di Fr. Darlei Zanon
Nel 2015, mentre riceveva nell’Aula Paolo VI i giovani del Movimento eucaristico giovanile, papa Francesco ha scherzato con una giovane brasiliana, chiedendo chi fosse il più bravo: Maradona o Pelé? «Pelé, certo!», ha risposto Ana Carolina, mentre entrambi sorridevano. Il Papa, amante degli sport, oltre la stima per il suo connazionale argentino, nutre particolare ammirazione per il calciatore brasiliano scomparso il 29 dicembre scorso, dopo una lunga ed estenuante lotta contro il cancro.
Edson Arantes do Nascimento, conosciuto nel mondo come Pelé, è nato nella piccola città di Tres Coraçoes (Tre cuori), nello Stato di Minas Gerais, il 23 ottobre 1940. La sua fama calcistica è nota a tutti, però probabilmente pochi sanno che era un cattolico fervente e devotissimo della Madonna di Aparecida. Neonato, fu battezzato nella parrocchia Santa Famiglia, che conserva tuttora con orgoglio una foto che lo ritrae con il certificato di battesimo in mano. Trasferitosi con la famiglia nella città di Bauru, nello Stato di San Paolo, all’età di 3 anni, lì frequentò il catechismo, ma fu soprattutto attraverso sua madre, Celeste, che imparò a nutrire l’amore verso il Signore e la stessa Maria, Madre di Dio.
La signora Celeste, grande devota della Madonna di Aparecida, cento anni compiuti a novembre scorso, ha insegnato al figlio a pregare il Rosario e seguire le tradizioni religiose. Nostra Signora di Aparecida è la Regina e Patrona del Brasile e del Sudamerica, la cui devozione è nata dopo il ritrovo di un’immagine sul fiume Paraíba, all’interno dello Stato di San Paolo, nel 1717.
Nella celebrazione dei 300 anni di questo evento, Pelé stesso ha ricordato attraverso le reti sociali il suo amore per la Madonna nera, postando su Twitter e Instagram questo messaggio: «Oggi prego la Madonna di Aparecida, la Santa Vergine cui ho dedicato preghiere per tutta la mia vita, perché protegga in modo particolare i bambini» (@Pele, 12 ottobre 2017). Una curiosità è che proprio nella città di Aparecida, Pelé sostenne il suo esame di maturità, dopo aver frequentato la scuola cattolica dei lasalliani a Santos. Di certo andò diverse volte al santuario di Nostra Signora di Aparecida, anche non è rimasta alcuna prova fotografica o documentale della sua visita, secondo quanto ci hanno confermato i responsabili del santuario nazionale.
Infatti, sulla sua vita spirituale Pelé è sempre stato molto riservato e sono rare le immagini del "re del calcio" colto in momenti di preghiera. La testimonianza della sua fede proviene da quelli che hanno vissuto accanto a lui o delle sue dichiarazioni, come nell’intervista rilasciata all’Osservatore Romano il 9 luglio 2009: «Con i Pontefici ho potuto parlare della mia vita e di Dio, perché è stato Dio a regalarmi il dono di sapere giocare a calcio».
Nella stessa occasione Pelé ha ribadito la sua devozione mariana: «La fede nella Madonna di Aparecida e la fiducia in Dio mi hanno sostenuto nei momenti più difficili della mia vita». Pelé è stato ricevuto da tre pontefici: Paolo VI nel 1966, Giovani Paolo II nel 1978 e Benedetto XVI nel 2005, in Germania.
Non ha potuto salutare personalmente Francesco, ma ha regalato al Papa argentino, tramite l’allora presidente del Brasile Dilma Rousseff, una maglietta storica della Nazionale brasiliana firmata da lui. Durante il lungo periodo in cui è stato ricoverato, Pelé ha sempre manifestato la sua fiducia in Dio e in Maria, chiedendo ai suoi fan preghiere per la sua guarigione.
Sono state tantissime le manifestazioni di sostegno, in tutto il Brasile e nel mondo, ma in modo particolare nella sua parrocchia natale, dove si pregava il Rosario ogni giorno, e nel santuario di Aparecida, dove molti portavano la sua foto per lasciarla ai piedi della Madonna.
Ancora molto viva nella mente dei fan rimane l’immagine del genio del calcio che portava sempre al collo il suo Crocifisso dorato. Così come resta scolpito, pure, il suo appello di sei anni fa, in un momento anche quello di fragilità, dove riconosceva che «solo Dio è più importante della mia salute» (Instagram @Pele, 5 agosto 2016).
Chi era Pelè, il campione totale con la Vergine nel cuore
Edson Arantes do Nascimento, per tutti semplicemente Pelé, si è spento all’età di 82 anni, il 29 dicembre scorso. È stato l’unico giocatore della storia ad aver vinto tre edizioni del Campionato mondiale di calcio, a totalizzare un record di 1281 gol – realizzati con le maglie del Santos e dei Cosmos – in 1.363 partite, riconosciuto dalla Fifa, e considerato insieme con l’argentino Diego Armando Maradona, che l’ha preceduto in Cielo il 25 novembre 2020, il più forte giocatore della storia. Un dualismo, una rivalità, fra loro due, che sopravvive ancora oggi tra i rispettivi fan.
Pelé è stato un campione totale, fisicamente e atleticamente moderno rispetto ai tempi. Il tutto unito a una tecnica perfetta. Intelligenza e velocità, precisione nei passaggi e senso del gol, Pelé fu anche uno straordinario colpitore di testa, nonostante la statura non elevata. Fu il faro di quella che viene ancora oggi ritenuta la squadra più forte di sempre, il Brasile campione del Mondo nel 1970.
Dopo una lunghissima carriera da calciatore, tra Brasile e Stati Uniti, è stato poi un dirigente sportivo e ha anche avuto anche una parentesi da attore nel celebre film Fuga per la vittoria di John Houston. La sua celebre rovesciata è una delle scene più iconiche della storia del cinema e uno dei gesti tecnici più famosi nella storia del calcio. Pelé è stato anche ambasciatore delle Nazioni Unite per l’ecologia e l’ambiente, mentre dal 1995 al 1998 ha ricoperto il ruolo di ministro dello Sport brasiliano sotto la presidenza Cardoso.
Nel Santos, squadra con cui ha esordito a soli 15 anni, in 19 stagioni O Rei ha vinto 10 titoli paulisti, 6 campionati brasiliani, 2 Coppe Libertadores e 2 Coppe Intercontinentali. Il 19 novembre 1969 Pelé segnò il millesimo gol in carriera. La rete, chiamata familiarmente O Milésimo (Il Millesimo), fu siglata contro il Vasco da Gama su rigore nel mitico stadio Maracana.
Nel 1975, dopo un anno lontano dai campi di gioco, Pelé fu ingaggiato dai New York Cosmos, come uomo immagine della neonata North American Soccer League (NASL), che gli offrì, con il beneplacito del Governo brasiliano, un contratto di circa 4,5 milioni di dollari per tre anni. Con la squadra di New York riuscì a vincere il campionato nel 1977 e fu nominato MVP nel 1976.
Il 1º ottobre 1977 Pelé concluse la sua carriera disputando un’amichevole tra Cosmos e Santos, le sue due squadre. La partita fu disputata in un Giants Stadium tutto esaurito e fu trasmessa dalle televisioni di 38 Paesi di tutto il mondo. Il brasiliano giocò il primo tempo con i Cosmos e il secondo con il Santos. Gli sportivi italiani ancora ricordano la famosa finale allo stadio Azteca di Città del Messico nel 1970, dove il Brasile, grazie alle funamboliche giocate di Pelé, si laureò campione del Mondo per la terza volta, battendo l’Italia per 4-1.
Il gol di testa dell’1-0 viene considerato uno dei più belli della storia, il suo marcatore Tarcisio Burgnich, dopo la partita dichiarò: «Prima della partita mi ripetevo che era di carne ed ossa come chiunque, ma sbagliavo». Poi una lunga carriera a rappresentare il calcio in tutto il mondo, fino ai giorni nostri, con l’aggravarsi del tumore al colon e la sua dipartita che ha rattristato tutti, tanto da “scomodare” sia Vladimir Putin sia Joe Biden, i due tra gli uomini più potenti del Pianeta che hanno reso entrambi omaggio all’indimenticabile Edson Arantes do Nascimento. Condivideva l’amore per la Vergine di Aparecida, che ha portato sempre nel cuore fino agli ultimi giorni in ospedale, con altri grandi nomi del calcio carioca come Tite, ct dimissionario del Brasile dopo l’eliminazione ai Mondiali del Qatar 2022. O come il portiere Diego Alves, altro sportivo verde-oro, che addirittura si fece realizzare dei guanti con l’effigie della Beata Vergine.
Antonio Alizzi