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sabato 07 settembre 2024
 
 

Ghannushi: la mia nuova Tunisia

01/03/2012  Intervista con Rashid Ghannushi, leader del partito islamico tunisino "Ennahdha": «Lavoriamo insieme, laici e religiosi, per la democrazia del nostro Paese».

Rashid Ghannushi, 71 anni, tunisino è il fondatore e il principale leader di Ennahdha, il partito islamico moderato uscito vincitore dalle prime elezioni libere in Tunisia dopo la caduta, nel gennaio del 2011, del dittatore Ben Ali. Ghannushi, più volte in carcere a causa della sua attività politica, è tornato in Tunisia il 30 gennaio dello scorso anno, dopo aver trascorso 22 anni di esilio a Londra. FamigliaCristiana.it l'ha incontrato a Roma, dove ha partecipato al convegno “Primavera araba”, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio.


Sheikh Ghannushi, oggi quanto è solida la democrazia tunisina?
“Stiamo lavorando insieme, laici e religiosi, per far riuscire al meglio l'esperienza democratica tunisina. Certo, ci sono davanti a noi pericoli e sfide, ma noi cerchiamo di vincere queste sfide attraverso il dialogo e il rispetto dell'altro”.

In caso di fallimento che cosa accadrebbe?
“Una eventuale caduta dell'esperienza democratica tunisina sarebbe un grave pericolo non soltanto per noi tunisini, ma per tutta l'Europa. Se fallisce la democrazia non ci sarà il ritorno della dittatura, ma una somalizzazione del Paese e centinaia di migliaia di giovani riprenderebbero la via del mare verso l'Europa”.

Come pensate di frenare questo fenomeno dell'emigrazione?
“L'emigrazione è prima di tutto un danno per la Tunisia, perché significa la perdita di tanti giovani preparati che potrebbero dare il loro contributo al loro paese. L'emigrazione si combatte garantendo la prosperità economica. Se avremo una economia sana vedrete che cesserà l'emigrazione e, anzi, vedremo altri giovani nordafricani emigrare questa volta verso la Tunisia”.

Oggi qual è la situazione economica?
“E' difficile. Ben Ali ha lasciato la Tunisia in rovina, con un livello di corruzione altissimo. Il governo temporaneo non è riuscito a raddrizzare la situazione e il governo eletto è in carica da soli due mesi. Tuttavia vedo segnali positivi. Ci sono molti progetti di investimenti da parte dell'Europa, dell'Italia, dagli Stati Uniti, dalla Cina e dai paesi del Golfo. Perciò sono ottimista sulla nostra crescita economica”.

L'estremismo islamico può essere un pericolo per la Tunisia?
“Il pericolo può arrivare dagli estremisti in genere, sia fra i laici che fra i religiosi, e l'estremismo si combatte con il dialogo e il rispetto”.

Molti pensano che le rivoluzioni della primavera araba siano state “pilotate” dall'Occidente, lei che ne pensa?
“Non sono d'accordo e pensarlo mi sembra offensivo nei confronti dei popoli arabi che hanno fatto le rivoluzioni. Ricordo piuttosto che i governi occidentali erano amici dei dittatori che governavano in Egitto, Tunisia e Libia. Mubarak era considerato come un tesoro strategico per gli interessi occidentali e nel pieno della rivoluzione tunisina il ministro degli esteri francese Alliot-Marie disse che era disposta ad aiutare Ben Ali nella repressione. Purtroppo i rapporti internazionali sono guidati più dagli interessi che dai valori”.

Pensa che presto vedremo cadere anche il regime siriano?
“Assad ha perso ogni legittimità e oggi nel mondo c'è un ripudio verso il regime siriano. Oggi è importante portare aiuti umanitari alla popolazione civile. Per quanto riguarda un possibile intervento militare contro la Siria credo che la memoria del mondo arabo non abbia buoni ricordi di questi interventi, che richiamano sempre la colonizzazione”.

Ben Ali è al sicuro in Arabia Saudita, lei spera di vederlo un giorno processato in Tunisia?

“C'è un processo contro di lui ed è stato condannato in contumacia, ma io non ho perso la speranza di vederlo ricondotto in Tunisia”. 

 
 
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