La favola del Leicester sta facendo impazzire il mondo intero. Cenerentola è sempre attuale. E in questo caso il principe azzurro si chiama Claudio Ranieri. “Perché non dovremmo continuare a correre, correre e correre ancora? Noi siamo come Forrest Gump”. Questo affermava il coach romano qualche tempo fa rispondendo alle domande di un noto quotidiano inglese. Già, perché molto di Forrest Gump si ritrova nel Leicester: una squadra che era menomata, l’anno scorso stava per crollare nel baratro della retrocessione, con al timone Nigel Pearson. Poi, in luglio dello scorso anno il presidente tailandese Vichai Raksriaksorn decide che è giunta l’ora, proprio come Forrest Gump, di provare a togliere le grucce ai “Foxes”. Così, dopo varie indecisioni, decide di chiamare alla sua corte il pacato Claudio Ranieri, accogliendolo con la richiesta di portare i blue-white a una tranquilla salvezza, con un progetto di crescita per le stagioni successive, cercando di far arrivare la piccola cittadina inglese vicina alle tradizionali “grandi” della Premier.
Alla faccia: Ranieri vince la prima partita di campionato contro il Sunderland per 4 a 2. Già si era capito come sarebbe stata la solfa: la particolarità, però, è la modalità con cui si è ottenuto il primato in Premier League: Ranieri costruisce il suo successo ottenendo risultati positivi contro compagini considerate piccole, mentre contro club di rilevo strappa pareggi e anche qualche batosta (come la sconfitta patita per 2-5 contro l’Arsenal nella settima giornata). Com’è stato possibile portare in bacheca il primo scudetto nella massima serie britannica? Sicuramente partendo dalla mentalità. Se noi, in Italia, diremmo che una difesa solida e ripartenze veloci sono la base dei team considerati provinciali, in Inghilterra è arrivata la dimostrazione che si può vincere anche così, senza il bel gioco. In questo caso non c’è di mezzo certamente il calciomercato, visto che la maggior parte degli uomini che oggi costituiscono i magici undici non è stato ordinato da “The tinkerman” (soprannome dato al coach italiano, che significa “l’indeciso”). Basti pensare a Vardy, uno degli uomini chiave delle volpi: voluto fortemente nel 2012 dal Leicester, che allora militava in Championship League. Prima di allora, il campione di Sheffield non conosceva il calcio professionistico avendo giocato per club minori come Halifax Town e Fleetwood Town, riuscendo a mantenersi facendo lavori molto faticosi come il metalmeccanico per un’azienda che produce ausili ortopedici.
Il merito per l’acquisto di calciatori semisconosciuti che oggi costituiscono lo zoccolo duro del team di Ranieri andrebbe dato a Nigel Pearson (ex guida tecnica dei giocatori biancoblu) e al suo parco osservatori: Riyad Mahrez, ad esempio, è stato preso dal Le Havre nel 2014, ed è stato determinante, con i suoi gol, senza i quali probabilmente oggi non si potrebbe parlare della prima vittoria del Leicester in Premier League dopo 132 anni di storia calcistica. Forse il vero segreto di un successo del genere risiede proprio in una parola inglese, la parola “feeling”. Sì, perché tra i giocatori del Leicester e colui che veniva chiamato fino a poco tempo fa “l’eterno secondo”, si è instaurato un rapporto molto particolare, come se il fatto che solo un allenatore umile come Ranieri (seppure con esperienza) potesse guidare una società non abituata a sentire pronunciare la parola vittoria. E in effetti è stato così: un uomo di 64 anni che sembrava destinato a rimanere incompiuto è riuscito a tirare fuori il meglio da un gruppo di atleti su cui pochi avrebbero scommesso una sterlina.
Un precedente. A ben guardare, un precedente nel calcio inglese esiste e si chiama Nottingham Forest, team che riesce, nella stagione 1977-1978 a vincere la Premier Leauge al primo anno in massima serie, e poi nelle due annate successive, arriva a conquistare entrambe le Champions League. Augurando a Ranieri di ripetere queste imprese straordinarie, rimane il fatto che la città di Leicester ha potuto vivere emozioni incredibili, al punto che qualcuno sta già pensando di farci un film (più precisamente sulla storia dell’ex metalmeccanico Jamie Vardy). Intanto aumentano le famiglie inglesi che decidono di dare il nome Claudio ai propri bambini. Ma il fenomeno Leicester trascende come abbiamo detto i confini del Regno Unito, è diventato sinonimo di favola sportiva, dall'Europa agli Stati Uniti alla Cina si è trasformato in un fenomeno planetario. Chissà cosa penserà il caro vecchio nemico Josè Mourinho…