«Tutti gli abitanti di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia diventanto nostri cittadini per sempre». Uno scroscio di applausi si leva dalla sala di San Giorgio del Gran palazzo del Cremlino, gremita di esponenti politici, subito dopo la solenne dichiarazione di Vladimir Putin. Con un lungo, altisonante discorso, carico di retorica e di riferimenti al passato e alla storia, rivolto alla Russia, all'Ucraina e alla comunità internazionale, il 30 settembre il presidente russo annuncia l'annessione a Mosca delle quattro regioni ucraine occupate dove dal 23 al 27 settembre si è svolto un referendum che la comunità internazionale ha bollato come "farsa" e non ha riconosciuto perché avvenuti sotto la minaccia delle armi, con i soldari russi che passavano casa per casa per far votare i cittadini. Il territorio che la Federazione russa si annette si estende per circa 100mila chilometri quadrati, il 15% di tutto il territorio nazionale ucraino, una lunga fascia di terra che si unisce alla Crimea (già annessa nel 2014), molto strategica perché rappresenta la maggior parte dello sbocco sul Mar Nero per l'Ucraina.
Nel corso della cerimonia per la firma dei decreti di annesisone - un grande, trionfale spettacolo mediatico al quale erano presenti i quattro leader separatisti delle regioni annesse - il leader del Cremlino afferma che i popoli di queste regioni hanno fatto la loro scelta. Nel suo discorso richiama il crollo dell'Unione sovietica nel 1991, considerato «una catastrofe nazionale» che ha portato alla nascita di nuovi Paesi e nuovi confini. Ora l'Unione sovietica non esiste più, continua Putin, e nemmeno i russi vogliono tornare al loro passato. «Ma non esiste niente di più forte di milioni di cittadini che hanno la stessa cultura, stesse tradizioni, stessa lingua, che pensano di far parte della Russia e hanno deciso di tornare nella loro madre patria storica». Putin lancia poi la sua sfida all'Occidente: redarguisce l'Europa e gli Stati Uniti parlando di neocolonialismo. Con toni durissimi afferma che, dopo la caduta dell'Urss nel 1991, l'Occidente .pensava che la Russia fosse distrutta. E, prosegue Putin, «cerca di distruggere la Russia, dividere il nostro Paese». Parole durissime, che evocano ancora una volta lo scontro fra Russia e Occidente, fra due blocchi storicamente contrapposti e nemici, e non lasciano spazio alla conciliazione e al dialogo.
L'offensiva russa non si placa: ieri, mentre Putin pronunciava il suo discorso, a Zaporizhzhia, sede della centrale nucelare più grande d'Europa che al momento è ferma ed è sotto il controllo dei russi, un attacco missilistico russo ha provocato almeno 25 vittime e numerosi feriti. Persone che, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, stavano cercando fuggire dal territorio occupato dalle forze di Mosca. E Kyiv denuncia l'arresto da parte delle forze russe di Igor Murashov, direttore della centrale nucleare, che ha la responsabilitò della sicurezza dell'impianto.
Con la mossa dell'annessione, ora Mosca cambia la sua strategia bellica: da operazione militare speciale, come il Cremlino aveva definito l'invasione dell'Ucraina (vietando la parola guerra), adesso Mosca parla di guerra difensiva e, di conseguenza, nella visione russa ora le azioni miliari ucraine nei territori annessi diventerebbero aggressioni. La reazione degli Stati Uniti e dell'Unione europea non si è fatta attedere: la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha ribadito senza mezzi termini che l'annessione è illegale, che non sarà mai riconosciuta e che i territori occupati dai russi sono e restano ucraini. Anche altri Paesi, come India, Cina e Turchia hanno dichiarato di non riconoscere l'annessione. Molto dura anche la risposta del presidente ucraino Zelensky, che non è disposto a trattare con Putin a queste condizioni e ha chiesto di accelerare il processo di adesione di Kyiv alla Nato.
(Foto Reuters: Putin alla cerimonia del 30 settembre al Cremlino)