Una panoramica di Kiev. Ansa. In alto e in copertina: manovre militari russe fuori Mosca nell'agosto scorso. Foto Reuters.
UN PO' DI STORIA PER CAPIRE COSA ACCADE OGGI
Se si vuole capire che cosa succede, e soprattutto che cosa potrebbe succedere, in Ucraina, bisogna spogliarsi della visione “buoni contro cattivi” che invece impera sui media occidentali, russi e ucraini. Qui ci sono solo tante ragioni, molto spesso legittime, che la politica agita a piacimento. Intanto, bisogna mettere in fila alcuni fatti. 2014: il cosiddetto Euromaidan caccia il presidente (legittimo) Yanukovich, colpevole di aver disdetto la procedura di affiliazione alla Ue in nome di una politica filo-russa. È uno di quegli eventi che, quando sono lanciati dagli amici e riescono, chiamiamo rivoluzione; quando sono dei nostri avversari e non riescono, li chiamiamo colpi di Stato. A Kiev, grazie anche ad abbondanti denari in arrivo dagli Usa, riesce, quindi è una rivoluzione. Anzi, la Rivoluzione della dignità, come la chiamano gli ucraini. 2014 bis: la Russia, che perdendo l’ascendente sull’Ucraina già immagina le portaerei Usa sul Mar Nero e i missili Nato ai confini, si riprende la Crimea, violando una lunghissima serie di trattati internazionali. Anche lì: referendum “amico” dei crimeani che approvano il ritorno nella Grande Madre. Non contenta, Mosca soffia sul fuoco del separatismo nel Donbass, regione per mille vicende storiche assai legata a Mosca, contribuendo a innescare la guerra civile che dura tuttora.
2015: vengono firmati gli accordi di Minsk II per una pacificazione del conflitto, rimasti lettera morta. E si capisce perché: l’Ucraina dovrebbe cambiare la Costituzione e garantire una qualche forma di autonomia alle due Repubbliche filorusse di Lugansk e Donetsk, cosa che costerebbe il collo a qualunque Governo di Kiev. I separatisti dovrebbero disarmare e la Russia smettere di immischiarsi, cosa che né gli uni né gli altri si sognano di fare in cambio di sole promesse. Negli anni, invece, è successo esattamente il contrario. L’orgoglio nazionale (positivo) e il nazionalismo (negativo) degli ucraini sono andati crescendo. Con essi anche il desiderio di allontanarsi il più possibile dalla Russia per entrare a pieno titolo nell’Occidente, tanto che l’adesione all’Unione Europea e alla Nato sono addirittura iscritti nelle Costituzione. Nello stesso tempo, la Russia ha stretto i legami con le Repubbliche separatiste: gli abitanti del Donbass possono chiedere il passaporto russo (e 400 mila l’hanno già fatto) e tra Donetsk e Lugansk e Mosca è entrato da poco in vigore un trattato di libero scambio.
Una veduta di Mosca. Ansa.
Putin è cinico, ma non stupido.Un'avventura militare porterebbe più guai che benefici...
Senza tenere presente tutto questo è difficile raccapezzarsi nella nuvola di dicerie messe in giro dalle opposte propagande. La principale è quella che spunta a fasi alterne e di cui si parla tanto anche in queste settimane, ovvero che la Russia vuole-si appresta-sta per invadere l’Ucraina. Se ne parla con una faciloneria che si spiega, appunto, solo con la propaganda. L’Ucraina ha 45 milioni di abitanti e una superficie doppia rispetto all’Italia. È appoggiata, anche a livello di armamenti, dagli Usa, dalla Turchia e da una lunga serie di Paesi europei. In caso di conflitto sarebbe spalleggiata, e non solo a titolo morale, da mezzo mondo. In Russia, come da recenti sondaggi, l’appoggio a un’impresa del genere è men che tiepido.
Vladimir Putin è freddo e cinico ma non stupido: perché dovrebbe imbarcarsi in un’impresa in cui i rischi sono enormi e certi e i vantaggi incerti e minimi? Per dirla con Ivan Timofeev, direttore del think tank russo Club Valdai: “I costi di una possibile guerra contro Kiev superano di gran lunga i benefici. La guerra è carica di rischi significativi per l’economia, la stabilità politica e la politica estera russa. Non risolve i principali problemi di sicurezza, mentre ne crea molti di nuovi”. Anche perché: chi lo dice che alla Russia interessi controllare tutta l’Ucraina? Gran parte dei possibili obiettivi Mosca li ha già raggiunti: Kiev ha perso, di fatto, il 7,2% del territorio e il 10% della popolazione, oltre che il controllo su una parte del Paese, il Donbass, che prima del 2014 “valeva” il 20% del Pil e il 25% delle esportazioni.
Riannettendo la Crimea, inoltre, Mosca domina la situazione militare del Mar Nero. L’Ucraina è azzoppata dal punto di vista strategico ed economico e la perdurante tensione allontana le ipotesi di ingresso nella Ue e nella Nato. Che altro potrebbe volere, il Cremlino? Gli stessi dilemmi, ma rovesciati, toccano al grande alleato e sponsor dell’Ucraina, gli Usa. Il contrasto tra Kiev e Mosca torna utile a Washington: mette un argine alla Russia, riduce la sua area di influenza e spinge il Paese delle materie prime (la Russia, appunto), ancor più lontano dall’Europa delle industrie e dei produttori.
Una "superluna" nel cielo di Washington. Foto Ansa/Epa
... e gli Usa vogliono raffreddare la febbre con Mosca, così utile per contenere la Cina
Nello stesso tempo, però, l’Ucraina per gli Usa è anche un problema. Ostacola la distensione con la Russia, che sarebbe così utile per sperare di contenere la Cina. Divide gli europei, che sono anche stufi di farsi ricattare dai Paesi, per prima la Polonia, che hanno un contenzioso storico con Mosca, e genera casi come quello del gasdotto Nord Stream 2, difeso dalla Merkel anche contro Washington. Costringe a tenere alta la tensione militare, cosa di cui nessuno sente davvero il bisogno. Insomma, una grana.
Anche perché in Ucraina, sia il presidente Poroshenko sia il successore Zelensky, stremati dalle difficoltà e dalle faide interne, hanno finito per appoggiarsi al nazionalismo spinto per sostenere le proprie fortune. È questa debolezza, assai più dello sfoggio di mezzi militari della Russia e delle minacce della Nato, l’elemento che potrebbe incendiare davvero la situazione. Mentre tutti scrutano il cielo in attesa del volo dei missili o analizzano le foto dei satelliti per vedere dove stanno i carri armati, nel Donbass si continua a morire. Gli ucraini da tempo sono passati all’offensiva. Una delle loro operazioni più riuscite è stata gettare un ponte sul fiume Kalmius, una delle mosse preliminari a un (possibile) attacco contro il territorio di Donetsk, per isolare la città e toglierle lo sbocco al mare.
Se questo avvenisse, Mosca di certo reagirebbe e si parlerebbe di guerra vera. Una follia con incognite enormi. Quanta potenza userebbe Mosca? Quanto è preparato l’esercito ucraino allo scontro con un esercito vero e non più con una ben armata ma ridotta milizia popolare? Il rischio per Kiev è che succeda come alla Georgia nel 2008. Il presidente Saakashvili, nel tentativo di recuperare la separatista e filo-russa Ossetia del Sud, si fidò delle promesse di aiuto di George Bush Junior e passò all’attacco. Una settimana dopo si ritrovò con i carri armati russi alle porte della capitale Tbilisi, mentre i famosi aiuti americani latitavano.
Il rischio per Mosca è che questa volta, trattandosi di un Paese inserito nel cuore dell’Europa come l’Ucraina, la reazione internazionale sarebbe concreta e non virtuale, facendo salire alle stelle il prezzo di un’operazione a favore del Donbass. Per gli Usa (come per la Germania, la Francia o il Regno Unito) il problema sta altrove: davvero le famiglie americane sarebbero disposte a vedere tornare indietro le bare dei loro figli morti per Kiev? È ora, quindi, che tutti mettano un po’ di moderazione in un discorso pubblico pieno di minacce che nessuno, a meno di colpi di testa da ospedale psichiatrico, può pensare di mantenere. E che Biden, che tra pochi giorni dovrebbe di nuovo parlare con Putin, dica due paroline serie anche a Zelensky.