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martedì 18 marzo 2025
 
Udienza giubilare
 

L'elemosina, altro nome della misericordia

09/04/2016  Il Papa invita a ricordare che fare l'elemosina non è un dovere da cui liberarsi in fretta, ma un atto d'amore. «Se non distoglieremo il nostro sguardo dal povero, Dio non lo distoglierà da noi»

L'elemosina come aspetto essenziale della misericordia. Nella sua quarta udienza giubilare, con in piazza una nutrita presenza dei settimanali diocesani riuniti nella Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) papa Francesco commenta il Vangeli per dire che «può sembrare una cosa semplice fare l’elemosina, ma dobbiamo fare attenzione a non svuotare questo gesto del grande contenuto che possiede. Infatti, il termine “elemosina”, deriva dal greco e significa proprio “misericordia”. L’elemosina, quindi, dovrebbe portare con sé tutta la ricchezza della misericordia. E come la misericordia ha mille strade, mille modalità, così l’elemosina si esprime in tanti modi, per alleviare il disagio di quanti sono nel bisogno».

L'elemosina è un dovere antico, «il sacrificio e l’elemosina erano due doveri a cui una persona religiosa doveva attenersi", ricorda Bergoglio. "Ci sono pagine importanti nell’Antico Testamento, dove Dio esige un’attenzione particolare per i poveri che, di volta in volta, sono i nullatenenti, gli stranieri, gli orfani e le vedove».

E, insieme con il dovere di fare l'elemosina, la Bibbia ci ricorda anche lo stile da usare: «Dai generosamente e, mentre doni, il tuo cuore non si rattristi», perché la misericordia non deve essere un peso del quale liberarci quanto prima, ma una disposizione del cuore. «Offrire misericordia», spiega Francesco, «non può essere un peso o una noia da cui liberarci in fretta. Mi piace ricordare l’episodio del vecchio Tobia che, dopo aver ricevuto una grande somma di denaro, chiamò suo figlio e lo istruì con queste parole: "A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina. Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo"».

Il Papa torna su un tema a lui caro, quello di guardare e toccare la carne del fratello , di guardare negli occhi colui al quale si fa l'elemosina e, soprattutto di «non fare l’elemosina per essere lodati e ammirati dagli uomini per la nostra generosità.  Non è l’apparenza che conta, ma la capacità di fermarsi per guardare in faccia la persona che chiede aiuto. Non dobbiamo identificare, quindi, l’elemosina con la semplice moneta offerta in fretta, senza guardare la persona e senza fermarsi a parlare per capire di cosa abbia veramente bisogno».

Nello stesso tempo, però, il Papa invita a distinguere tra i poveri e «le varie forme di accattonaggio che non rendono un buon servizio ai veri poveri. Insomma, l’elemosina è un gesto di amore che si rivolge a quanti incontriamo; è un gesto di attenzione sincera a chi si avvicina a noi e chiede il nostro aiuto, fatto nel segreto dove solo Dio vede e comprende il valore dell’atto compiuto».

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