Dario Nardella, 46 anni, sindaco di Firenze.
Ha voluto alle sue spalle la bandiera ucraina e ha chiesto a tutti i presenti un minuto di silenzio «per le prime vittime del conflitto e chiedere alla Russia e al mondo intero di fermare immediatamente la guerra lasciando la voce alla diplomazia». Queste le parole con cui il sindaco di Firenze Dario Nardella ha aperto i lavori di “Mediterraneo Frontiera di Pace, il forum al termine del quale, sabato 26 febbraio a Palazzo Vecchio 60 vescovi e altrettanti sindaci di 20 Paesi del Mediterraneo hanno approvato la Carta di Firenze. È stato lui, Nardella a sottoscriverla con il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, a nome di tutti i delegati in una cerimonia commovente. «Una conquista storica», dice senza mezzi termini il sindaco toscano. «Abbiamo fatto un passo in avanti partendo da Giorgio La Pira, ma viene naturale ammettere che rispetto al suo tempo abbiamo fatto tanti passi indietro: le guerre sono aumentate, l’inquinamento non c’era e oggi affligge il Mediterraneo. L’idea di questo forum è nata da un conversazione con il presidente della Cei nell’ottobre 2020. Da allora non abbiamo mai smesso di lavorare insieme»
Sindaco, che cosa lasciano a Firenze e a lei personalmente queste cinque giornate?
«Mi sono arricchito moltissimo e credo che questo valga anche per la mia città. Queste giornate trascorse con sindaci e vescovi delle principali località del Mediterraneo ci hanno permesso di conoscerci meglio e incoraggiarci a vicenda, fatto ancora più importante in un momento tragico in cui l’Europa sta vivendo una guerra. Situazioni come il forum che abbiamo appena concluso danno energia, forza di reagire. Posso dire in tutta franchezza che dal 2014, anno in cui sono diventato sindaco, è sicuramento l’evento internazionale più bello e intenso cui abbia partecipato e anche la cosa più impegnativa. Penso avrà davvero una portata storica per la Chiesa e per tutte le amministrazioni comunali coinvolte».
Che cosa altro manca perché il clima di collaborazione di queste giornate decolli in un’armonia più costante con risultati ancora più rilevanti?
«La carta che abbiamo firmato a Firenze è un punto di arrivo, ma anche di partenza: se da un lato è stato un successo che i vescovi e i sindaci, tanti dei quali appartenenti a religioni diverse, si siano posti degli obbiettivi comuni, dall’altro ora si apre la sfida per attuarli in concreto. Per farcela è necessario mantenere questi rapporti intessuti al Forum, non perdersi di vista, perché dal confronto possiamo trovare grande aiuto, il che è di vitale importanza per tutte le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo. La carta di Firenze, in questo senso, è un buono strumento di lavoro. Con il cardinale Bassetti e monsignor Raspanti (vicepresidente Cei; ndr) siamo d’accordo di portare la Carta non solo al Papa, ma anche ai leader del mondo, ai capi di Stato e di Governo. Sarà una sorta di pellegrinaggio perché questa dichiarazione comincia a vivere da oggi, partendo da Bruxelles».
Quando inizierà questo “pellegrinaggio” di Pace?
«Molto presto».
Che cosa può fare in concreto la “rete mediterranea” di sindaci e vescovi di fronte a una crisi internazionale grave come quella divampata in Ucraina?
«Può lavorare e ottenere moltissimo, in realtà. Come diceva La Pira se c’è pace nel Mediterraneo, c’è pace nel mondo. E in questi giorni drammatici abbiamo un chiaro segno di quanto questo sia vero con cinque portaerei nelle acque del Mediterraneo, una russa, due europee e due americane, pronte a colpire se il conflitto si dovesse estendere. Stiamo vedendo come la guerra in Ucraina tocca l’intera nostra area, la stessa strategia espansionistica di Putin è dettata dagli interessi sul Mar Nero che fa parte del Mediterraneo. Per questo dobbiamo lavorare uniti e mantenere, vivo e consolidare il rapporto tra autorità civili e religiose di quest’area che sta già dando buoni frutti».
Giorgio La Pira, come ha ricordato il cardinale Bassetti a chiusura del forum, era solito ripetere che «la preghiera è più potente di una bomba nucleare”. Anche lei prega?
«Sì, io sono credente e prego tutti i giorni, soprattutto la mattina e invoco spesso san Filippo Neri, che è uno dei protettori della città, nella chiesa vicina a Palazzo Vecchio. Questa figura mi colpisce molto: fu una sorta di San Giovanni Bosco del Cinquecento, dedicando ogni energia ai giovani, soprattutto a quelli in condizioni di povertà».
Che cosa può fare una città come Firenze per migliorare la prospettiva di vita della nuova generazione?
«Si può e si deve fare tanto, anche se dobbiamo smettere di dire o pensare che i giovani sono il futuro, in realtà sono il presente. Dobbiamo fare di tutto per sostenerli nelle ferite intime provocate dalla pandemia. Se fosse vivo don Milani si batterebbe contro la Dad. Bisogna restituire ai ragazzi i loro rapporti, quello scambio costante correlato alla scuola in presenza. Ridare loro quest’ultima nella pienezza dev’essere il primo obbiettivo, poi va garantito ai giovani non solo l’ascolto, ma anche un ruolo propositivo e attivo nella società. In questi giorni, grazie ai progetti portati a termine con Rondine Cittadella della Pace e la Caritas, ho avuto modo di constatare ancora una volta come la creatività e l’impegno dei ragazzi possono rivelarsi fondamentali».
Sindaco, in tanti, anche in seno all’ambiente ecclesiastico, hanno protestato per la presenza tra i relatori a questo forum, dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti per via del suo ruolo di direttore della Fondazione Med-Or, voluta e istituita da Leonardo spa, azienda leader nel campo degli armamenti, ma anche per gli accordi con la Libia stretti durante il suo dicastero, 5 anni fa, in seguito ai quali sono nati i “nuovi lager”. Che cosa replica a queste critiche?
«A mio avviso il dialogo va fatto anche con chi ha punti di vista diversi o compie scelte che non si condividono. Non possono esservi pregiudizi nel confronto costruttivo. Per questo io rispetto e accetto pienamente anche le critiche. Ma devo aggiungere che sono tra i sindaci che nel 2017 hanno lavorato col ministro Minniti per creare i cordoni umanitari in aiuto dei rifugiati provenienti dalla Libia. Un’iniziativa che ha permesso di salvare molte vite umane. Io parlo, quindi, delle cose che ho visto, non delle cose che si sentono dire. Se Minniti ha sbagliato è giusto che paghi, ma non sono io a doverlo giudicare, non sono nessuno per giudicare chicchessia. Perfino papa Francesco dice che lui “non è nessuno per giudicare gli altri”, così come ripete sovente che “la superbia è il peccato più subdolo”. Ecco, c’è tanta superbia e quindi tanta facilità a giudicare e condannare gli altri. A me questo non piace, io non giudico nessuno».