Il cardinale Blase Joseph Cupich è arcivescovo di Chicago e membro della Congregazione dei vescovi
Preoccupazione, critiche e l’accusa di abbandonare i valori cristiani e americani. Il mondo cattolico Usa reagisce così alla decisione del presidente Donald Trump di vietare l’ingresso negli Stati Uniti per quanti arrivano da 7 paesi a maggioranza islamica: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. La stretta sull’immigrazione è stata giudicata incostituzionale dai procuratori generali di 15 stati mentre dilagano nel mondo e in Usa le proteste.
La chiesa americana si è fatta sentire con il cardinale arcivescovo di Chicago, Blaise Cupich, che ha lanciato un monito al neo presidente: «Il mondo ci guarda mentre abbandoniamo il nostro impegno verso i valori americani», ha detto Cupich che papa Francesco ha insediato nel settembre 2014 a capo della terza diocesi cattolica degli Stati Uniti. «Questo fine settimana è stata un'ora buia nella storia dell'America», ha detto l'alto prelato definendo «contrario ai valori cattolici e a quelli americani» l'ordine di Trump. Stigmatizzando l'eccezione fatta da Trump per cristiani e altre minoranze del Medioriente, Cupich ha segnalato la bizzarria sul fatto che il bando non include i paesi di origine di 15 dirottatori dell'11 settembre ma prende di mira gli iracheni, «perfino quanti hanno assistito le nostre forze armate in una guerra distruttiva».
In un'intervista al Christian Broadcasting Network in onda lo scorso fine settimana, Trump ha spiegato che bisogna dare priorità ai cristiani tra i rifugiati siriani in Usa rispetto a persone di altre fedi, compresi i musulmani. Ma molti leader cristiani, tra cui cattolici, hanno respinto l'idea che ai cristiani che subiscono persecuzioni dovrebbe essere data la priorità rispetto ad altri perseguitati per la loro fede, come ad esempio i musulmani che soffrono per la violenza di altri musulmani. «Ci è stato detto questo non è un “divieto anti islamico” che era stato proposto durante la campagna presidenziale, ma queste azioni sono per i Paesi a maggioranza musulmana», ha detto il cardinale Cupich. «Si fa eccezione per i cristiani e le minoranze non musulmane, ma non per i musulmani profughi in fuga per salvare la propria vita. Il mondo sta guardando come abbandoniamo i nostri impegni a valori americani», ha continuato.
Durante il fine settimana, migliaia di persone hanno protestato negli aeroporti di tutto il paese, chiedendo a Trump di fare marcia indietro. Una folla radunata davanti l'aeroporto internazionale O'Hare di Chicago, racconta Michael O'Loughlin su America, la rivista dei Gesuiti, sabato sera cantava "Lasciateli qui" inscenando uno spettacolo di sostegno alle persone colpite dal provvedimento di Trump.
Citando le parole di Gesù che diceva "Ero forestiero e mi avete ospitato" , Caitlin Fitz ha detto che stava protestando per difendere i diritti di coloro che vengono arrestati: «Sono disgustata», ha detto ad America. «Credo che Gesù non avrebbe sostenuto questo tipo di divieto. La Bibbia pparla chiaro».
Le preoccupazioni su come il divieto potrebbe influenzare gli studenti internazionali hanno portato il presidente della University of Notre Dame, il reverendo John Jenkins, a rilasciare una dichiarazione domenica definendo l'ordine di Trump «generico, indiscriminato e brusco. Diminuisce gli sforzi educativi e di ricerca delle università americane, che sono stati la fonte della cultura ma anche dell’innovazione economica per gli Stati Uniti e la comprensione internazionale per il nostro mondo».
Anche i cattolici si sono uniti alle proteste contro il provvedimento di Trump
Il cardinale di Newark Tobin: «Andiamo avanti con l’accoglienza di 51 profughi»
Alcuni cristiani hanno citato le preoccupazioni per l'ordine esecutivo in termini di libertà religiosa. Ad esempio, l'arcivescovo di Baltimora William Edward Lori, che è a capo del comitato dei vescovi degli Stati Uniti sulla libertà religiosa, ha detto al Baltimore Sun che il provvedimento di Trump è stato «un passo indietro» per la libertà religiosa. Venerdì, ore prima che l'ordine esecutivo venisse firmato, il cardinale arcivescovo di Newark, Joseph Tobin, ha pubblicato una dichiarazione in cui ha detto che la sua diocesi stava progettando di ospitare 51 profughi provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan e Repubblica Democratica del Congo. Un portavoce della diocesi ha detto che i rifugiati arriveranno a marzo e che l'agenzia Catholic Charities locale sta continuando a preparare il loro arrivo. «Il Cardinale ha inviato una lettera a parrocchie e scuole per chiedere donazioni oltre a numerosi volontari che stanno lavorando per far funzionare il programma», ha detto Jim Goodness, «c’è molta confusione adesso ma noi intendiamo procedere come possiamo».
Diversi leader cattolici hanno reagito per l'ordine esecutivo affermando che il governo degli Stati Uniti ha l'obbligo di proteggere i suoi cittadini e garantire i suoi confini, ma ha suggerito che la nuova politica renderebbe la nazione meno sicura. «I nostri funzionari eletti hanno l'obbligo di proteggere la sicurezza del popolo americano, e dovremmo tutti prendere sul serio la questione della sicurezza», ha detto Sean Callahan, responsabile del Catholic Relief Services, in una dichiarazione del 27 gennaio «Ma, negando l'ingresso a persone abbastanza disperate da lasciare persino le loro case, attraversare gli oceani in barche piccole, e ad abbandonare tutti i loro averi solo per trovare la sicurezza non renderà la nostra nazione più sicura». Preoccupazione espressa anche dal cardinale Cupich: «Queste azioni danno aiuto e conforto a coloro che vorrebbero distruggere il nostro modo di vivere. Abbassano la nostra stima agli occhi di molti popoli che conoscono l'America come un difensore dei diritti umani e della libertà religiosa, non una nazione che ha come bersaglio le popolazioni religiose e poi chiude loro la porta in faccia. È tempo di mettere da parte la paura e unirsi per recuperare il senso di chi siamo e cosa rappresentiamo in un mondo che ha disperato bisogno di speranza e di solidarietà».
Un gruppo di cattolici domenica pomeriggio si è riunito per una Messa all'aperto davanti alla Casa Bianca e pregare per le persone colpite dall'ordine esecutivo. «Abbiamo voluto mostrare solidarietà ai nostri fratelli e sorelle musulmani che saranno più colpiti da questa decisione e ci è sembrato opportuno dare una risposta decisamente cattolica», ha detto Emily Conron, una degli organizzatori dell'evento, alla rivista America. Ha aggiunto che le letture del Vangelo di domenica scorsa, in cui Gesù predica le beatitudini, erano adatte per la Messa celebrata in pubblico. «Alla fine, nel calcolo finale, non è il potente che sarà premiato ma il debole», ha detto. «E saremo giudicati da come abbiamo trattato i deboli»