Wilton Gregory, l'arcivescovo di Washington.
I presidenti degli Stati Uniti (ma ci furono un paio di eccezioni) giurano sulla Bibbia nel giorno del loro insediamento. E’ l’unica occasione pubblica in cui li si vede con il libro sacro. Che poi, come è giusto se sono credenti, dovrebbe restare sul loro comodino, senza essere ostentato. Esiste solo una vecchia foto di Jimmy Carter (già catechista e diacono della Chiesa Battista), un sincero credente, che nel 1977 nello Studio Ovale della Casa Bianca sfoglia una Bibbia che gli è appena stata donata dalla American Bible Society. Un gesto di cortesia di fronte a un dono ricevuto.
Nessun presidente aveva mai osato esibire la Bibbia per una “photo opportunity”. Lo ha fatto Donald Trump, in uno dei momenti più drammatici della storia recente americana. Con decine di città devastate dai tumulti, sindaci e governatori che impongono il coprifuoco, la Guardia Nazionale nelle strade, atti di violenza, saccheggi, vandalismi, giornalisti picchiati o arrestati dalla polizia mentre svolgono il loro lavoro.
Di fronte al caos, innescato dalla brutale uccisione di George Floyd, un uomo di colore soffocato a terra da un poliziotto bianco il 25 maggio a Minneapolis, Trump sta rispondendo al suo solito modo, con parole e gesti sbagliati, che invece di pacificare scatenano gli istinti peggiori. Glielo dice forte e chiaro persino il capo della polizia di Houston, Art Achevedo, che intervistato da Christiane Amanpour dice a Trump: “Se non hai da dire nulla di costruttivo, tieni la bocca chiusa”.
Lunedì 1° giugno Trump ha parlato brevemente nei giardini della Casa Bianca invocando “legge e ordine”, ipotizzando l’intervento dell’esercito, e autoproclamandosi “un alleato dei manifestanti pacifici”. Nello stesso momento, però, fuori dalla Casa Bianca, la polizia respingeva proprio i manifestanti pacifici con gas lacrimogeni e granate stordenti. Liberato il terreno dai manifestanti, Trump è uscito dalla Casa Bianca e ha percorso a piedi poche decine di metri per raggiungere la chiesa episcopale di San Giovanni, che era stata lievemente danneggiata dagli scontri dei giorni precedenti. Davanti alla chiesa Trump ha preso in mano una Bibbia e l’ha soppesata. “È la sua Bibbia personale?”, ha gridato un cronista. “È una Bibbia”, ha risposto secco Trump. La scenetta è durata poco più di un quarto d’ora.
Il gesto di Trump ha provocato la durissima reazione di Mariann Edgar Budde, vescovo della diocesi episcopale di Washington (è la prima donna ad avere questo incarico). “Il presidente”, ha detto Budde alla CNN, “ha usato la Bibbia, il testo più sacro della tradizione giudaico-cristiana, e una delle chiese della mia diocesi senza permesso, senza neppure fare una telefonata di cortesia, come sfondo per un messaggio antitetico agli insegnamenti di Gesù e delle nostre chiese. E per farlo il presidente ha autorizzato l’’uso dei gas lacrimogeni per far sgomberare il piazzale della chiesa. Sono indignata”. Il vescovo Budde ha aggiunto di non credere ai suoi occhi e ha precisato che la sua Chiesa chiede giustizia per George Floyd e per i tanti che hanno subito la sua stessa sorte.
Anche Michael Curry, primate della Chiesa Episcopale, ha accusato Trump di usare la chiesa di San Giovanni e la Bibbia per “scopi politici di parte”. Non mancano le reazioni da parte cattolica. Edward Beck, un prete passionista collaboratore della CNN, si è chiesto “Abbiamo mai visto un uso più falso e opportunistico della Bibbia?”. Il gesuita James Martin usa una sola parola per definire il gesto di Trump: “Revolting”, cioè disgustoso. Un altro gesuita, padre Antonio Spadaro, direttore di La Civiltà Cattolica, scrive su Twitter: "Chiu usa la Bibbia per il proprio potere mondano davanti alla tragedia la rende vanità".
Noniostante le critiche, Trump ha annunciato per la giornata di martedì una visita alla Basilica del National Shrine di Washington. La basilica, dedicata all'Immacolata Concezione, è il più grande edificio di culto cattolico degli Stati Uniti. Ma l'annuncio della visita ha provocato una durissima reazione da parte di Wilton Gregory, l'arcivescovo di Washington. Gregory, afroamericnao, è arcivescovo della capitale dall'aprile del 2019. Nel comunicato, Gregory definisce "sconcertante e riprovevole" l'uso strumentale di un edificio di culto. "San Giovanni Paolo II", scrive Gregory, "fu un fervente difensore dei diritti e della dignità degli esseri umani. Egli certamente non avrebbe condonato l'uso dei gas lacrimogeni e di altri deterrenti per silenziarli, disperderli e intimidirli per una photo opportunity di fronte a un luogo di culto e di pace".