ma rappresenta “l’usato sicuro” dopo quattro anni sull’ottovolante con il presidente più imprevedibile degli ultimi decenni. Come ha scritto il settimanale The Economist, Biden “non è una cura miracolosa per l’America, ma è un buonuomo che riporterà stabilità e civiltà alla presidenza”.
Per posta o con il voto anticipato quest’anno hanno già votato quasi 100 milioni di americani, ma negli ultimi giorni i due candidati si sono impegnati in una caccia all’ultimo elettore, soprattutto negli stati dove l’esito del voto è più incerto: la Pennsylvania, la Carolina del Nord, il Michigan, il Wisconsin, l’Ohio.
Il più attivo nei comizi è stato Trump, indietro in tutti in sondaggi, tuttavia in recupero negli ultimi giorni. Biden sembra favorito (come Hillary Clinton quattro anni fa), ma Trump può ancora farcela, soprattutto se riuscirà a far votare gli elettori repubblicani più pigri. Gran parte dei voti espressi per posta, infatti, sarebbero andati al candidato del partito democratico.
I due candidati offrono agli americani due diverse visioni dell’avvenire in un contesto di tensioni politiche, di emergenza sanitaria e di pesanti preoccupazioni per la situazione economica. Il paese appare diviso, lacerato, sia sulla scena politica che nelle piazze. “The united hates of America”, gli odi uniti d’America, è il titolo scelto dal Washington Post per il suo supplemento domenicale del 1º novembre dedicato agli approfondimenti.
Il confronto fra Trump e Biden è stato senza esclusione di colpi, come si è visto nel primo dibattito televisivo del 29 settembre a Cleveland, trasformato in un duello accompagnato da interruzioni, insulti, offese. Uno spettacolo indecoroso e senza precedenti, al punto che nel secondo dibattito sono stati silenziati i microfoni. “Sei un clown, il peggior presidente che l’America abbia mai avuto”, ha detto Biden del suo rivale. Trump chiama Biden “sleepy Joe” (Joe l’addormentato), lo ha definito un “burattino di Castro” (un’accusa che non si sentiva da decenni), un “socialista”, l’uomo che a causa del COVID chiuderà in casa gli americani imponendo loro l’uso della mascherina.
Intanto resta alta la tensione in molte città americane a causa del movimento di protesta contro il razzismo e la brutalità delle forze dell’ordine. Trump, invece di placare gli animi, ha gettato benzina sul fuoco, difendendo la polizia e accusando i sindaci e i governatori del partito democratico per la gestione dell’ordine pubblico.
Questo clima avvelenato accompagna anche il giorno del voto. Nessuno è in grado di prevedere che cosa potrà accadere nella note fra il 3 e il 4 novembre. Trump ha accusato più volte il partito democratico di truccare il voto postale e, in caso di sconfitta, potrebbe non riconoscere la vittoria dell’avversario. Poiché i voti ai seggi vengono contati prima di quelli arrivati per posta, non si esclude che Trump possa proclamarsi vincitore prima del conteggio completo delle schede. In caso di sconfitta, fino a che punto potrebbe spingersi Trump? Potrebbe aprirsi un contenzioso giudiziario gigantesco, con un possibile coinvolgimento della Corte Suprema, dove ora i giudici conservatori sono in maggioranza (6 contro 3). E in caso di contestazioni come si comporteranno le frange più violente dei sostenitori di Trump?
Sono tanti gli interrogativi che pesano su una notte che si annuncia lunghissima.