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giovedì 15 maggio 2025
 
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Donald Trump, un pericolo per la democrazia

07/01/2021  Il presidente degli Stati Uniti ha usato parole eversive che hanno istigato la folla ad assalire la sede del Congresso. In 4 anni di presidenza ha sempre parlato solo a una parte dell'America. La condanna unanime dei governi occidentali

Anche gli Stati Uniti, come l’Italia negli anni del terrorismo, hanno vissuto la loro “notte della Repubblica” (definizione azzeccata di Sergio Zavoli). L’assalto al Campidoglio di Washington di mercoledì 6 gennaio, durante la seduta comune del Congresso chiamato a ratificare la vittoria elettorale di Joe Biden, è un atto di un gravità inaudita. Oggi molti giornali americani parlano apertamente di “insurrezione”. 

Nelle ore di caos che hanno lasciato il mondo sgomento abbiamo visto un’orda di barbari assalire il Campidoglio, con gente che si arrampicava sui muri, mentre altri sfondavano le transenne e invadevano l’aula e gli uffici dei parlamentari, compreso quello della speaker della Camera, Nancy Pelosi. Le conseguenze dell’assalto hanno avuto un risvolto drammatico. Una donna è stata uccisa dalla polizia e altre tre persone sono morte per non meglio specificate “emergenze mediche”. Così la protesta si è tinta di sangue. 

Il responsabile di quanto è accaduto è uno solo: Donald Trump. Anche ieri sera, di fronte al caos, Trump, nonostante l’appello che gli aveva appena rivolto Joe Biden, ha parlato da eversore incendiario e da uomo di parte. Ripetendo bugie e alimentando il mito della vittoria elettorale rubata. L’uomo che ieri sera ha registrato su Twitter un frettoloso messaggio nei giardini della Casa Bianca non era il presidente di tutti gli americani ma il capo di una fazione. Sembrava il capitano di una squadra di calcio che invitava i suoi ultras a fare i bravi, spingendosi a dire “vi voglio bene” e “voi siete molto speciali”. 

Poco prima che cominciasse l’assalto al Parlamento, Trump aveva arringato la folla che si era raccolta  vicino alla Casa Bianca usando frasi incendiarie: “l’enorme assalto alla nostra democrazia”, “marciate sul Campidoglio”, “non riconquisterete il vostro paese con la debolezza”. Una vera e propria istigazione all’insurrezione violenta. Così, anche  in uno dei momenti più drammatici della storia americana, Trump non è stato il presidente di tutti gli americani. È stato così fin dall’inizio della sua presidenza, nella quale, per 1.448 giorni, egli  ha costantemente alimentato rabbia, divisione e  teorie strampalate di cospirazioni. 

Sconfitto da Biden nelle elezioni di novembre, preso atto con rabbia della indisponibilità del suo vice Mike Pence a sostenerlo nei suoi progetti eversivi, constatata la perdita della maggioranza repubblicana anche al Senato (i ballottaggi del 5 gennaio in Georgia hanno premiato i due candidati democratici) Trump si è trovato sempre più  solo e disperato, come certi personaggi di William Shakespeare o di Gabriel Garcia Marquez, come un “generale nel suo labirinto” .”Mi sono smarrito in un sogno cercando qualcosa che non esiste”, dice a un certo punto il protagonista del romanzo di Marquez. Anche Trump si è smarrito nel suo sogno inesistente di una vittoria elettorale rubata dagli avversari.

Il New York Times scrive che stiamo assistendo alle “convulsioni finali del Trumpismo”, ma Trump resta pienamente in carica fino al 20 gennaio e diventa difficile capire come si potrà comportare fino alla scadenza del suo mandato. Anche all’interno del partito repubblicano molti stanno prendendo atto che Trump è un uomo pericoloso per la stabilità del sistema politico americano e per la democrazia. Si sta facendo strada l’ipotesi di applicare il 25º emendamento della Costituzione. La norma prevede che il vicepresidente prenda i poteri nel caso il presidente muoia, si dimetta o sia rimosso dal suo incarico. Forse non si arriverà a questo, anche perché dopo la proclamazione di Biden avvenuta nelal notte fra il 6 e il 7 gennaio, Trump ha promesso che il 20 gennaio  ci sarà una "transizione ordinata". Tuttavia Trump ribadisce di essere in "totale disaccordo" con il risultato delle elezioni, sostiene che il suo è stato il più grande primo mandato presidenziale della storia americana e minaccia di continuare la lotta.

Ma anche una eventuale rimozione anticipata di Trump dalla Casa Bianca non toglierà dalla circolazione i veleni che egli ha sparso nella società americana negli ultimi quattro anni. Il compito di pacificazione degli animi che attende Joe Biden sarà durissimo.

Multimedia
La deriva violenta dell'America di Trump
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