Eleonora Bottaro è morta a 18 anni, compiuti lo scorso 14 agosto, a causa di una leucemia che non ha voluto combattere con gli strumenti della medicina tradizionale, d’accordo con i genitori che avevano deciso per lei quando era minorenne. Pochi giorni dopo, Alessandra Tosi (34 anni, mamma di due bambini) è stata stroncata da un tumore dopo aver rifiutato la chemioterapia per curarsi con impacchi di ricotta e decotti di ortica. Entrambe avevano deciso di seguire le teorie del dottor Ryke Geerd Hamer, un ex medico tedesco radiato dall’Ordine nel 1986, secondo il quale le malattie (compreso il cancro) sono la risposta del corpo a traumi psicologici irrisolti, da cui è possibile liberarsi senza farmaci né cure ufficiali.
Si allunga la lista delle persone che hanno perso la battaglia contro un tumore – nella maggior parte dei casi considerato curabile o guaribile dagli specialisti – per aver creduto alle cosiddette terapie non convenzionali, nonostante i progressi e le armi terapeutiche dell’attuale scienza oncologica
Il metodo Hamer è solamente uno dei rimedi che, nonostante gli esiti sfavorevoli, continuano a circolare fra i malati. Basta gettare uno sguardo sul web per leggere di cure a base di bicarbonato, veleno di scorpione, aloe, vischio, fino ai metodi più “famosi”, come Di Bella o Stamina.
“POZIONI” FANTASIOSE
«Quella di Eleonora e Alessandra rientra fra le tante vicende che hanno costellato la storia dell’oncologia negli ultimi trent’anni, quando teorie spesso strampalate o comunque prive di basi scientifiche hanno fatto breccia fra pazienti disperati e alla ricerca di cure miracolose», commenta il professor Carmine Pinto, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e direttore della Struttura Complessa di Oncologia dell’Irccs – Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. «Negli anni Sessanta ad esempio circolava il siero Bonifacio, un composto a base di feci e urina di capra ideato da un veterinario siciliano, il cui successo costrinse l’allora ministro della Sanità italiano ad avviare una sperimentazione che ovviamente diede esiti completamente negativi».
A quella teoria fantasiosa ne sono seguite molte altre, dove il potere terapeutico è stato attribuito agli ingredienti più disparati, come vitamine, ormoni, piante selvatiche e addirittura sostanze presenti nel fegato dei mammiferi (la proteina UK 101 messa a punto negli anni Novanta dall’immunologo torinese Alberto Bartorelli o il più recente squalene, un idrocarburo tratto dagli squali). Nulla da invidiare alle pozioni medievali, insomma.
«L’unico risultato certo di questi metodi è il grave ritardo con cui si arriva alle vere terapie, trasformando sovente tumori curabili in forme incurabili», aggiunte Pinto. «Il problema è che si sta diffondendo un pericoloso movimento anti-scientifico, facilitato anche dalla Rete, che non colpisce solamente l’oncologia ma anche altri settori della sanità pubblica come quello delle vaccinazioni, provocando un danno ai singoli individui e all’intera società».
SEGUIRE IL PROGRESSO
Oggi esistono tanti strumenti per la cura del cancro, che comprendono chemioterapia, radioterapia, chirurgia, terapie ormonali, farmaci biologici e più di recente anche l’immunoterapia. Sono trattamenti sempre più specifici e selettivi per le cellule malate o che riattivano il sistema immunitario contro il tumore, con minori effetti collaterali e una ridotta tossicità, facendo pendere la bilancia costi-benefici dalla parte di questi ultimi.
«L’importante è affidarsi al reparto oncologico del proprio ospedale di riferimento, dove non si valuta soltanto la strategia di cura, ma anche il paziente nel suo complesso», raccomanda Pinto. «Ovviamente, dal punto di vista giuridico, i medici non possono imporre una terapia: chi è maggiorenne, normalmente capace di intendere e volere, può rifiutare di curarsi dopo essere stato adeguatamente informato sull’eventuale procedura clinica».
Eppure, soprattutto in Italia, i dati sono incoraggianti. Stando agli ultimi dati, il 70 per cento dei pazienti che ricevono una diagnosi di cancro riesce a sconfiggere la malattia, con una percentuale di guarigioni aumentata del 15 per cento solo negli ultimi dieci anni.
PERICOLOSE INTERFERENZE
Per vincere la battaglia, bisogna stare alla larga dai finti guaritori, agendo tempestivamente con gli strumenti della medicina ufficiale. «Ad essere pericolosi sono i trattamenti alternativi, utilizzati in sostituzione di quelli convenzionali, ma bisogna guardare con prudenza anche alle cosiddette terapie “complementari”», conclude il professor Pinto. «È importante confrontarsi sempre con l’oncologo di riferimento prima di intraprendere qualsiasi iniziativa, perché queste terapie possono creare interferenze anche pericolose e difficoltà nel percorso di cura».