«Non c’è edificio che non sia stato colpito. Una situazione catastrofica». È la sintesi di Ertugrul Apakan, il capo della missione di monitoraggio dell’Osce in Ucraina, dopo che lo scorso marzo era riuscito a entrare nella cittadina di Shirokine, nella provincia filorussa di Donetsk.
L’Unhcr aveva confermato «il peggioramento della situazione, soprattutto nell’est, a causa delle restrizioni alla circolazione di merci e persone».
La guerra in Ucraina ha ucciso quasi 6 mila persone e ne ha ferite più di 15 mila. Ci sono 1.100.000 sfollati interni e 674.300 rifugiati nei Paesi confinanti, soprattutto in Russia (542.800) e Bielorussia (80.700). Nelle province orientali alcune famiglie hanno avuto la casa danneggiata, ma non vogliono andarsene: vivono accampate nei bunker e negli scantinati sotto le macerie delle abitazioni. In tutto il Paese, le Nazioni Unite stimano in cinque milioni le persone che necessitano di aiuto. L’Ocha, l’agenzia dell’Onu, ha preparto un “Piano di risposta umanitaria” da 316 milioni di dollari, ma ad oggi ne sono stati erogati solo 37. Di questi, 23 arrivano dall’Ue e 0,25 dall’Italia.
Per questo, Soleterre e Amici dei Bambini, due Ong che da oltre 10 anni aiutano i minori in Ucraina, lanciano un appello alle altre associazioni: «Uniamo le forze per sopperire alla debole reazione della comunità internazionale. Altrimenti rischiamo di avere un’altra infanzia perduta come già si è verificato nei Balcani».
E agli italiani chiedono il sostegno economico per un popolo, quello ucraino, che proprio in Italia ha molti lavoratori.
Ai.Bi. opera con i ragazzini abbandonati degli istituti e, per l’emergenza, sta seguendo 8 mila bambini nell’area rurale di Kharkiv. «Distribuiamo», dice il presidente Marco Griffini, «cibo, pannolini, sapone, indumenti e latte in polvere, perché la maggior parte delle mamme ha perso la capacità di allattare per lo stress. I bambini più grandi hanno invece bisogno di recuperare il trauma di aver assistito alla violenza del conflitto».
Il centro della Comunità di Sant'Egidio "Vela della speranza".
Sempre a est, a Slovyansk, la Comunità di Sant’Egidio ha ristrutturato la “Vela della speranza”. È un’oasi di colore in una cittadina ingrigita dalla guerra, con 30 mila sfollati in tende ed edifici diroccati. Il centro ospita 25 bambini e 40 famiglie di profughi, ma soprattutto è un luogo di raccolta aiuti e distribuisce ogni giorno generi di prima necessità.
Soleterre aiuta invece i bambini ucraini malati di cancro. Dice il suo presidente Damiano Rizzi: «Sosteniamo ogni anno 2 mila minori con le loro famiglie, due ospedali pubblici, dieci associazioni locali e promuoviamo la formazione del personale medico e paramedico. Abbiamo aperto una casa d’accoglienza che ogni anno ospita 80 famiglie con bambini malati di cancro. Eppure, questi mesi di conflitto hanno quasi azzerato i progressi fatti finora». Secondo l’associazione, chi soffre di più sono le persone malate con patologie croniche che hanno bisogno di cure quotidiane.
Distruzioni a Sloviansk.
Del resto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’emergenza sanitaria per 1,37 milioni di persone, di cui 100 mila bambini sotto i cinque anni. Nelle zone degli scontri tra Donetsk e Luhansk, più di 50 strutture sanitarie sono state danneggiate o completamente distrutte. Alcune tentano di erogare cure di base, ma sono senz’acqua, cibo ed elettricità.
Da mesi manca il personale: per l’Ocha, già a novembre aveva lasciato il posto di lavoro il 30% dei medici, il 30-50% degli infermieri e il 50-70% degli operatori paramedici. Il principale centro regionale per malati di cancro, quello di Donetsk, ha letteralmente chiuso i battenti.
Anche nella zona controllata da Kiev c’è l’emergenza farmaci: dal Ministero della Salute, dopo quasi un anno, sono cominciate ad arrivare le prime forniture, ma riescono a coprire solo il 60% del fabbisogno nel reparto di oncologia pediatrica, mentre in quello di neurochirurgia le medicine mancano del tutto.
Natalia Onipko, presidente di Zaporuka, l’associazione gemella di Soleterre in Ucraina, pensa in particolare ai bambini malati di cancro che la onlus visita nell’ospedale di Kiev: «Le liste di attesa sono lunghissime, dobbiamo curare anche tutti i bambini scappati dall’est». Kyrilo, 9 anni, aveva iniziato le cure per un sarcoma alla tibia destra a Horlivka, la sua città natale, un anno fa. Quando i combattimenti sono arrivati alla porta di casa e il patrigno è fuggito in Crimea, la madre lo ha portato nella capitale. Lei è una donna povera e comunque all’est quasi tutti i conti in banca sono bloccati; grazie a Zaporuka e al sostegno economico dall’Italia di Soleterre, il figlio è stato operato, sottoposto alla chemioterapia e sta affrontando le complicanze postoperatorie.
«Abbiamo dovuto acquistare tutto», racconta la presidente della onlus, «anche i fili di sutura». «Servono aiuti dall’estero», continua, «perché all’emergenza sanitaria si somma la crisi economica che sta mettendo in ginocchio le finanze del Paese». A inizio febbraio la Banca centrale ucraina ha lasciato fluttuare la moneta locale, facendo ulteriormente schizzare i prezzi alle stelle, dal cibo al gas per uso domestico. In un anno, la grivna ucraina è scesa a un terzo del valore iniziale. Tutti i farmaci, specie quelli prodotti all’estero, sono stati colpiti dall’inflazione, in media con un rincaro dell’80%. A volte anche di più: la Vinorelbina, un antitumorale per mammella e polmoni, a marzo 2014 costava 484 grivne, a gennaio 761 (+157%) e a febbraio 1091 (+225%).
Senza essere ascoltate, le associazioni dei pazienti ucraine avevano chiesto alle case farmaceutiche che partecipano alle gare d’appalto di mantenere inalterati i prezzi rispetto al 2013.
«Nell’ultimo budget», spiega Onipka, «il Ministero della Salute ha dichiarato che i fondi stanziati per il 2015 riusciranno a coprire solo il 30-40% dei programmi sanitari nazionali, ma con l’aumento dei prezzi delle ultime settimane, la percentuale scende al 15-20%».
Per l’associazione Patients of Ukraine, saranno lasciti senza cure metà dei pazienti con aids, cancro, emofilia, tubercolosi, fibrosi cistica, diabete e altre malattie croniche.
L'infanzia, come sempre accade nelle guerre, è la più colpita nel conflitto ucraino.
In alcuni casi, anche pagando, le medicine non si trovano più. Rimane solo il mercato nero, ma per i genitori vuol dire spendere tutti i loro averi o indebitarsi, dato che alcuni farmaci vengono venduti con un rialzo del 3.200%.
«A questo», aggiunge la presidente di Zaporuka, «si somma la corruzione, che è strutturale in Ucraina ed è stata tra le cause dello scoppio delle proteste». Secondo Transparency International, l’Ucraina è stato il Paese più corrotto d’Europa nel 2012 e nel 2013, dove 2 miliardi di grivne su 40, cioè il 5% dell’intero mercato farmaceutico, si perdono per questo motivo. Già prima dello scoppio delle rivolte, il 77% della popolazione affermava di aver percepito e constatato un alto tasso di corruzione nel settore sanitario, preceduto solo da quello della giustizia e della polizia (85%).
La corruzione entra in gioco anche per gare d’appalto, procedure di licenza, falsificazione di medicinali, certificazione di farmaci esteri, licenze d’importazione e controlli di qualità. L’ex ministro della Salute Oleh Musiy ha recentemente raccontato i meccanismi che coinvolgono più di 10 imprese statali alle quali è affidata la maggior parte delle commesse: conflitti d’interesse e legami familiari monopolizzano l’accreditamento e la vendita di farmaci.