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mercoledì 18 settembre 2024
 
Crisi Russo-Ucraina
 

L'Ucraina in attesa, fra paure e desiderio di normalità

12/02/2022  Siamo andati a Zhytomyr, città a ovest di Kiev, a 150 km dal confine con la Bielorussia. Per raccontare il timore della guerra e le speranze della gente. La vita quotidiana e i piccoli e grandi progetti, come quello della scuola ucraino-italiana gestita dai Figli di don Bosco e nata nel 1994 grazie a un parroco di Reggio Emilia, don Giuseppe Dossetti

Via Mikhailovskaya, nel centro di Zhytomyr.
Via Mikhailovskaya, nel centro di Zhytomyr.

dalla nostra inviata in Ucraina

Il cielo sopra Kiev è carico di nubi di piombo, che incupiscono l’ultima neve caduta sulla capitale ucraina. L’atmosfera è rarefatta, ovattata, come sospesa. Il traffico di questa città sterminata (4 milioni di abitanti, che arrivano probabilmente a 6 milioni) - ci raccontano - è molto diminuito in questi giorni. Rispetto alla normalità, circolano poche macchine. Ci dirigiamo verso Ovest, a Zhytomyr, città di quasi 300mila abitanti a 130 chilometri da Kiev, e a circa 150 dal confine nord con la Bielorussia, dove da settimane sono ammassate le truppe di Mosca. Se l’invasione dovesse esserci, ci dicono, gli scenari potrebbero essere tre: l’intervento militare russo nella regione orientale del Donbass – quella più probabile -, oppure a Odessa, nel Sud, in Crimea, o attraverso la frontiera settentrionale con la Bielorussia.

Lungo via Mikhailovskaya, cuore pulsante di Zhytomyr, costellata di edifici eleganti, negozi, cinema e caffè, la vita quotidiana scorre tranquilla, conservando una patina di normalità, tra artisti di strada che suonano vecchie musiche popolari di epoca sovietica, famiglie con i bambini che si divertono spensierati a giocare con i clown e a ballare con enormi orsi polari. La strada pedonale termina sulla grande piazza dove sorge il monumento ai caduti del conflitto del 2014 quando, a seguito dell’intervento militare russo, la Crimea, regione meridionale affacciata sul Mar Nero, è stata annessa alla Russia – annessione di fatto, non riconosciuta – e gli oblast (province) orientali di Donetsk e Luhansk, nel Donbass, si sono autoproclamate repubbliche separatiste. Una guerra che ha lacerato e continua a lacerare l’Ucraina. Anche Zhytomyr ha avuto le sue vittime nel conflitto: più di cento persone, ricordate in un grande pannello commemorativo su un lato della cattedrale ortodossa di San Michele.

Il monumento ai caduti del conflitto del 2014 a Zhytomyr.
Il monumento ai caduti del conflitto del 2014 a Zhytomyr.

«Sento che la guerra potrebbe essere vicina. Sono molto preoccupato che la Russia possa attaccare l’Ucraina». Ruslan Lavinskly ha 37 anni e arriva da Donetsk. Ha dovuto abbandonare la sua città nel 2014, a causa della guerra del Donbass, ed è andato a vivere più nord, a Kharkiv, città vicinissima al confine con la Russia. «A Donetsk ero insegnante di filosofia, logica e politologia all’università», racconta, «oggi lavoro come psicologo». E’ arrivato a Zhytomyr come ospite delle Missioni don Bosco, che in Ucraina contano otto presenze, da Kiev a Leopoli, lavorando soprattutto sul fronte educativo, dalla scuola all’animazione negli oratori ai centri giovanili.

«L’Ucraina ha già avuto esperienza della guerra contro la Russia», continua Ruslan. «Ricordo bene cosa è successo a Donetsk otto anni fa, quindi può succedere di nuovo. Quando due potenze fanno un gioco di forza non si sa quando possono superare il confine». Quel confine, qui in Ucraina, è stato quasi oltrepassato. «Tutti cercano di vivere in pace, ma lo spettro della guerra incombe. E Kharkiv, dove risiedo ora, non può non essere preoccupata». Perché, in caso di attacco dalla frontiera orientale, questa città sarebbe la prima ad essere invasa dalle truppe russe.

Mentre la tensione internazionale sale, per le strade di Zhytomyr, come in quelle di Kiev, in Ucraina occidentale – quella più lontana dalla Russia, sotto ogni punto di vista – si cerca di mantenere la calma e non stravolgere la routine, pur nella lucida consapevolezza che in ogni momento ci si può aspettare che le cose precipitino e bisogna essere pronti a tutto, tenendo magari una valigia vicino alla porta di casa per scappare nel giro di breve tempo se necessario.

Al centro, Viktor Kliminsky; da destra, don Michal Wocial salesiano polacco, responsabile della scuola ucraino-italiana di Zhytomir, la direttrice dell'istituto; da sinistra, una dirigente della scuola, Nataliya Nagalevska, Sofia Ocunyeva.
Al centro, Viktor Kliminsky; da destra, don Michal Wocial salesiano polacco, responsabile della scuola ucraino-italiana di Zhytomir, la direttrice dell'istituto; da sinistra, una dirigente della scuola, Nataliya Nagalevska, Sofia Ocunyeva.

La situazione di crisi, tuttavia, si riversa sulla vita quotidiana, così come sulla scuola e sull’istruzione: «Una volta a settimana riceviamo messaggi che ci avvertono della presenza di una bomba in una scuola o un supermercato. Ma noi sappiamo che si tratta di provocazioni da parte della Russia, cerchiamo di mantenere la calma ed evitare il panico. Tanti volontari, comunque, sono pronti ad arruolarsi: in caso di conflitto noi siamo preparati». A parlare è Viktor Kliminskyi, segretario del Consiglio comunale di Zhytomyr. Lo incontriamo nella scuola ucraino-italiana “Vsesvit” (Universo) di Zhytomyr, la prima istituzione scolastica privata di questa regione, gestita da due anni dai salesiani.

La nascita della scuola, che comprende classi dalla primaria alle superiori per un totale oggi di circa 200 allievi, venne promossa da don Giuseppe Dossetti (nipote del famoso e omonimo giurista, politico, partigiano e membro dell'Assemblea costituente), parroco a Reggio Emilia, quando nel 1992 andò in viaggio in Ucraina con il Centro italiano di solidarietà di Reggio e quello di Piacenza. E a Zhytomyr, città con una importante presenza cattolica, incontrò il vescovo e decise di sostenere la nascita di un istituto scolastico cristiano, che venne inaugurato nel 1994, sotto la guida della fondatrice, Sofia Ocunyeva.

Oggi, sotto la gestione dei Figli di don Bosco, la scuola “Universo” è un centro educativo di eccellenza, che promuove i valori cristiani e mantiene saldi i legami con l’Italia, in particolare con l’Emilia Romagna. E per il 2027 è prevista l’apertura di una nuova scuola, sempre dei salesiani, su un terreno donato dal Comune. «Nell’istituto salesiano si formano giovani ucraini sulla base di forti valori cristiani e valori patriottici», aggiunge Kliminsky. «Patriottismo per noi significa promuovere la conoscenza della nostra storia libera dalle falsificazioni e mistificazioni create dall’Unione sovietica e fornire informazioni vere ai nostri giovani».

Anastasia con l'amico Roman al Centro giovanile salesiano di Korostyshiv.
Anastasia con l'amico Roman al Centro giovanile salesiano di Korostyshiv.

Patriottismo, un concetto che ricorre spesso da queste parti. Lo ripete anche Sofia Ocunyeva, che negli anni Ottanta scontò quasi quattro anni di carcere, colpevole di aver organizzato incontri di preghiera in casa sua - vietati nell’Urss atea - e aver scritto libri di spiritualità: «Noi continuiamo a educare i nostri studenti a essere patriottici, però», sottolinea, «senza rabbia». Intanto, nell’oratorio della scuola, i ragazzi si incontrano e passano il tempo insieme fra chiacchiere e ping pong. «Certamente con gli studenti parliamo della situazione», osserva Nataliya Nagalevska, 48 anni, insegnante di lingua italiana, «ma soprattutto preghiamo per la pace. Ogni lunedì promuoviamo una preghiera comune con tutta la scuola. I nostri bambini pregano tantissimo e la loro è una preghiera così sincera. Pregavano per la guerra del 2014, hanno pregato per la pandemia del Covid. E ora pregano perché questa crisi non porti al conflitto».

È la speranza che anima anche i ragazzi del Centro giovanile salesiano di Korostyshiv, a pochi minuti di distanza da Zhytomyr. Come Anastasia, sedicenne, viso pulito e sorridente. Si cimenta in un gioco da tavolo con i suoi amici e guarda al domani con fiducia. «Sono all’ultimo anno delle superiori e so cosa voglio fare dopo, ho già scelto di studiare marketing in un ateneo in Polonia», racconta. «Spero che il futuro del mio Paese sia luminoso, ma tutto dipende da noi. Certo che abbiamo paura, ma coltiviamo la speranza e preghiamo. E invitiamo tutti a pregare per noi».

 

(Foto di Giulia Cerqueti. In alto: il centro di Zhytomyr).

 
 
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