Andrii Latsyba di Truth Hounds e Yulia Muts alla conferenza a Milano il 22 maggio.
«La guerra è sempre la fine del mondo. (…) Di fronte alla guerra, la natura è sempre indifesa e disarmata. Poiché, ad esempio, alberi, erbe e fiori non possono estrarre le proprie radici dal suolo ucraino, non sono in grado di fuggire verso luoghi più sicuri, trasformandosi in rifugiati. (…) L’ambiente non ha la possibilità di vincere una guerra, perde sempre». Così scrive Iya Kiva, famosa poetessa ucraina, originaria della città di Donesk, in un articolo del 2023 di Anna Badkhen uscito su una rivista americana, in cui cinque autori ucraini riflettono sulla dimensione dell'ecocidio, sugli effetti devastanti della guerra sull’ambiente e sul territorio ucraino. A ricordarlo è stata Pina Piccolo, scrittrice e traduttrice, nel corso di una conferenza a Milano, il 22 maggio, dal titolo “Acqua Viva?” organizzato dalle associazioni Vitaworld e Vitaukr nell'ambito di un'esposizione di arte contemporea sul tema dell'acqua.
È spesso chiamato "ecocidio", per la vastità della tragedia ambientale che ha provocato, il disastro avvenuto nel Sud dell’Ucraina, nelle regione di Kherson, il 6 giugno del 2023, quando la centrale idroelettrica di Kakhovka, nella cittadina portuale di Nova Kakhovka, sul fiume Dnipro, occupata dalle forze russe quasi dall’inizio del conflitto, ha subìto un’esplosione che ha gravemente danneggiato la diga e la centrale stessa. Il disastro ha causato la fuoriuscita di una massa immane di acqua del bacino che ha allagato vaste aree della regione di Cherson, sommerso numerosi villaggi, distruggendo case, uccidendo animali, provovando vittime e sfollati e una catastrofe ambientale immane.
A indagare sulla cause dell’esplosione e sulla portata delle conseguenze di questa tragedia è stata l’organizzazione ucraina a difesa dei diritti umani Truth Hounds, che insieme all’associazione Project Expedite Justice - e con la collaborazione di Greenpeace CEE (Central and Easter Europe) e di esperti indipendenti - ha redatto un dettagliato rapporto dal titolo “Sommersi. Studio sulla distruzione della diga di Khakovka e il suo impatto su ecosistemi, agricoltori, altri civili, e giustizia internazionale”, dopo aver raccolto testimonianze, prove di danni ambientali in 57 insediamenti - concentrandosi sugli oblast di Kherson, Mikolaiv e Dnipro e dei potenziali crimini di guerra commessi. Il rapporto è stato presentato in anteprima alla conferenza del 22 maggio da Andrii Latsyba, avvocato di Truth hounds, intervenuto insieme a Yulia Muts, avvocata presso il Foro di Firenze,
«La centrale era stata costruita all’inizio degli anni ’50, una infrastruttura unica in tutta Europa. Per pensare alla sua dimensione, immaginiamo che la strada che va da Milano a Bologna fosse tutta ricoperta di acqua», ha spiegato Latsyba. «La centrale serviva per fornire elettricità, acqua per l’irrigazione dei campi coltivati, e anche per raffreddare i reattori della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa. L’esplosione del 6 giugno 2023 ha portato all’allagamento di 600 km quadrati di territorio; quasi 80 località sono state allagate, 10mila animali sono stati colpiti, oltre alla flora, le piante, i campi coltivati. Nel rapporto abbiamo esaminato le conseguenze di tre tipi: umane, ecologiche ed economiche. Nell’area occupata dai russi, sulla riva sinistra del Dnipro, sappiamo che nei primi tre giorni dopo il disastro la popolazione locale non ha avuto alcun tipo di soccorso da parte degli occupanti. Grazie alle testimonianze di parenti e amici, siamo venuto a conoscenza di tanti morti dei quali le autorità russe non avevano parlato».
Dal punto di vista economico, le conseguenze sull’agricoltura sono immani: le inondazioni hanno distrutto i raccolti di 5.000 ettari di terreno, causando perdite per circa 5,4 milioni di dollari. Quanto alla devastazione ambientale, si parla, fra le altre cose, di perdita di biodiversità, morte di specie di piante e animali, contaminazione da detriti e sostanze inquinanti, potenziale salinizzazione dei terreni. E le conseguene potrebbero arrivare fino a noi: le sostanze inquinanti sono arrivate nel Mar Nero e da lì, è questione di tempo, possono raggiungere il Mediterraneo.
«Il rapporto indaga le cause dell’esplosione della diga», ha spiegato ancora Latysba. «Si è parlato di tre versioni: la prima, che l’incidente sia stato determinato dall’usura della diga; la seconda, che siano state le forze ucraina a causare l’esplosione per allagare la riva sinistra e impedire l’avanzata dei russi; la terza, che siano state le forze russe a far esplodere la diga. Noi abbiamo esaminato le tre versioni: l’usura della diga non era abbastanza avanzata e grave da determinare un disastro del genere; inoltre abbiamo verificato con numerose indagini che era impossibile distruggere la diga colpendola dall’esterno con missili di vario tipo. L’unica versione attendibile è la terza: la sola possibilità è che l’esplosione sia stata provocata dall’interno, quindi dalle forze russe».
Ora, sulla base di questo rapporto, l’obiettivo di Truth Hounds - che dal 2014 indaga sui crimini di guerra e sulle violazioni dei diritti umani in Ucraina e in altri Paesi - e di chi ha collaborato alle indagini sulla diga, è di sottoporre il caso della distruzione della diga di Kakhovka alla Corte penale internazionale dell’Aia con la richiesta che la catastrofe ambientale venga giudicata come crimine di guerra, sulla base dell’articolo 8, comma 2, lettera b, punto iv dello Statuto di Roma (il trattato internazionale istituto della Corte penale internazionale) in cui si identifica come crimine di guerra “lanciare deliberatamente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, e lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi duraturi e gravi all'ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all'insieme dei concreti e diretti i vantaggi militari previsti”.
In questo caso, spiegano da Truth Hounds, l’incriminazione riguarderebbe una lista di persone fisiche russe individuate, dopo tutte le opportune ricerche, come esecutrici materiali dell’esplosione e del danneggiamento della diga, a partire dalla leadership della 205esima Brigata di fucilieri motorizzati e del Comando del Gruppo "Dnepr", fino alla più alta leadership militare e politica della Russia. Si tratterebbe della prima volta che un atto largamente riconosciuto dalla comunità internazionale come "ecocidio" potrebbe arrivare alla Corte penale internazionale. L'ecocidio non è ancora stato definito come crimine internazionale, ma su questo tema ci sono molte discussioni in corso.
Per ecocidio si intende la distruzione o il danneggiamento dell'ambiente naturale e degli ecosistemi provocati in modo intenzionale, grave e diffuso. Di recente l'Unione europea ha introdotto con una nuova direttiva il reato di ecocidio, che prevede fino a 10 anni di reclusione per chi commette crimini contro l'ambiente.
«Il caso della diga di Kakhovka è un catalizzatore per rivitalizzare il diritto ambientale», ha dichiarato Dmytro Koval, direttore legale di Truth Hounds. «Rappresenta un'opportunità fondamentale per trasformare le normative di diritto internazionale dormienti in deterrenti attivi contro i crimini ambientali. Collaboriamo per rafforzare l'efficacia del diritto ambientale, ampliandone la portata, migliorandone l'applicazione e promuovendone l'adesione universale».
(Foto Reuters in alto: la diga di Kakhovka distrutta dopo l'esplosione del 6 giugno 2023)