«Non è vero che al tempo di Atatürk c’era più libertà religiosa. In totale in Turchia i cristiani sono lo 0,2% della popolazione, i cattolici 0,015%. Con le comunità musulmane si convive in pace e tolleranza» Monsignor Paolo Bizzeti, dal 2015 vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Caritas in Turchia racconta in un’intervista che Famiglia Cristiana pubblica nel numero in edicola dal 22 aprile la sua battaglia contro il Coronavirus, i problemi economico-sociali di una crescente marea di profughi e gli stereotipi così diffusi in Europa.
«Fino a febbraio in Turchia la pandemia del Covid-19 è rimasta a livelli contenuti. Ora abbiamo subìto un’esplosione dei contagi», afferma. «La situazione è particolarmente difficile per i rifugiati cristiani iracheni – scappati dall’Iraq a causa della guerra e della persecuzione e accolti dalla Turchia – che vivevano di qualche lavoretto ed espediente e hanno perso tutto. Ora riescono a sopravvivere solo grazie all’aiuto della Caritas in Anatolia e di altre organizzazioni. Attualmente come Caritas assistiamo 1.418 famiglie cristiane in Anatolia, ma anche delle famiglie musulmane. Il problema è che questi rifugiati pensavano di essere qui di passaggio, ma poi le porte dell’Europa si sono chiuse. Lo status di rifugiati non permette loro di aprire un negozio, un’attività, o essere regolarmente assunti. I rifugiati siriani, invece, vivono in una condizione in qualche misura migliore perché hanno accesso a delle possibilità lavorative che agli iracheni sono precluse». Oggi i rifugiati di vari Paesi in Turchia sono circa 3 milioni.
Infine, la delicata questione del rispetto della libertà di fede, coscienza e culto. «Nel periodo del secolarismo, per un sacerdote straniero era molto più difficile ottenere un visto rispetto a ora sotto il Governo Erdogan», assicura monsignor Bizzetti. «Oggi la società turca è più caratterizzata dalla presenza dell’islam politico, ma se una persona si converte dall’islam al cristianesimo non ci sono leggi che lo vietano. I problemi nascono nella famiglia, se è di stretta osservanza musulmana. In tutte le nostre parrocchie abbiamo adulti convertiti. Il problema più serio è che, come Chiesa cattolica, non abbiamo un riconoscimento giuridico, si vive sotto le norme del Trattato di Losanna del 1923 che limita la nostra possibilità di costruire una nuova chiesa, un centro culturale. Si tratta di un retaggio storico di Atatürk, che aveva relegato le religioni alla dimensione privata».
(foto in alto: ANSA)