Separati da un un lungo tavolo (Vladimir Putin è ossessionato dal COVID) lunedì 7 febbraio il presidente russo e quello francese Emmanuel Macron hanno discusso per quasi sei ore della crisi in Ucraina. L’obiettivo della vigilia di Macron, presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, era evitare un'escalation militare nel conflitto alla frontiera tra la Russia e l’Ucraina, dove i russi hanno ammassato circa 120 mila soldati.Il presidente francese, diretto a Kiev per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha affermato di aver ottenuto ieri sera nel colloquio al Cremlino seguito da una cena sontuosa "che non ci sarà un'escalation" nella crisi con l'Ucraina.
Nessuna svolta vera, quindi."Da parte nostra - ha detto il capo del Cremlino - faremo di tutto per trovare dei compromessi che potranno soddisfare tutti". Per Putin, né lui né Macron vogliono una guerra Russia-Nato che "non avrebbe vincitori".
L’aspetto positivo è che alla frontiera russo-ucraina non è stato ancora sparato un colpo, invece la diplomazia è al lavoro con una girandola di incontri, visite, telefonate. Oltre alla visita di Macron a Mosca, la diplomazia transcontinentale di lunedì includeva il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il capo della diplomazia dell'UE Josep Borrell in visita a Washington, il presidente polacco Andrzej Duda a Bruxelles e diversi ministri degli esteri europei a Kiev.
Di rilievo l’incontro a Washington fra il presidente statunitense Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz (finora rimasto molto nell’ombra in tutta la crisi). Biden ha minacciato di chiudere il gasdotto Nordstream 2, che dovrebbe portare gas russo verso la Germania, se Mosca deciderà di invadere l'Ucraina.
Nei giorni scorsi ci sono state le telefonate fra il segretario di Stato USA Blinken e il ministro degli esteri russo Lavrov. Mario Draghi ha parlato al telefono con Putin. Hanno cercato visibilità nella crisi anche leader politici disperatamente ala ricerca di una ribalta internazionale per far dimenticare i loro problemi a casa. È il caso del premier britannico Boris Johnson, in piena crisi di credibilità per lo scandalo dei festini organizzati nella sua residenza durante il lockdown. Johnson è volato a Kiev e ha ripetuto che il governo di Londra è "un fermo sostenitore della sovranità ucraina”. Londra ha anche minacciato pesanti sanzioni nei confronti degli oligarchi russi in caso di attacco della Russia all’Ucraina. In un articolo pubblicato sul quotidiano The Times martedì, Johnson ha aggiunto che il Regno Unito sta valutando la possibilità di schierare caccia della Royal Air Force e navi da guerra della Royal Navy "per proteggere l'Europa sud-orientale".
Anche il presidente turco Erdogan, nel momento in cui l’inflazione vola alle stelle e la lira turca precipita, ha cercato visibilità volando a Kiev e offrendosi nel ruolo di mediatore fra Russia e Ucraina. Erdogan, che intanto vende armi agli ucraini, aspetta quanto prima una visita di Putin ad Ankara.
Sono in tanti, quindi, che cercano di trarre vantaggio dalla crisi ucraina. Forse non c’è ancora la de-escaltion, ma neppure la temuta escalation, sempre possibile, anche per via di un incidente di frontiera quando si fronteggiano eserciti pesantemente armati. Tra l’latro, martedì 8 febbraio sei navi da guerra russe si stanno dirigendo verso il Mar Nero dal Mediterraneo per esercitazioni navali.
Putin resta fermo sulle sue principali richieste: la fine della politica di allargamento della NATO, l'impegno a non dispiegare armi offensive vicino ai confini russi e il ritiro delle infrastrutture militari dall'Alleanza Atlantica ai confini del 1997, vale a dire prima che l'organizzazione accogliesse al suo interno ex membri del blocco sovietico.I paesi occidentali hanno già respinto una serie di richieste di Mosca, tra cui che l'alleanza di difesa della Nato escluda l'adesione dell'Ucraina e che riduca la sua presenza militare nell'Europa orientale. Hanno invece suggerito altre aree di negoziazione, ad esempio dei colloqui sul taglio degli armamenti nucleari.